L’uomo si voltò a lanciargli un’occhiata sbalordita.
«Calma,» disse Vickers. «Non avrà fastidi, se non cerca di fare qualcosa.»
L’autista non rispose.
Vickers stava aggobbito sull’orlo del sedile.
«Va bene, amico,» disse finalmente l’uomo. «Non cercherò di far niente.»
«Bene,» disse Vickers. «Allora andiamo.»
Guardò i palazzi sfrecciargli accanto, tenendo nel contempo d’occhio il tassista, spiando ogni mossa che potesse segnalare la presenza di un mutante a bordo: ma non ne notò alcuna.
Un pensiero lo colpì. E se lo stavano aspettando nell’appartamento di Ann? Se fossero andati lì immediatamente e l’avessero trovata, e adesso stessero aspettando lui?
Era un rischio che doveva correre, decise.
Il tassi si fermò davanti al palazzo. Vickers aprì la portiera e balzò fuori. L’autista filò via, senza aspettare neppure di venire pagato.
Vickers corse verso il portone, e senza prendere l’ascensore salì le scale a precipizio.
Arrivò alla porta di Ann, abbrancò la maniglia e la girò, ma il metallo liscio gli scivolò sotto le dita. Era chiusa a chiave. Suonò e non accadde nulla. Suonò ancora e ancora. Poi indietreggiò fino al muro di fronte e si avventò contro l’uscio. Lo sentì cedere, leggermente. Indietreggiò ancora. Al terzo tentativo la serratura saltò, lo mandò a finire lungo disteso.
«Ann!» gridò, balzando in piedi.
Non ebbe risposta.
Cominciò a correre da una stanza all’altra e non trovò nessuno.
Si fermò per un attimo, coperto di sudore.
Ann non c’era. Avevano così poco tempo, e Ann non c’era!
Dove poteva essere andata? Non era passato molto tempo, da quando l’aveva lasciata.
Si precipitò fuori, scese correndo le scale.
Quando arrivò sul marciapiedi, le macchine si stavano fermando, una dietro l’altra: erano tre, e altre due erano dall’altra parte della strada. Cominciarono a scenderne degli uomini, uomini armati di pistola.
Vickers cercò di girare su se stesso per rientrare dal portone, e andò a sbattere contro qualcuno, e vide che era Ann, le braccia cariche di sacchetti, e da un sacchetto, notò, sporgeva la sommità piena di foglie di un mazzo di sedano.
«Jay,» disse lei. «Jay, cosa succede? Chi sono tutti quegli uomini?»
«Presto,» disse lui, «entra nella mia mente. Come hai fatto con gli altri, per sapere quello che pensano.»
«Ma…»
«Presto!»
La sentì entrare nella sua mente, cercare brancolando i suoi pensieri, aggrapparvisi.
Qualcosa colpì il muro del palazzo sopra le loro teste e rimbalzò verso il cielo, con l’urlo del metallo torturato. Gas, pensò per un momento. Dunque volevano prenderli in un altro modo.
«Tienti stretta,» disse Vickers. «Ce ne andiamo.»
Chiuse gli occhi e volle essere sull’altra Terra, con tutta la fretta e la volontà di cui era capace. Sentì il tremito nella mente di Ann, e poi sdrucciolò e cadde. Batté la testa su qualcosa di duro e le stelle gli turbinarono dentro il cervello, e qualcosa gli ferì la mano, e qualcosa d’altro gli cadde addosso.
Udì il fruscio del vento tra gli alberi. Aprì gli occhi, e intorno a lui non c’erano palazzi.
Giaceva steso sul dorso, ai piedi d’un macigno di granito grigio. Un sacchetto di generi alimentari, da cui spuntava la parte superiore di un sedano, gli era finito sullo stomaco.
Si raddrizzò a sedere.
«Ann,» chiamò.
«Sono qui,» disse lei.
«Sei tutta intera?»
«Fisicamente sì, mentalmente no. Cos’è successo?»
«Siamo caduti dal macigno,» disse Vickers.
Si alzò, e tese una mano per aiutarla a rimettersi in piedi.
«Ma il macigno , Jay. Dove siamo?»
«Siamo sulla seconda Terra,» disse Vickers.
Si guardarono intorno… un territorio selvaggio, desolato, boscoso, cosparso di macigni, e con spuntoni di granito che sporgevano dai pendii.
«La seconda Terra,» ripeté Ann. «Quella storia assurda di cui parlavano i giornali? Quella cosa…»
Vickers annuì, serio.
«Sì, Ann. Proprio quella cosa. E non c’è niente di assurdo, perché è vero. È tutto vero.»
«Be’, non importa dove siamo,» disse Ann. «Vedi, prima avevo paura, e adesso mi sembra… mi sembra che questo posto sia così pieno di pace. »
Vickers annuì.
«Sì, Ann. È un posto pieno di pace.»
«E siamo fortunati,» disse Ann, con un sorriso, che fu come un guizzo della sua personalità che riemergeva da giorni di incertezza e di strani pensieri, «Abbiamo portato la cena, con noi.»
Ed era vero. Intorno c’erano i sacchetti che Ann aveva portato con sé, da qualche negozio vicino, e adesso lontano al di là di ogni immaginazione, e le cose che erano rotolate intorno, spargendosi qua e là nel momento della caduta, erano le cose buone che lei aveva comprato, pensando forse che Vickers sarebbe ritornato da lei, come aveva promesso.
Silenziosamente, con la testa che ancora gli doleva un poco, Vickers s’inginocchiò, e cominciò a raccogliere le cose sfuggite dai sacchetti sul pendio erboso.
Era Manhattan come doveva apparire prima che arrivassero i bianchi, per costruirvi quella che era per metà un prodigio, per metà un mostro. Era una Manhattan primordiale, un mondo incontaminato.
«Eppure,» disse Vickers, «deve esserci qualcosa, qui intorno. I mutanti devono avere una specie di deposito, per immagazzinare la roba che vogliono portare a New York.»
«E se non è così? Se non ce l’hanno?» chiese Ann.
Vickers la guardò, con un sorriso ironico.
«In questo caso, te la sentiresti di camminare?»
«Dove? Fino a Chicago?»
«Ancora più lontano,» disse lui. «A piedi. Comunque, potremmo fabbricarci una zattera, arrivando a uno dei fiumi che scorrono verso occidente. Sarebbe un modo per abbreviare la strada.»
«Dovrebbero esserci altri centri dei mutanti.»
«Penso di sì, ma forse non avremo la fortuna di trovarne uno.»
Ann scosse il capo.
«Un intero mondo nuovo è molto grande, lo ammetto. Ed è ancora tutto così strano, per me.»
«Non è strano,» le rispose Vickers. «Solo improvviso. Se avessimo avuto tempo te l’avrei detto, ma non abbiamo avuto tempo. Ci hanno costretti a fuggire.»
«Jay…» ripeté lei, come se ancora non riuscisse a crederci. «Era a noi che sparavano? Proprio a noi?»
Vickers annuì, scuro in volto.
«Sì.»
«Ma ci volevano uccidere?»
«Fanno sul serio, Ann.»
«Ma sono esseri umani, Jay. Come noi.»
«Non come noi,» disse Vickers. «Sono soltanto umani. Questo è il loro guaio. Essere umani, oggi, non è sufficiente.»
E pensava a quello che gli era parso di vedere, prima di andarsene su quell’altra Terra. Poteva essere sicuro che avevano usato il gas, contro di loro? Poteva esserne sicuro?
Forse Crawford non aveva impartito l’ordine di uccidere.
Gettò due o tre pezzi di legna sul fuoco. Poi si girò verso Ann.
«Vieni,» disse. «Andiamo.»
«Ma, Jay, si sta facendo buio.»
«Lo so. Se c’è qualcosa sull’isola, l’individueremo grazie alle luci. Saliremo su quell’altura. Se non vedremo nulla, torneremo qui. Domattina potremo guardare di nuovo.»
«Jay,» disse Ann. «sotto molti aspetti, questo è come un picnic.»
«Non sono molto bravo a giocare agli indovinelli. Dimmi perché questo è come un picnic.»
«Ma, il fuoco, e mangiare all’asperto, e…»
«Lascia perdere, signora mia,» disse Vickers. «Non siamo a un picnic.»
Si avviò, e lei lo seguì, e salirono tra i boschetti e i macigni. I falchi notturni turbinavano nell’aria, sopra di loro, in eleganti picchiate per catturare gli insetti. Di lontano giunse il richiamo di un procione. Qualche lucciola balenava, danzando tra gli arbusti.
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