David si toccò una tasca della giacca. — Le ho qui. Due manciate. Anche a Hopkins Acre avevo sempre le cartucce: due. Le toglievo dal fucile, dato che Timothy voleva che fosse carico quando era nella rastrelliera.
— È inutile portare un fucile, se non si ha intenzione di usarlo. — disse Corcoran. — È inutile portarlo se non è carico. Mio padre me lo diceva sempre. «Non puntare mai il fucile contro qualcuno» diceva «se non hai intenzione di ucciderlo, uomo o animale». Mi è parso un buon consiglio, e da allora l'ho sempre seguito.
— Io ho puntato molte volte questo fucile — disse David — ma non ho mai ucciso. L'ho puntato contro centinaia d'uccelli stanati da cani, ma non ho mai voluto schiacciare il grilletto.
— Che cosa volete dimostrare? — domandò Corcoran. — Che siete finalmente civili?
— Me lo sono chiesto anch'io — disse David.
Esaminando la base della collina, Corcoran trovò un affioramento d'acqua: qualcuno aveva scavato e si era formata una pozza. Giunse all'improvviso davanti a un tasso, che soffiò verso di lui prima di fuggire. Si accorse di essere seguito da un lupo, ma non gli prestò attenzione. Il lupo continuò a seguirlo, senza avvicinarsi e senza allontanarsi.
Non successe altro. Non trovò niente di interessante. Dopo qualche tempo, ritornò sui suoi passi e seguì la curva della collinetta fino a ritornare nuovamente al viaggiatore. Già prima che tornasse indietro, il lupo era sparito.
Il sole era quasi all'orizzonte. Con pezzi di legno presi dal mucchietto accanto al vecchio fuoco da campo, accese un falò. Si recò alla fontanella e prelevò un secchio d'acqua. Quando David fece ritorno dalla cima della collina, friggeva prosciutto da una parte e frittelle dall'altra.
David si sedette in terra e appoggiò il fucile sulle ginocchia. — Non c'è niente — comunicò. — Qualche animale che bruca l'erba, lontano nella pianura, e nient'altro. È il posto più solitario che ho visto.
— Prendete del caffè — disse Corcoran. — Ho già pronte le frittelle per voi. Prendete anche il prosciutto. Piatti e tazze sono sulla tovaglia.
Dopo avere assaggiato le frittelle, David chiese — C'è qualche segno di Henry?
— Niente.
— È strano. Se n'è andato senza avvertire. E non è ancora ritornato.
— Forse ha avuto un'idea ed è andato a controllare.
— Lo spero — disse David. — À volte non sono sicuro di capire Henry. È mio fratello e tutto il resto, ma anche se cerco di vederlo come carne della mia carne e sangue del mio sangue, lui non è né carne né sangue. È ancora mio fratello, ma è assai inconsueto, come essere umano. Si è lasciato convincere dagli Infiniti, dalle loro chiacchiere astute. Ma su di lui il processo di conversione non è giunto alla fine. Forse la personalità di Henry era troppo nodosa e contorta.
Corcoran cercò di consolarlo: — Non preoccupatevi per lui. Non gli può succedere niente. Niente può toccarlo.
David non rispose. Qualche momento più tardi domandò: — Cosa facciamo, adesso? Vale la pena di fermarsi qui?
— È troppo presto per dirlo — disse Corcoran. — Siamo arrivati da poche ore. Aspettiamo fino a domani; può darsi che domani ci venga qualche buona idea.
Una voce che non faceva rumore domandò loro: “Cercate un uomo chiamato Boone?”
Corcoran rimase sorpreso per un momento, poi domandò a David: — Avete sentito anche voi?
— Sì. Ho sentito. Non è Henry. È qualcun altro.
“Sono la mente” disse la voce “della creatura che voi chiamate mostro assassino. Posso aiutarvi a trovare questo Boone”.
— Potete dirci dov'è? — domandò Corcoran.
“Posso dirvi dov'è andato. Ma prima dobbiamo fare un patto”.
— Che patto, mostro?
“Non chiamatemi mostro. È già brutto pensare a me come a un mostro, ma dirmelo in faccia è maleducazione”.
— Se non sei un mostro, allora cosa sei?
“Sono un fedele servitore che si limita a eseguire la volontà del padrone. Non spetta a me decidere se i suoi ordini siano giusti e saggi”.
— Non perdere tempo a scusarti — disse David. — Ti conosciamo bene. Sei in mezzo ai rottami che una volta erano un mostro assassino.
“Ecco, mi avete di nuovo chiamato mostro! E io non intendevo affatto scusarmi”.
— Mi era parso di sì — disse Corcoran. — Sentiamo il patto.
“Molto semplice. Io vi dico dove cercare Boone, ma voi prima dovete togliermi dai rottami della mia precedente esistenza e promettermi di portarmi da qualche altra parte, lontano da questa terribile desolazione”.
— Be' — disse David — è un patto che si può accettare facilmente.
— Calma — lo avvertì Corcoran. — Pensate: quanta fiducia si può accordare alla voce del rottame?
— Sembra una cosa da poco — disse David. — Lui sa dove si trova Boone ed è disposto a…
— Proprio qui vi volevo. Non afferma di sapere dov'è Boone. Dice che ci indicherà dove cercarlo. Sono due cose diverse.
— In effetti, sì. Cosa ne dici, tu? Che esattezza hanno le tue informazioni?
“Sono disposto ad aiutarvi come posso. L'aiuto che vi offro non si limita alla ricerca di Boone”.
— Che altro tipo di aiuto? Come ci puoi aiutare?
— Lasciate perdere — brontolò Corcoran. — Non dategli retta. Si trova nei guai ed è disposto a promettere qualsiasi cosa per uscire.
“Per la carità umana” piagnucolò il mostro “dovete avere pietà di me. Non dovete condannarmi a interminabili epoche di privazione di stimoli esterni. Non posso vedere; a parte questa comunicazione telepatica, non posso udire. Non sento né il caldo né il freddo. Anche il trascorrere del tempo mi sembra irregolare. Non riesco a distinguere un secolo da un anno”.
— Sei davvero messo male — disse Corcoran.
“Sì, sì. Gentile, signore, cercate di provare un po' di simpatia per me!”
— Non sono disposto ad alzare una mano per aiutarti. O un dito.
— Siete molto duro con lui — disse David.
— Meno di lui ad Atene. Meno di lui se ci avesse trovato… se non avesse combinato un pasticcio.
“Non ho combinato nessun pasticcio. Sono un meccanismo efficiente. Solo, non ho avuto fortuna”.
— Esatto — disse Corcoran. — E continui ad averne sempre di meno. Adesso chiudi il becco. Non vogliamo più sentirti.
Il mostro tacque. Non sentirono più la sua voce.
Dopo qualche tempo, David disse: — Henry non è ancora tornato. Noi due siamo soli. Il mostro telepatico dice di avere delle informazioni. Credo che si possa ragionevolmente dargli retta. Era qui nel periodo in cui c'era anche Boone. Può avergli parlato.
Corcoran brontolò qualcosa di inudibile. — Non state a convincervi della necessità di mostrarvi magnanimo verso un nemico sconfitto, di agire nobilmente, da gentiluomo. Comunque, il collo è vostro, se volete rischiarlo. Io me ne lavo le mani. Fate quel che volete.
Il sole era tramontato ed era sceso il buio. In qualche punto di quelle terre desolate, un lupo ululò, e un altro gli fece eco. Corcoran finì di mangiare. — Datemi il piatto e le posate — disse a David. — Vado alla fonte a lavarli.
— Volete che venga con voi per coprirvi le spalle?
— No, non c'è pericolo. Sono pochi passi.
Curvo accanto alla fonte, Corcoran sciacquò i piatti. A est stava alzandosi la luna. Lontano, cinque o sei lupi si lamentavano in coro di quella vitaccia grama e triste.
Quando ritornò accanto al fuoco, vide che David aveva portato le coperte. — È stata una giornata lunga — disse — e dovremmo dormire un poco. Io farò la guardia per primo. Penso che sia preferibile che uno di noi stia di guardia.
— Sono d'accordo — disse Corcoran.
— Sono preoccupato per Henry — continuò David. — Sa che in una situazione come questa non dovremmo dividere le nostre forze.
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