Clifford Simak - La strada dell'eternità

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La strada dell'eternità: краткое содержание, описание и аннотация

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Jay Corcoran e Tom Boone sono amici da anni e in certe occasioni formano una coppia perfetta. Jay è un esperto nel raccogliere informazioni su chiunque, e Tom sa girare dietro gli angoli anche quando non ci sono. La scoperta di una stanza che non esiste sarà solo il punto di partenza ideale per un viaggio destinato a scaraventare i due amici in un'avventura ambientata nel più lontano passato e nel più remoto futuro. Incontreranno così una strana famiglia di esiliati che include il bizzarro Henry, detto anche Fantasma (ma non fatevi sentire a chiamarlo in questo modo dagli altri membri della famiglia), il Popolo dell'arcobaleno, che possiede oscure risposte ad ancora più oscure domande, l'ambigua figura nota come Cappello, messaggero di forze sconosciute e al tempo stesso giocattolo di un lupo preistorico, e soprattutto gli Infiniti, che vogliono tramutare l'uomo in una intelligenza priva di corpo. Il tutto, fra robot che vogliono essere utili all'uomo, e lungo quella che è chiamata la Strada dell'eternità.

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— Noi eravamo una minoranza — disse David. — Gli arretrati, gli stupidi che non capivano e che non volevano seguire gli altri. I polemici, la spina nel fianco delle persone per bene, la minoranza rumorosa…

— Eppure, a quanto mi pare di capire — disse Corcoran — voi non eravate dei veri e propri rivoluzionari.

— No — disse David. — Ci limitavamo a dare il cattivo esempio.

Erano giunti a una leggera salita. Quando fu in cima, David si fermò e attese che Corcoran lo raggiungesse. Indicò il territorio davanti a loro.

— Laggiù c'è il villaggio — disse.

Era un villaggio piccolo ed elegante. Alcune delle case avevano dimensioni più che rispettabili, altre erano molto piccole. In tutto pareva composto di una quindicina di edifici: certo non più di venti. La via principale era costituita da una strada piuttosto stretta. C'era un ponte che portava sull'altra sponda del torrente, e la strada proseguiva serpeggiando tra campi e giardini, su un terreno piano. In fondo si scorgeva nuovamente la sagoma delle montagne.

— Una comunità chiusa in se stessa — commentò Corcoran. — Isolata. Immagino che siano i robot a coltivare e ad allevare le bestie.

— Esattamente. Eppure, nonostante la limitatezza delle loro possibilità, hanno tutto ciò che desiderano.

Entrarono nel villaggio. Si vedeva soltanto un vecchio, che camminava lentamente, facendo attenzione a ogni passo. Non si vedevano altre persone in giro.

Da un piccolo edificio ai confini del villaggio uscì un robot. Si diresse verso i due nuovi venuti, camminando in fretta. Giunto davanti a loro, si fermò a osservarli. Era un robot senza particolari caratteristiche, sbrigativo e senza grilli per la testa.

— Benvenuti al nostro villaggio — disse, senza perdere tempo in preamboli. — Lieti di avervi tra noi. Volete per favore aggregarvi per mangiare con noi una buona scodella di minestra? Oggi non abbiamo preparato altro: minestra e onesto pane casareccio, ma ne abbiamo in abbondanza. Da qualche tempo manchiamo di caffè, ma possiamo offrirvi un boccale della nostra birra migliore.

— Accettiamo con profonda gratitudine la vostra ospitalità — disse David. — Abbiamo molto desiderio di compagnia. Stiamo facendo un lungo viaggio a piedi e abbiamo incontrato poche persone. Quando abbiamo sentito parlare del vostro villaggio, ci siamo allontanati dalla nostra strada per venirvi a trovare.

— Qui ci sono gentiluomini — disse loro il robot — che saranno lieti di parlare con voi. Il nostro è un posto tranquillo e isolato, che ci permette di dedicarci a profonde speculazioni filosofiche. I nostri pensatori sono in grado di competere con chiunque, in questa regione.

Si voltò e li accompagnò verso il piccolo edificio da cui era uscito. Tenne aperta la porta per farli entrare.

Lungo una delle pareti c'era un bancone con sgabelli. Al centro della stanza c'era un grosso tavolo rotondo, su cui erano posate numerose candele accese. Attorno al tavolo sedevano cinque o sei persone che bevevano birra. Da un lato si vedeva una pila di tazze vuote. Nonostante la presenza delle candele, la stanza era scura e soffocante. In tutto l'edificio c'erano solo due piccole finestre per lasciar passare la luce.

— Signori — disse il robot, in tono estremamente serio e grave — abbiamo degli ospiti. Vi prego di far loro posto.

Gli uomini seduti al tavolo si scostarono per fare posto ai due ospiti.

Per qualche tempo, dopo che David e Corcoran si furono accomodati, nessuno parlò. Le persone sedute alla tavola continuarono a fissarli con attenzione e con leggero sospetto. A sua volta, Corcoran studiò le tacce davanti a lui. Molte erano di vecchi, e con la barba. Ma erano persone rispettabili, pulite. Gli parve di fiutare odore di sapone; i vestiti indossati dai vecchi erano puliti e di taglio semplice, e rattoppati qui e là.

Un vecchio, caratterizzato da un ciuffo di capelli bianchi come la neve e da una barba color della brina, tutt'a un tratto disse loro: — Stavamo dibattendo la fuga dell'umanità da sotto il tallone degli antichi condizionamenti economici e sociali. Ognuno di noi è convinto che la fuga sia giunta appena in tempo, ma questo sembra essere il solo punto su cui siamo tutti d'accordo, perché ciascuno di noi ha un'opinione diversa sulle sue origini e sulle sue cause. Il mondo, ne siamo tutti convinti, era divenuto così artificiale, condizionato, sterilizzato e confortevole che l'uomo non era più un essere umano, ma un animale da salotto tenuto dai computer. Qualcuno di voi signori ha forse delle opinioni a questo riguardo?

Tombola, pensò Corcoran. Di punto in bianco. Senza preamboli, senza domandare chi siete e cosa fate, come siamo lieti di vedervi qui, senza presentazioni. Questi sono dei fanatici, si disse: eppure non c'era segno di fanatismo: né occhi fiammeggianti, né mani che tremavano. Anzi, sembravano le persone più tranquille e pacifiche del mondo.

— Naturalmente, abbiamo pensato a queste cose, di tanto in tanto — disse David, parlando con una tranquillità che rivaleggiava con quella del vecchio dalla barba color della brina. — Ma soprattutto ci siamo chiesti perché l'umanità si sia incamminata verso la trappola stessa in cui è caduta. Ne abbiamo cercato le cause, ma i fattori sono troppi, e talmente intrecciati tra loro da rendere problematica qualsiasi affermazione. Negli ultimi mesi abbiamo sentito parlare di una nuova scuola di pensiero che suggerisce la smaterializzazione come risposta definitiva a tutti i problemi dell'umanità. Per noi, questa è una prospettiva nuova, ma dato che siamo rimasti isolati a lungo, può darsi che l'idea sia già in circolazione da molto tempo. Desidereremmo giungere a comprendere questa nuova idea.

Tutti i presenti si voltarono verso di lui con interesse.

— Diteci cosa sapete — lo pregò l'uomo dalla barba color della brina. — Cosa avete sentito?

— Quasi niente — disse David. — Soltanto qualche accenno, qua e là. Ma nessuna spiegazione. Nessun particolare di ciò che sta succedendo, e la cosa ci rende perplessi. Abbiamo anche sentito uno strano nome: gli Infiniti. Ma non sappiamo che cosa indichi.

Un uomo completamente calvo, ma con un gran paio di baffi castano scuro, disse: — Ne abbiamo sentito parlare anche qui, e probabilmente ne sappiamo quanto voi. Ce ne hanno parlato dei viandanti che si sono fermati qui da noi. Uno di loro sosteneva che la smaterializzazione conferirà finalmente all'uomo l'immortalità che ha sempre cercato.

Il robot portò due grandi tazze di minestra e le posò davanti a Corcoran e David. Corcoran prese il cucchiaio e la assaggiò. Era calda e gustosa. C'era carne, probabilmente di bue, pasta, carote, patate e cipolle.

Un altro uomo, questa volta uno con la barba ricciuta, disse: — Non è difficile capire perché il concetto sia tanto attraente. La morte è sempre stata giudicata dagli uomini un evento negativo. I vari tentativi di giungere alla longevità sono una parziale protesta contro questa deprecabile fine della vita.

— Da come mi pare di avere capito — disse un uomo un poco più giovane — la smaterializzazione comporta il rischio di una perdita di individualità. — Nelle sue parole c'era un tono di disapprovazione.

— Perché, che cos'hai contro l'unitarietà? — domandò Barba Riccia.

Barba di Brina riprese: — L'argomento della nostra conversazione era la mente umana. Se fosse possibile ottenere la smaterializzazione, la mente umana sopravviverebbe e il corpo verrebbe eliminato. E se si pensa attentamente alla proposta, si vede come sia la mente umana, l'intelligenza umana, l'unica cosa che abbia importanza.

L'uomo più giovane domandò: — Ma che cosa è la mente, senza un corpo? La mente ha bisogno di un veicolo che la porti.

— Non ne sono del tutto sicuro — disse Barba di Brina. — La mente è forse qualcosa di totalmente estraneo all'universo fisico. Noi siamo capaci di spiegare tutto, con le sole eccezioni della mente e del tempo. Quando è posto di fronte a questi concetti, il pensiero umano vacilla.

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