Fritz Leiber - L'alba delle tenebre
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- Название:L'alba delle tenebre
- Автор:
- Издательство:Casa Editrice La Tribuna
- Жанр:
- Год:1965
- Город:Piacenza
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“Così Dickon ha lasciato che si saziassero e che giocassero nella gabbie di cova per riscaldarsi. Poi è tornato indietro perché sapeva che suo fratello avrebbe voluto essere informato delle cose che erano accadute e perché voleva conoscere la volontà di suo fratello. Ma quando è ritornato sui suoi passi ha scoperto che suo fratello non era più dove l’aveva lasciato. L’ha cercato ma non l’ha trovato, e così, dopo un po’, è ritornato al Luogo di Cova per bere sangue fresco e poi ha ripreso la ricerca. Questo è accaduto molte volte. Fino a quando ha deciso che non sarebbe più ritornato indietro, ma avrebbe trovato suo fratello o si sarebbe fermato. E si è spinto sempre più lontano per cercarlo e adesso è qui.”
A quel punto il piccolo Dickon pulì la lavagna. Ma dall’Uomo Nero non giunse nessuna risposta: solo un insieme di pensieri confusi, un paesaggio mentale convulso e muto, pervaso più che mai da quello strano stato d’animo che Dickon non conosceva. E da questo il demone capì che le notizie che aveva dato a suo fratello dovevano averlo profondamente scoraggiato.
All’improvviso, il piccolo Dickon dietro i suoi occhi vide una scatolina di ricordi che non aveva ancora aperto.
— C’è un’altra cosa che non ti ho detto, fratello. — Dickon ha detto che il Luogo di Cova era deserto quando siamo arrivati. Questo è vero per quanto riguarda le Persone Grandi. Ma abbiamo trovato due demoni appena nati, che dovevano essere stati dimenticati lì. Due demoni strani… non appartenevano né a streghe né a stregoni.
— Che cosa intendi dire?
— Uno tu lo devi conoscere, fratello. È il demone di quel prete che doveva diventare uno di noi, che stava da Madre Jujy e che…
— Che aspetto ha?
Dickon tracciò rapidamente sulla lavagnetta lo schizzo di un demone dal pelo scuro.
— E l’altro?
Sulla lavagna apparve il ritratto di un demone dalla pelle giallastra e dal pelo nero con una strana sfumatura grigio-bluastra.
Per un po’ non giunsero altri messaggi, ma Dickon sentiva che la mente di suo fratello stava lavorando alacremente nel vecchio modo che gli era noto. E alla fine, quando la risposta arrivò, le parole erano chiare e precise.
— Ascolta Dickon. Quei due demoni appena nati. Hai comunicato con loro?
— Sì un po’. Sono molto stupidi perché ancora non sono stati insieme ai loro fratelli grandi. Ma alcuni degli altri demoni sono entrati in contatto con loro, un po’ per gioco un po’ per istruirli. Cominciano a fare qualche progresso.
— Pensi che se adesso fossero qui con te io potrei comunicare con loro attraverso la tua mente?
— Penso di sì, fratello.
— Bene. Adesso ascolta attentamente. Voglio che tu ritorni al Luogo di Cova e che porti qui i due demoni appena nati. Ognuno di voi può portare con sé un’ampolla di sangue, così, in caso di bisogno, avrete una piccola riserva…
— Dickon non ci aveva pensato. Sarebbe stato tutto tanto più semplice! Povero, stupido Dickon!
— No, non è vero. Tu hai fatto molto più di quanto avessi osato sperare. Ma adesso è importante che tu porti gli altri due demoni nel posto in cui ti trovi ora, e che cerchi di entrare di nuovo in contatto con la mia mente. Hai capito bene?
— Sì — rispose Dickon gravemente.
— Pensi di potercela fare? — gli domandò l’Uomo Nero con apprensione. — A ritornare al Luogo di Cova, intendo. Hai abbastanza sangue?
— Non lo so — rispose Dickon semplicemente. — Questa volta ho fatto più strada, sperando di suggere nuovo sangue da mio fratello quando l’avessi trovato.
— Per Satanas! — Dickon percepì tutto lo sgomento dello stregone. — Ascolta, Dickon, è indispensabile che tu esegua i miei ordini. Per cui ti autorizzo a violare la regola che ti impedisce di succhiare sangue da persone diverse da tuo fratello. Prendi tutto il sangue di cui hai bisogno quando e da chi vuoi!
Dickon avvertì la muta preoccupazione di suo fratello e, con molta calma, osservò: — Dickon ha capito il pericolo a cui ti riferisci. È per questo che ha voluto che gli altri demoni bevessero solo il sangue-che-tutti-possono-bere-senza-rischio. Sa che se succhia il sangue di un’altra persona grande, rischia di morire di improvvise convulsioni. Ma la vita è poca cosa, poca cosa come Dickon, e a Dickon non importa.
Non riuscì a comprendere appieno l’emozione che a quel punto pervase la mente di suo fratello, ma ne fu rincuorato.
— Farai meglio a metterti in cammino Dickon — disse infine l’Uomo Nero. — È una piccola speranza quella che porti con te, piccola come te. Ma potrebbe essere la sola che resta per tutto il mondo delle Persone Grandi.
— Dickon farà tutto il possibile. Addio, fratello.
16
Fin dalle prime luci dell’alba, il potente carillon della Cattedrale aveva inondato a più riprese Megateopoli di scampanii festosi e, prima che si fosse spenta l’eco dei primi rintocchi, la Grande Piazza aveva già cominciato a gremirsi. Ma se l’oscurità non fosse stata popolata dalle terribili creature di Satanas, i cittadini comuni avrebbero cominciato ad affluirvi fin dalla mezzanotte.
— Sveglia! Sveglia! — sembravano esortare le campane. — Miracoli! Miracoli inauditi! Affrettatevi, svelti!
Molti erano venuti a digiuno e senza portare cibo con sé. Non era quello il giorno della Grande Rinascita? Quel giorno toccava al Grande Dio provvedere a loro!
Giunsero da ogni angolo di Megateopoli e dalle campagne circostanti. A metà mattina la piazza era già piena e la folla premeva contro il doppio cordone di diaconi, schierati davanti alla Cattedrale per impedire al popolo di occupare un ampio tratto antistante la scalinata del tempio. I tetti delle case che circondavano la piazza erano punteggiati di ragazzini seduti a cavallo dei camini. Poco prima, un minuscolo balcone sovraffollato era crollato, provocando molti feriti e suscitando un piccolo moto di panico, immediatamente sedato dai diaconi sparpagliati in mezzo alla folla. Nelle strade che confluivano nella piazza erano stipati gli ultimi arrivati. Ovunque, uomini e donne si spintonavano, sgomitavano e si contendevano il diritto ai posti migliori; di tanto in tanto, le grida di qualche madre alla ricerca di un figlio smarrito si levavano al di sopra dell’incessante chiacchiericcio della massa, che, periodicamente, veniva sommerso dal frastuono delle campane.
Non era esattamente una folla giubilante e neppure cordiale. Era la stessa folla che il giorno prima aveva tentato di dare l’assalto alla Cattedrale, insultando a gran voce la Gerarchia perché non difendeva il popolo da Satanas. La stessa folla che aveva ucciso due diaconi, bistrattato un sacerdote del Primo Circolo, e chiesto apertamente alla Gerarchia di dare prova del suo potere. Ma per quel giorno i cittadini comuni avevano deciso di osservare una specie di tregua. La sera precedente, i preti avevano promesso che il Grande Dio avrebbe dato loro un segno della sua benevolenza e della sua supremazia sul Signore del Male compiendo miracoli durante l’ufficio della Grande Rinascita. E nel corso della notte appena trascorsa, quasi a riprova di quelle rassicurazioni, le manifestazioni sataniche erano state assai meno intense.
Inoltre, era piuttosto difficile che i popolani riuscissero a conservare la rabbia, sotto l’influsso calmante delle radiazioni parasimpatiche con le quali venivano bombardati da ogni lato della Piazza.
Ma quelle stimolazioni producevano anche un altro effetto: poiché agivano sui nervi che controllano il tratto digestivo, inducevano un crescente senso di fame in una massa di uomini e donne che, per la maggior parte, non aveva ancora toccato cibo. A poco a poco, centinaia di migliaia di bocche si riempirono di saliva e centinaia di migliaia di gole presero a deglutire senza requie.
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