Arthur Clarke - Polvere di Luna

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La polvere che ricopre la luna non è né liquida né solida: e in questo mare uniforme e infido si svolge la spaventosa avventura del battello Selene, mirabilmente narrata ora per ora da uno dei maestri della fantascienza moderna. Seguendo il drammatico «montaggio» del bestseller di Clarke il lettore vedrà subito perchè una grande Casa di produzione abbia già acquistato, a poche settimane dalla pubblicazione, i diritti cinematografici di questo «Titanic» del futuro.
Alla fine, però, il film non è stato girato, e il romanzo è fra i meno ristampati in Italia del grande autore britannico: appare infatti in sole tre edizioni italiane!

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«Ma voi come lo sapete?» domandò un altro. Radley sembrava indifferente allo scetticismo degli ascoltatori; doveva essere abituato a quell’atteggiamento. Lui però irradiava una specie di fede interna che, per infondata che fosse, riusciva stranamente convincente. Il poveretto spaziava nelle sfere oltre la ragione, e quello. stato di esaltazione lo rendeva felice.

«Abbiamo dei contatti» rispose, con importanza. «Alcune persone sono riuscite a stabilire una comunicazione telepatica con quelli dei dischi. E così sappiamo molte cose sul loro conto.»

«E come mai nessun altro è al corrente?» osservò qualcuno incredulo. «Se davvero nello spazio vivono altre creature, come mai i nostri astronomi e i nostri piloti spaziali non li hanno mai visti?»

«Prego! Li hanno visti benissimo» rispose Radley, con un sorrisetto di compatimento. «Ma si guardano bene dal parlarne. C’è una specie di congiura del silenzio tra gli scienziati; non vogliono ammettere che esistano intelligenze superiori alla nostra. Perciò, quando un pilota riferisce di aver visto un disco volante, viene trattato da visionario. Ormai ogni astronauta che ne incontra qualcuno se ne guarda bene dal parlarne.»

«Voi, commodoro, ne avete mai incontrati?» domandò la signora Schuster, evidentemente incline a crederci. «Oppure fate parte anche voi di… come l’ha chiamata il signor Radley? Ah, già… della congiura del silenzio?»

«Spiacente di deludervi» rispose Hansteen «ma tutte le astronavi che ho incontrato erano regolarmente iscritte alla Società di Navigazione.»

Hansteen incontrò lo sguardo di Pat e fece un piccolo cenno che significava: «Andiamo a discutere nel compartimento stagno». Adesso, convinto che Radley era innocuo, il commodoro era quasi contento di quel diversivo che aveva distratto l’attenzione dei passeggeri dalla situazione in cui si trovavano.

«E allora» disse Hansteen, appena il portello stagno li isolò dal resto della compagnia «che cosa ne pensate di quel tipo?»

«Ma lui crede davvero a quelle storie, secondo voi?»

«Certamente. Ho già incontrato tipi come Radley.»

«Be’, la situazione è strana» commentò Pat. «In un momento così drammatico, i passeggeri si mettono a discutere di dischi che volano!»

«Secondo me è un’ottima cosa» osservò il commodoro. «Tanto, cosa volete che facciano? Parliamoci chiaro, Pat: non ci resta che aspettare, finché Lawrence non ricomincerà a battere sul tetto.»

«Se è ancora quassù. Ma, e se avesse ragione Barrett? Forse è affondata anche la piattaforma.»

«Mi sembra poco probabile, la scossa è stata leggerissima. Di quanto credete che siamo sprofondati?»

Pat rifletté. Ripensando all’incidente, gli sembrava che fosse durato un bel pezzo. Ma in quel momento lui, accecato dalla polvere, stava lottando per tappare il buco, quindi aveva i ricordi piuttosto confusi.

«Non saprei… dieci metri, forse.»

«Macché! Tutto è durato due secondi al massimo. Per me, non ci siamo abbassati più di due o tre metri.»

Pat sperò che avesse ragione il commodoro. Sapeva che è estremamente difficile giudicare le deboli accelerazioni, specie nei momenti di tensione. Hansteen era l’unico a bordo che poteva averne una certa pratica; il suo verdetto era probabilmente esatto, e certamente incoraggiante.

«Forse in superficie non se ne sono nemmeno accorti» continuò Hansteen «e probabilmente si domandano come mai non rispondiamo. Siete sicuro che non si possa far niente per riparare la radio?»

«Sicurissimo. I fili si sono spezzati proprio a un’estremità del cavo conduttore. Non c’è modo di raggiungere il punto di rottura.»

«Be’, allora tanto vale tornare da Radley e passare il tempo offrendogli la possibilità di convertirci… se ci riesce.»

Jules aveva ripreso la corsa delle slitte affollate per circa cento metri, quando si rese conto che non tutti gli uomini si trovavano a bordo. Infatti su ogni slitta c’erano sette persone invece di otto.

Ripuntò la telecamera verso la piattaforma e la inquadrò proprio mentre Lawrence metteva fine al suo lungo silenzio.

«Qui l’ingegnere capo» disse Lawrence, in tono stanco. Il tono di chi ha visto crollare tutti i suoi sforzi. «Scusate l’interruzione, ma come avrete capito c’è stato un incidente. Pare che si sia prodotto un altro avvallamento. Non sappiamo quanto sia profondo, comunque abbiamo perso il contatto col Selene che non risponde più alle nostre chiamate. Nella eventualità di una seconda scossa, ho ordinato ai miei uomini di portarsi a qualche centinaio di metri dà qui. Il pericolo non è grave, la scossa non l’abbiamo nemmeno avvertita tutti, ma non è il caso di correre rischi inutili. Per il momento, posso provvedere al necessario senza nessun aiuto.»

Sotto gli sguardi di milioni e milioni di persone, Lawrence si accoccolò sull’orlo della piattaforma, riprendendo la sonda che era servita per localizzare il battello. Aveva venti metri di sonda a disposizione; se non bastavano, avrebbe dovuto escogitare qualcos’altro.

La bacchetta affondò nella polvere. Il segno precedente era già scomparso nella sostanza impalpabile, e la sonda continuava a frugare, come un bisturi affondato nel corpo della Luna. Nel silenzio carico di mormorii della sua tuta spaziale, Lawrence si domandò quanto fosse sprofondato il battello.

La risposta lo fece quasi ridere, ammesso che si potesse ridere in un momento simile. La sonda era penetrata solo di un altro metro e mezzo: una distanza del tutto trascurabile.

Molto più serio era il fatto che il Selene non fosse affondato in modo pari, come Lawrence scoprì dopo altri sondaggi. L’imbarcazione era molto più bassa a poppavia, con un’inclinazione di circa quaranta gradi. Bastava questo a mandare all’aria il suo piano. Lui faceva affidamento sul fatto che il cassone aderisse perfettamente al tetto orizzontale.

Ma per il momento l’ingegnere pensò di accantonare il problema; ce n’era un altro, più urgente. Ora che la radio del Selene era muta, e c’era da sperare che si trattasse solo di un guasto alla corrente, come si poteva stabilire se i passeggeri erano ancora vivi? Forse avevano sentito la sua sonda, ma non potevano comunicarglielo in nessun modo.

Ma sì! Un modo c’era. Il più semplice e primitivo di tutti. Facile dimenticarselo dopo un secolo e mezzo di elettronica.

Lawrence si rialzò e chiamò le slitte in attesa.

«Potete tornare» disse. «Non c’è pericolo. È affondato solo di un paio di metri.»

Aveva dimenticato i milioni di telespettatori. Il nuovo piano d’azione non era ancora delineato, ma Lawrence si stava già rimettendo al lavoro.

Pat e il commodoro ritornarono nella cabina dove ferveva la discussione. Radley, che era stato il passeggero più silenzioso, si stava rifacendo. Una sua molla segreta era scattata, o forse il neozelandese si sentiva sciolto da un giuramento. Forse la spiegazione era questa: convinto che la sua missione fosse stata scoperta, Radley era fin troppo contento di parlarne.

Il commodoro aveva già incontrato degli adepti come Radley. Gli altri passeggeri invece non avevano mai fatto esperienze simili. Perforo Schuster, nonostante la sua abilità, nel contraddittorio non riusciva a metterlo con le spalle al muro.

«Ma vi sembra ragionevole?» stava dicendo Schuster. «Vi pare che, se migliaia di scienziati lo sapessero, nessuno di loro vuoterebbe il sacco? Non si può tener nascosto un segreto di tale importanza. Sarebbe come cercare di nascondere il monumento a Washington!»

«Oh, c’è stato qualche tentativo di rivelare la verità» rispose Radley. «Ma ogni indizio viene regolarmente distrutto, insieme agli uomini che l’hanno rivelato. «Loro» sanno essere spietati, quando è necessario.»

«Ma voi avete detto che «loro» si sono messi in contatto con esseri umani. Non vi sembra una contraddizione?»

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