Fritz Leiber - L'alba delle tenebre

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L’alba delle tenebre

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Ma poteva già considerarsi fortunato che nessuno si fosse accorto di quel suo passo falso.

Dopo aver varcato la soglia, la sua prima preoccupazione fu quella di riattivare la serratura. Il fatto che, pubblicamente, tutto il merito dell’impresa fosse stato attribuito a Cugino Deth lo irritava; ma, come gli aveva spiegato Goniface, era meglio che, per il momento, lui lavorasse in incognito. A eccezione del seguito privato del Sommo Gerarca, nessuno era a conoscenza del suo ritorno in seno alla Gerarchia e, tanto meno, del fatto che avesse recuperato la sua autentica personalità.

In ogni caso, rifletté guardandosi intorno, la contropartita per quel breve periodo di vita nell’ombra non era affatto malvagia. Passò in una seconda stanza, sontuosamente arredata come la prima, e da qui in una terza, chiudendo di volta in volta la porta alle proprie spalle.

Su un divano, il volto pallido rivolto verso l’alto, gli occhi chiusi, le mani congiunte sul grembo come nella morte, giaceva Sharlson Naurya.

Jarles indugiò a osservarla alcuni istanti. Quindi, azionando un debole raggio anti-paralisi, la riportò allo stato cosciente. La ragazza aprì gli occhi e nel suo sguardo il sacerdote lesse un odio infinito, che interpretò, in parte, come un complimento.

Sharlson Naurya se ne accorse e, scandendo con rabbia le parole, sibilò: — Stupido presuntuoso che non sei altro!

Lui sorrise. — Non presuntuoso. Realista.

— Realista! — La sua voce vibrava di disprezzo. — Non sei più realista adesso di quanto non lo fossi quand’eri un cocciuto idealista. Mi ripugni. Ma immagino che, in cuor suo, ogni cieco idealista che in vita sua non abbia mai fatto i conti con la realtà trovi la malvagità una cosa molto passionale e romantica. Così quando ti ha dato di volta il cervello, o ti hanno fatto dare di volta il cervello, la tua nuova personalità ha ripiegato su quegli stupidi stereotipi con cui vengono identificati i cattivi: ambizione e vanità senza limiti, perfidia e altre idiozie simili!

Sharlson Naurya tacque. I suoi occhi si dilatarono in un’espressione di incredulo disgusto. — Ma a te piace sentirmi parlare in questo modo, vero?

Jarles annuì. — Certo. Perché io sono realista. L’esperienza mi ha insegnato quanta poca strada separi l’odio dall’amore.

— Un’altra cretineria romantica! — La rabbia la faceva tremare tutta. — Realista! Non ti rendi conto che stai recitando una parte? Hai idea del rischio che corri giocando a fare il duro con uomini dello stampo di Goniface? Realista! Pensa alla pazzia che hai fatto portandomi qui. Che cosa accadrà quando Goniface lo scoprirà?

Jarles sorrise. — Ho dovuto portarti qui, non avevo altra scelta. Non c’era nessuno a cui potessi affidarti. E poi a chi potrebbe venire in mente di venirti a cercare proprio nel mio appartamento? Goniface si fida di me. Non si sogna nemmeno che io possa complottare contro di lui, mentre gli dimostro tanta devozione.

Lei gli lanciò un’occhiata furiosa. — E se io rivelassi a tutti che mi tieni qui?

— Non puoi farlo, e anche se potessi non lo faresti. Perché sai che questo per te significherebbe la morte immediata. È questo che mi fa sentire in una botte di ferro.

— A proposito di Goniface — proseguì Jarles. — Perché non mi dici il motivo per cui vuole vederti morta? È chiaro che devi essere a conoscenza di qualcosa sul suo conto che minaccerebbe la sua posizione, se la Gerarchia lo venisse a sapere. Perché non mi dici di che cosa si tratta? In questo modo, appena superata la crisi in atto, potremmo unire le nostre forze e deporlo. Lei distolse lo sguardo.

— Avanti, sii realista — riprese lui in tono persuasivo. — Non ti rendi conto dell’opportunità che ti sto offrendo? E comunque dovresti essermi almeno un po’ grata per quello che ti ho risparmiato. Questa mattina, i tuoi ex compagni sono stati torturati.

Annuì, quasi a voler sottolineare il concetto. — Oh sì, e devi anche aspettarti di trovare l’Uomo Nero un po’ cambiato, se avrai ancora occasione di vederlo. Oggi stava meglio ed è stato condotto da Fratello Dhomas.

— Mi stai dicendo che hanno intenzione di… — Sharlson Naurya cercò di drizzarsi a sedere.

— Di risvegliare in lui un sentimento di realistico egoismo? Esatto. Per cui vedi, Naurya, la Stregoneria è finita. È soltanto una questione di tempo. E ciò significa che non ha alcun senso che tu le resti fedele. Ma immagino che questo sia ovvio anche per te.

Lei lo fissò a lungo senza parlare. Poi, con voce strana, gli chiese: — Ti capita ancora di sognare?

Questa volta, Jarles non sorrise. — No — disse recisamente.

Senza distogliere gli occhi dai suoi, Sharlson Naurya scosse piano la testa. — Oh sì, invece. Tu sogni ancora.

— I sogni non significano niente — replicò lui freddamente. — I sogni non sono reali.

— Sono reali come qualsiasi altra cosa. Sono la voce della coscienza.

Per una frazione di secondo gli occhi di Sharlson Naurya guardarono oltre le spalle di Jarles. Il sacerdote si voltò insospettito, ma non vide nulla all’infuori della porta chiusa.

— La coscienza è soltanto pressione sociale — disse poi, mentre una strana inquietudine, di cui non conosceva l’origine, si impadroniva di lui. — È l’impulso ad annegare il tuo io in quello della massa, e di fare quello che gli altri si aspettano da te per paura della loro disapprovazione. Un sano, realistico egoismo libera la persona dalle costrizioni infantili della coscienza.

— Ne sei proprio sicuro, Jarles? E dei tuoi sogni che cosa mi dici? Forse, in parte, hai ragione tu, ma la coscienza è anche qualcosa di più. Coscienza è anche prestare ascolto ai pensieri più saggi della mente.

— Stai cercando di persuadermi a credere in quella nebulosa chimera chiamata virtù? Scommetto che fra un po’ ti metterai a parlare anche di ideali!

— Certo che ho intenzione di parlarti anche di ideali! Perché sono gli ideali che vengono a tormentarti quando sogni. Io ti ho visto crescere, Jarles. E insieme a te ho visto crescere i tuoi ideali. Forse sono cresciuti troppo in fretta in proporzione alle loro debole radici. Ma anche se sono stati piegati, abbattuti e seppelliti nelle profondità del tuo subconscio, sono ancora lì, Jarles: un inferno privato all’interno della tua stessa mente. E solo una porta separa quell’inferno dalla tua coscienza, una porta che di notte si apre.

Un involontario tremolio negli occhi della ragazza lo avvertì appena in tempo: un attimo prima che un’orribile cosa pelosa, materializzatasi apparentemente dal nulla, lo aggredisse, Jarles riuscì a balzare di lato e a evitarla. Gli artigli acuminati lo raggiunsero al viso, anziché alla gola, ma agitando le braccia, lui riuscì a colpire la misteriosa creatura e mandarla a ruzzolare dalla parte opposta della stanza. Poi, prima ancora che quella potesse riprendersi, la investì con il raggio dell’ira, tagliandola quasi in due. Dalla ferita sgorgò un enorme fiotto di sangue, molto più di quanto le minuscole dimensioni di quell’essere peloso lasciassero sospettare.

Jarles si precipitò verso di lui, ma si ritrasse immediatamente quando vide il suo fragile corpo e i suoi enormi occhi, che lo fissavano nella vitrea opacità della morte. Per un attimo, provò l’inspiegabile sensazione di aver ucciso Sharlson Naurya.

Si voltò a guardarla. Con somma fatica, la ragazza era riuscita a rizzarsi a sedere, ma a quel punto le forze l’avevano abbandonata. Non stava piangendo, ma il suo petto era squassato da un’emozione in cui un odio implacabile si mescolava a un dolore freddo e pieno d’angoscia.

— Quella creatura era così importante per te? — le chiese aspramente. Le lanciò una rapida occhiata e, quando capì, i muscoli del suo viso si irrigidirono in un’espressione di incredula sorpresa. — Penso di aver capito — disse lentamente più a se stesso che a lei. — Anche se non sono un biologo, penso di aver capito il segreto dei demoni al servizio di voi streghe. E questa sarà una notizia che farà molto piacere al Sommo Gerarca.

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