La minestra era ottima, con verdura, pezzi di prosciutto e pasta. Al primo cucchiaio si accorse di avere fame. Dimenticando ogni regola dell'etichetta, la consumò con quella che Conrad avrebbe certo definito una fretta disdicevole.
— Squisita, vero? — domandò Hugo. — Quella Becky è diventata un'ottima cuoca, ma ci abbiamo messo molto tempo.
Continuò a chiacchierare: — La vostra servitù non ha la mia padronanza della lingua. Capisce qualche parola semplice e può dare delle risposte elementari, ma non è in grado di sostenere una conversazione. È un vero peccato che non siate telepatico, ma in tal caso avrei dovuto fare a meno del piacere di servirvi.
— Gli individui di questa comunità sono telepatici? — domandò Timothy.
— Non tutti, ma la maggior parte sì, e inoltre abbiamo il basico. Ma voi non lo conoscete, e ci vorrebbe del tempo per insegnarvelo.
— Il basico?
— Una lingua comune. Una lingua artificiale creata unendo parole facili, provenienti da molte lingue diverse. Con una grammatica rudimentale, naturalmente e priva di eleganza, ma chi parla basico riesce a farsi capire. Ci sono molte razze che non comunicano mediante i suoni, e neppure con la telepatia. Comunque, si è trovato il modo di farsi capire da tutti.
Finirono di mangiare e si appoggiarono allo schienale della seggiola.
— E adesso — disse Timothy — volete spiegarmi esattamente dove ci troviamo? Che tipo di posto è questo?
— Questo potrebbe richiedere delle spiegazioni molto lunghe — disse Hugo. — Per ora, diciamo che siamo in un centro galattico composto da molte culture provenienti da pianeti assai lontani tra loro. Siamo pensatori e ricercatori. Cerchiamo di capire il senso dell'universo. Qui, in questo centro, ci incontriamo per conversare su un piano di parità. Mettiamo in comune il nostro pensiero, le nostre teorie e le nostre scoperte. Si formulano delle domande, si cercano le risposte.
— Allora — disse Timothy — nel mio caso avete preso un abbaglio. Non sono un grande pensatore, e sono molto lento. Devo rimuginare a lungo i miei pensieri prima di metterli sulla carta. Per me la matematica è un totale mistero, e non conosco la scienza. Quel poco che sono riuscito a capire, l'ho imparato da solo. Non ho seguito nessun corso regolare. Non ho titoli di studio. Mi affascinano la storia e la filosofia. Ho cercato, nel corso di molti anni, di comprendere i motivi che hanno indotto la mia razza a seguire una certa strada, ma le risposte che ho trovato sono molto limitate. Non riesco a capire come Spike…
— Spike — disse Hugo — ha visto in voi più cose di quante ne vediate voi stesso.
— Non riesco a crederlo. Spike ha sempre dato l'impressione di essere sciocco. Si divertiva con giochi stupidi. Ne aveva uno, per esempio, in cui saltava da un quadrato all'altro, salvo che non c'era nessun quadrato. Erano quadrati immaginari.
— Molto di ciò che vediamo nell'universo — disse Hugo — comincia nel campo dell'immaginario. Spesso occorre immaginare una cosa prima di poterla affrontare.
— Continuiamo a girare in cerchio — disse Timothy. — Non approdiamo a niente. Se questo posto è come lo descrivete voi, allora non sono adatto a viverci. Perciò, spiegatemi perché mi trovo qui.
— Siete qui per fornirci delle prove.
— Che genere di prove? Che cosa ci si aspetta da me?
— Non posso dirvi altro — spiegò Hugo. — Mi è stato ordinato di non dirvelo. Domani vi condurrò dove siete atteso. Ma adesso è tardi e devo ritirarmi.
Per ore, a letto, Timothy non riuscì ad addormentarsi. Continuò a pensare alle parole di Hugo.
Era ragionevole, naturalmente, che esistesse un centro galattico dove le razze intelligenti della galassia potevano unire le loro conoscenze e lavorare insieme per il bene reciproco. Ma quali potevano essere i problemi, quali le domande? Pensandoci sopra, riuscì a immaginarne molte, ma esaminandole a una a una, alcune non gli parvero abbastanza profonde, altre gli parvero ridicole. Le sue prospettive umane erano troppo ristrette; la cultura umana era sempre vissuta con il paraocchi. Anche se lo stesso doveva valere per ogni cultura rappresentata laggiù, almeno nel suo periodo più primitivo.
Alla fine si addormentò. Poi sentì che qualcuno lo scuoteva per svegliarlo. — Spiacente, signore — diceva Hugo, chino su di lui. — Dormivate così bene che sembra un peccato svegliarvi. Ma la colazione è pronta e dobbiamo partire. Ho un veicolo di superficie ed è un tragitto molto simpatico.
Benché trovasse sgradevole l'idea di alzarsi, Timothy si mise a sedere sulla sponda del letto e prese gli abiti che aveva lasciato sulla spalliera della sedia.
— Scendo subito — disse.
Per la colazione c'erano uova e prosciutto fatti come piacevano a lui. Il caffè era tollerabile.
— Qui cresce il caffè? — domandò.
— No — disse Hugo. — Abbiamo dovuto cercarlo in uno dei pianeti colonizzati da voi umani, millenni fa.
— Quelle colonie esistono ancora? — domandò Timothy.
— Sono ricche, oggi. Hanno superato il periodo iniziale di difficoltà.
— E questo cibo l'avete ottenuto dalle colonie?
— Ne abbiamo ottenuto una quantità che sarà sufficiente per un certo periodo — disse Hugo. — Inoltre abbiamo mucche, maiali, polli, e semi per coltivare mais, frumento e molti altri vegetali. Abbiamo lo spazio necessario e anche le informazioni occorrenti. Abbiamo avuto l'ordine di non risparmiare gli sforzi. E non li abbiamo risparmiati.
— E tutto questo per nutrire un solo uomo? Oppure ci sono altri umani quaggiù?
— Voi siete l'unico — disse Hugo.
La vettura lì aspettava davanti alla casa. Salirono e Hugo si mise al volante. Lungo la strada si scorgevano altre abitazioni, quasi tutte nascoste dietro una folta vegetazione. Sul prato di una che pareva costruita in prevalenza sottoterra, una decina di creature pelose saltavano e si rotolavano allegramente, giocando come bambini.
— Qui incontrerete ogni tipo di persone — gli disse Hugo. — Vi sorprenderete della velocità con cui vi abituerete ai vostri vicini.
— Parlate come se dovessi diventare un residente permanente. Avevo l'impressione che intendeste sbattermi fuori, una volta fatto ciò che devo.
— Niente affatto. Una volta terminato il colloquio, vi forniremo materiale informativo perché possiate riprendere il vostro lavoro. Il vostro lavoro consisterà probabilmente nel pensare nuovi problemi e nel risolverli, o nel suggerire nuove impostazioni per affrontarli.
Timothy mormorò qualcosa tra sé.
— La prospettiva non vi piace? — domandò Hugo con ansia.
— Mi avete rapito… voi e quell'indescrivibile Spike che deve averci spiati per anni.
— Non siete stato scelto a caso. Noi cerchiamo informazioni e persone di talento su vari pianeti. Da quasi tutti i pianeti si possono ricavare informazioni, ma il talento è raro.
— E pensate che io abbia del talento?
— Potreste averlo.
— Ma i talenti da voi trovati potrebbero risultare diversi dalle previsioni. Che cosa fate, in questo caso?
— Li teniamo. Siamo in debito verso di loro. E paghiamo sempre i nostri debiti.
Passarono davanti a un castello in miniatura, di colore rosa, appollaiato in cima a una collina: tutto torri e feritoie, con pennoni svolazzanti alla brava.
— Il castello delle fate — disse Hugo. — Credo sia la definizione giusta. In quel castello abita gente molto avanzata che vede l'universo come una struttura matematica complessa e che sta lavorando su questa idea. Si spera che col tempo riesca a giungere alla chiave di tutto.
La strada portava a una carrozzabile lastricata su cui correvano altri veicoli, ma non molti. Niente di paragonabile al traffico cittadino. Lontano si scorgeva un gruppo di edifici molto alti e severi, senza niente di fantasioso, pratici.
Читать дальше