«Lei è stato troppo furbo,» disse Vickers. «Grazie agli analizzatori, ha scoperto molte cose. E, tra queste, ce ne sono alcune che lei non voleva sapere, in realtà.»
«Per esempio?»
L’espressione di Crawford era impenetrabile, ma gli occhi freddi come pezzi di acciaio fissavano duramente Vickers.
«Per esempio, molti degli industriali e dei banchieri e degli altri che fanno parte della sua organizzazione sono in realtà i mutanti che lei combatte.»
«Non le ho detto che dovevo passare la mano a lei, a questo punto? Le dispiacerebbe dirmi come avete fatto a infiltrarli tra noi?»
«Non li abbiamo infiltrati, Crawford.»
«Non li avete…»
«Cominciamo dall’inizio,» disse Vickers. «Mi permetta di domandarle cos’è un mutante, quella cosa che lei sembra temere tanto.»
«Ma… suppongo che sia un uomo normale dotato di facoltà eccezionali, di un’intelligenza migliore, della comprensione di certe cose che il resto di noi non può afferrare.»
«Supponga che un uomo fosse un mutante e non lo sapesse, ma si considerasse un uomo normale: e allora? Come finirebbe? Medico, avvocato, mendicante, ladro? Finirebbe comunque al vertice. Diventerebbe un medico famoso o un grande avvocato o un artista, o uno scrittore di successo. Potrebbe anche essere un industriale o un banchiere.»
Gli occhi celesti, acuti come proiettili, fissavano Vickers.
«Lei,» disse Vickers, «ha guidato uno dei migliori gruppi di mutanti esistenti oggi al mondo. Uomini che non potevamo toccare perché erano legati troppo strettamente al mondo dei normali. E che cosa intende fare al riguardo, Crawford?»
«Niente. Non andrò certo a dirglielo.»
«Allora glielo dirò io.»
«No,» disse Crawford, «Perché lei, personalmente, è spacciato. Come crede di avere potuto vivere così a lungo, nonostante tutti i nostri analizzatori, nonostante il modo in cui si è esposto così frequentemente a rischi incredibili, nei momenti meno adatti? L’ho lasciata fare, ecco tutto. In un certo senso, sono stato io a proteggerla.»
«Perché pensava di poter concludere un compromesso.»
Lo fissò negli occhi, e non c’erano dubbi sul fatto che lui avesse colpito il bersaglio. Pensieroso, si domandò quale fosse stato il colpo subito da Crawford, il nemico dei mutanti, quando aveva scoperto che i mutanti si trovavano tra i suoi più stretti collaboratori, tra coloro che lui aveva lavorato per proteggere.
Mutanti naturali, ovviamente, e questa era stata un’altra sfaccettatura dell’intuizione di Vickers. Perché altrimenti non sarebbe stato spiegabile quel parziale successo iniziale, quella forza di opposizione che il gruppo rappresentato da Crawford aveva costituito.
Mutanti naturali, ed erano questi gli avversari da combattere, ed erano in realtà avversari che sarebbe stato necessario contattare e raggiungere. Ma Crawford non lo avrebbe permesso. E Vickers non avrebbe potuto convincerli, neppure se avesse parlato. Aveva pensato di giocare una carta, e ora si accorgeva che quella carta, seppure buona, non era stata vincente.
Crawford stava rispondendo alla sua domanda:
«Forse lo pensavo. Ma ora non più. Una volta lei mi era utile. Adesso è un pericolo.»
«Vuole gettarmi ai lupi?»
«È esattamente ciò che voglio fare. Buongiorno, signor Vickers. È stato un vero piacere conoscerla.»
Vickers si alzò.
«Ci rivedremo ancora.»
«Di questo,» disse Crawford, «ho i miei dubbi.»
Mentre scendeva nella cabina dell’ascensore, solo, racchiuso nel cubicolo di metallo e cromo, Vickers rifletteva intensamente.
Crawford avrebbe impiegato mezz’ora circa per spargere la voce che lui non era più protetto, che era selvaggina disponibile, che chiunque poteva sceglierlo come bersaglio.
Se si fosse trattato soltanto di lui, non ci sarebbero state difficoltà; ma c’era Ann.
Senza dubbio, anche Ann sarebbe diventata un bersaglio libero, perché ora il dado era tratto, le puntate erano fatte, e Crawford non era il tipo d’uomo che desiderasse giocare secondo le regole, ormai.
Doveva raggiungere Ann. Raggiungerla e dirle tutto in fretta, impedirle di fare domande e farle capire come stavano le cose.
Forse non sarebbe stato difficile farle capire le cose. Lei già sapeva, in quel modo strano che anche Vickers aveva conosciuto. Lei sospettava da tempo che ci fosse qualcosa di strano, in Vickers e in lei stessa, lo aveva detto. La rivelazione fatta al mondo sull’esistenza dei mutanti era stata un’altra scossa… e lo stesso Flanders aveva detto che Ann subiva delle scosse, anche se non forti come quelle alle quali veniva sottoposto lui, Vickers.
Ann era rimasta, malgrado la paura, e si era aggrappata a lui, e non c’era stato bisogno di molte parole… anche se lei aveva espresso qualcosa che le parole avrebbero impedito di spiegare.
Ma non aveva tempo da perdere.
Al piano terreno, uscì insieme agli altri. Mentre si allontanava, vide il ragazzo dell’ascensore lasciare le porte aperte e precipitarsi verso la cabina telefonica.
Sta segnalando la mia presenza, pensò. C’è un analizzatore in ascensore, e aveva emesso un segnale che solo l’operatore aveva captato. E c’erano altri analizzatori ovunque, aveva detto Crawford, nelle stazioni ferroviarie e nei depositi degli autobus e nei ristoranti… dovunque poteva andare un uomo.
Quando un analizzatore individuava un mutante, l’informazione veniva inoltrata… magari a una squadra di sterminatori, e questi davano la caccia al mutante. Forse l’individuavano con analizzatori portatili, o forse c’erano altri modi, e quando l’avessero trovato, tutto sarebbe finito.
Tutto finito perché il mutante non sapeva, perché non poteva prevedere la morte che lo inseguiva. Con un momento di preavviso, con un momento per concentrarsi, poteva scomparire, come erano scomparsi gli altri quando gli uomini di Crawford avevano tentato di rintracciarli per interrogarli e parlamentare.
Crawford l’aveva detto: «Suoniamo il campanello e aspettiamo. Ci sediamo in una stanza e aspettiamo.»
Ma adesso nessuno suonava il campanello.
Adesso tendevano imboscate e sparavano. Ti colpivano nel buio. Sapevano chi eri e ti segnavano, per ucciderti. E tu non avevi possibilità di cavartela, perché non avevi un preavviso.
Era così che era morto Eb, ed erano morti gli altri, abbattutti senza possibilità di salvarsi perché gli uomini di Crawford non potevano permettersi di lasciare un attimo di preavviso a chi era destinato a morire.
Ma sempre, prima, quando Jay Vickers era stato individuato, si sapeva che era uno dei pochi da non molestare… lui e Ann e forse altri due o tre. Attraverso canali che lui non conosceva, attraverso sistemi che dovevano tenere nel massimo conto la sicurezza e la segretezza, ma che erano certamente efficienti, questa parola d’ordine era circolata tra i cacciatori, e Vickers era stato sempre protetto, anche nei momenti nei quali si era trovato in pericolo. Perché Crawford aveva pensato di poterlo trovare utile, in qualche modo, aveva pensato di concludere un accordo con lui.
Ma adesso tutto sarebbe stato diverso.
Adesso lui era solo un mutante, un ratto inseguito, come tutti gli altri. Uscì sul marciapiedi, davanti al palazzo, e si fermò per un attimo, guardando la strada.
Un tassi, pensò: ma ci sarebbe stato un analizzatore anche sul tassi. Ma forse gli analizzatori erano dovunque. Doveva essercene uno anche nel palazzo dove abitava Ann, altrimenti come avrebbe fatto Crawford a sapere così presto del suo arrivo?
Non poteva schivare gli analizzatori, non poteva nascondersi, né fare in modo che non sapessero dove andava.
Si accostò all’orlo del marciapiedi e fece segno a un tassi di passaggio. La macchina accostò, e Vickers salì, diede l’indirizzo all’autista.
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