— Andiamo laggiù? — domandò Timothy, indicandoli.
Hugo annuì. — Nella vostra lingua lo chiamereste un centro amministrativo. È laggiù che si svolge gran parte del lavoro, anche se molti di noi lavorano nelle proprie case o in ritiri tra i monti. Ma è laggiù che converge tutto. Ci sono le officine, gli osservatori, le biblioteche, i laboratori e le stanze di riunione. E inoltre certi servizi che non saprei definire nella vostra lingua.
Giunsero al centro amministrativo e si avviarono lungo uno dei grandi corsi alberati. Lungo le strade si vedevano molte automobili parcheggiate. Tra un edificio e l'altro si stendevano grandi parchi. Sui marciapiedi camminavano vari mostri, alcuni dei quali indossavano vesti assurde e coloratissime, mentre altri ignoravano qualsiasi tipo di abito. Taluni saltellavano, strisciavano, scivolavano, camminavano. Altri portavano borse e valigette; uno si trascinava un carrettino pieno di aggeggi incomprensibili.
— Questo posto — disse Timothy — mi sembra uguale alla Terra… le strade, i parchi, gli edifici…
— Il problema di suddividere tra loro le aree di lavoro è semplice — disse Hugo. — Si prendono tanti metri cubi di spazio e si chiudono entro una struttura che li contenga. Qui gli edifici, sono stati costruiti in base a un'unica considerazione: di essere quanto più possibile semplici e funzionali. Se avessimo rinunciato alla semplicità, avremmo potuto incontrare lo sfavore di alcune delle culture qui rappresentate. Non c'è modo di soddisfare tutti, e perciò abbiamo fatto del nostro meglio per non venire incontro a nessuno in particolare, usando un'architettura monotona con linee rette e profili semplici.
Accostò al marciapiede e si fermò davanti all'entrata di uno degli edifici. — Ecco la vostra destinazione. Vi accompagno al luogo dell'appuntamento, ma non posso proseguire con voi. Dovete entrare da solo. Troverete una piccola stanza con una sola seggiola. Sedete e aspettate. Non preoccupatevi. Dopo qualche momento, vi sembrerà la cosa più semplice del mondo.
La stanza era a poca distanza dall'entrata. L'edificio sembrava quasi vuoto. Si fermarono davanti a una porta, e Hugo ritornò indietro. Timothy spinse la porta, che si aprì senza difficoltà.
Una piccola stanza, aveva detto Hugo; ed era davvero una piccola stanza, ma molto accogliente. Sul pavimento c'era un tappeto, e tutte le pareti erano decorate. Di fronte alla sedia c'era una parete interamente coperta di decorazioni. Timothy attraversò la stanza, andò a sedersi, e si mise a studiarle. Erano disegni astratti, di colore tenue, formati da minuscoli motivi decorativi intrecciati tra loro. Non si capiva dove iniziasse un motivo e terminasse l'altro.
Udì una voce che si rivolgeva a lui, e che pareva provenire dalla parete. — Benvenuto al Centro. Vi chiamate Timothy. Avete anche un cognome?
— Sì, ma da tempo non è più usato. Bastava il nome. Il cognome è Evans.
— Benissimo, signor Evans — disse la voce — questa è un'inchiesta su fatti a proposito dei quali ci potete recare testimonianza. Abbiamo ascoltato molti testimoni, ma nessuno di loro può avere la vostra importanza. Per favore rispondete con sincerità e senza divagazioni.
— Come meglio potrò, certo — rispose Timothy.
— Benissimo. Allora, procediamo. A verbale, voi siete Timothy Evans, umano del pianeta Terra. Su questo pianeta voi siete vissuto fino a poco tempo fa.
— Giusto. Perché non vi mostrate? Non mi piace parlare a un muro.
— Non mi lascio vedere direttamente da voi per non turbarvi, signor Evans. Siete qui da poco tempo e avete visto soltanto Hugo. Anche se posso assicurarvi di essere una creatura amichevole e sensibile, il mio aspetto vi sembrerebbe mostruoso. Ce ne sono altri come me, e vi stiamo ascoltando, anche se io sono l'unico che parla con voi. Molti dei miei compagni vi sembrerebbero altrettanto mostruosi. Una fila di mostri che vi guarda. Capite la ragione del nostro comportamento.
— Sì — disse Timothy. — Vi ringrazio.
— Proseguiamo con l'interrogatorio. Conoscete certi missionari, che la vostra gente chiama Infiniti. Che cosa predicavano e che cosa sostenevano questi missionari?
— Cercavano di convincere la gente — disse Timothy — che era consigliabile rinunciare al proprio corpo materiale per raggiungere uno stato incorporeo.
— E nei casi in cui riuscivano a convincere qualcuno, erano capaci di effettuare la trasformazione?
— Sì.
— Lo dite come se aveste la sicurezza.
— Ce l'ho. Recentemente mi sono trovato in un posto dove numerose entità smaterializzate sembravano appese a un reticolo nel cielo. Inoltre, un mio fratello è stato sottoposto al processo di trasformazione, ma non è giunto alla fine.
— Volete dire che gli Infiniti hanno registrato un insuccesso nel caso di vostro fratello?
— O è un loro insuccesso, o si è sottratto lui al procedimento prima che fosse finito. Non ho mai capito come sia accaduto. Lui dice una volta una cosa, una volta l'altra.
— Che effetto ha avuto su vostro fratello?
— È divenuto una persona d'ombra, composta da molte scintille luminose. A quanto capisco, se la trasformazione fosse proseguita, si sarebbe condensato in una sola scintilla.
— Gli esseri incorporei che avete visto sul reticolo da voi citato erano singole scintille?
— C'erano molte scintille singole. Erano collocate al di sopra di un vecchio edificio degli Infiniti. Quello che noi chiamavamo monastero.
— Per favore, spiegatevi.
— I monasteri sono abitazioni occupate da ordini religiosi di persone chiamate monaci. I monaci indossano abiti diversi da quelli degli altri, e gli Infiniti assomigliavano a piccoli monaci, per questo noi chiamavamo monasteri i loro luoghi di residenza.
— Potremo ritornare in seguito ad approfondire specifici argomenti — disse la voce. — Ora vorrei ritornare all'argomento cruciale. Da quanto abbiamo appreso, pare che la maggior parte della popolazione umana della Terra sia davvero divenuta incorporea. Ma la vostra famiglia non lo ha fatto. Come è successo?
— Noi siamo fuggiti, allontanandoci dagli Infiniti. Ci siamo rifugiati nel passato. La mia famiglia non è stata la sola. Ce ne sono state molte altre. Non so quante.
— Vi siete rifugiati nel passato. Questo significa che avevate una macchina del tempo.
— Abbiamo sottratto agli Infiniti il processo di costruzione della macchina. Non siamo stati noi a sviluppare il viaggio nel tempo. Noi abbiamo semplicemente seguito delle istruzioni. Non sapevamo niente della tecnologia.
— Perché siete fuggiti? La grande maggioranza della popolazione della Terra non è fuggita.
— Noi eravamo diversi dagli altri, vedevamo le cose in modo diverso. Eravamo gli esclusi: i retrogradi, se vi è chiaro il termine.
— Sì. La gente che, per motivi ambientali e culturali, era rimasta indietro rispetto al fronte avanzante del progresso. Forse con ragione.
— Con ragione sì — disse Timothy. — Abbiamo continuato a rispettare i vecchi valori, che invece erano stati abbandonati dal resto della popolazione.
— E perciò non potevate accettare la filosofia degli Infiniti.
— La loro filosofia ci soffocava. Era contraria ai nostri sentimenti.
— Eppure la maggior parte della popolazione terrestre l'aveva accettata.
— Gli altri avevano abbandonato i vecchi valori. Avevano rifiutato la tecnologia, che sotto molti aspetti era stata loro utile, e che avrebbe potuto essere ancora più utile se si fossero dati un codice morale più elevato. Si erano allontanati dal progresso. In tutta onestà devo confessare che il progresso, in alcuni casi, era negativo. Eppure ci aveva sollevato dalla condizione animale, portandoci a una società abbastanza razionale e decente. Ci eravamo sbarazzati del nazionalismo, avevamo vinto quasi tutte le malattie, ed eravamo arrivati a una politica economica equa.
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