Fritz Leiber - L'alba delle tenebre

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L’alba delle tenebre

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Silenzio. Poi, con un filo di voce la strega rispose: — I servi di Satanas non hanno nome.

Cugino Deth scoppiò a ridere. Gli dispiaceva pensare di aver represso simili risate per tanti anni. Si ricompose. — Sei stata identificata come Mewdon Chemmy, popolana dell’Undicesimo Distretto, addetta alla decorazione della ceramica, moglie di Mewdon Rijard. Tu neghi questo?

Nessuna risposta.

— Molto bene, Mewdon Chemmy. Sei accusata di aver cospirato per rovesciare la Gerarchia.

— Ma il vostro chierico non ha detto solo questo — la voce era flebile, ma chiara. — Ha detto che io… cioè che tutti noi siamo già stati condannati.

— È vero, Mewdon Chemmy. Ma se le tue risposte verranno giudicate soddisfacenti, ti verrà risparmiato il dolore. Spiega con maggior precisione in che modo hai cospirato contro la Gerarchia.

— Ho eseguito gli ordini di Satanas.

Deth rise. — Quali ordini?

— Di fare di me stessa uno strumento della sua volontà soprannaturale. Di mettere in pratica i suoi insegnamenti. Di bestemmiare e fare sortilegi. Di vessare e tormentare le persone che lui mi indica.

Per la terza volta dalle labbra di Cugino Deth uscì quella che per lui era una risata. — Forse tu sei abituata a usare parole senza senso per descrivere quello che fai. Ebbene sappi che a noi questo non interessa. A noi interessano solo i fatti. Quali nozioni scientifiche ti sono state insegnate?

— Io non so nulla di queste nozioni di cui parli. Satanas è onnipotente e pertanto non ne ha bisogno.

Deth si rivolse al capo della sua squadra di tecnici. — Sei pronto? — gli chiese.

Il sacerdote annuì. Una spessa calotta di metallo fu trascinata dietro la sedia e infilata a mo’ di cappuccio sulla testa della strega. Dal congegno si dipartivano flange ricurve che seguivano le linee del suo corpo.

Deth guardò di nuovo la prigioniera. — Finora, in considerazione della tua fragile costituzione e del tuo sesso, siamo stati indulgenti verso di te, Mewdon Chemmy. Ma potremmo smettere di esserlo, se tu persisterai in questo comportamento infantile. Mettiti in testa una volta per tutte che non abbiamo alcuna intenzione di perdere il nostro tempo ascoltando le tue scempiaggini su Satanas e altre entità soprannaturali. Non c’è bisogno che ti ricordi che non stai parlando a dei cittadini comuni ignoranti e creduloni.

Dal Tavolo del Concilio si levò un mormorio di disapprovazione. Quel modo di esprimersi così franco e incauto era contrario a qualsiasi regola. Il vecchio Sercival biascicò parole di sdegno. Molti arcipreti lanciarono occhiate interrogative a Goniface, senza però riuscire ad attirare la sua attenzione.

— Comunque, Mewdon Chemmy, ti resta ancora una possibilità — proseguì Deth. — Se ci riveli fatti concreti, fatti che possano essere verificati, noi saremo clementi con te.

Il volto della strega, in parte nascosto dal cappuccio di metallo, era piccolo come quello di un bambino e pallido come un cencio.

— Ma come potrete essere clementi con me? Hai appena ammesso che la Gerarchia non crede nel Grande Dio. Mi lascerete forse libera di andarlo a raccontare ai cittadini comuni? Potete permettervi di correre il rischio che qualcuno di noi smascheri le vostre menzogne?

Sembrava che Deth non aspettasse altro, perché con aria trionfante si affrettò a replicare: — Finalmente arriviamo a qualcosa! Finalmente ammetti che tutte queste manifestazioni non sono nient’altro che invenzioni della scienza!

Gli arcipreti trattennero il fiato e il silenzio che calò sulla Camera del Concilio fu tale che tutti poterono udire la sua flebile risposta.

— No. Non è vero. Per più di un secolo Satanas vi ha fatto credere che fosse così, affinché la vostra rovina fosse completa e il vostro tormento più grande. Satanas esiste! Ed è il signore supremo di quell’inferno che voi chiamate cosmo!

Quella risposta creò grande scompiglio fra i membri del Concilio. Solo Goniface rimase impassibile e si limitò a fare un cenno a Deth.

— Medow Chemmy, noi vogliamo i fatti! — urlò il diacono aspramente. — In primo luogo, chi è il tuo capo?

— Satanas.

— Idiozie! Trasmettete il dolore alle dita della mano sinistra!

A quelle parole, la tensione che regnava nella sala madreperlacea aumentò e i diaconi puntarono minacciosamente le verghe dell’ira contro i prigionieri. Ma questi, gli occhi serrati, sembravano intenti a elevare mute preghiere alla loro oscura divinità.

Poi, dal sudario di metallo provenne un debole sibilo, come di aria risucchiata fra i denti e la lingua.

Ma, benché stesse ascoltando con estrema attenzione, Goniface, il Sommo Gerarca, quel sibilo non lo udì. Perché, in quello stesso istante avvertì un bruciore ustionante alle dita della mano sinistra, che teneva abbandonata a lato dello scranno, come se le avesse improvvisamente immerse nel metallo fuso.

Con un rapido e supremo sforzo di volontà, controllò l’impulso di sollevare l’arto e di contorcersi e urlare di dolore. Quindi, con un ulteriore sforzo, che in verità non era che un prolungamento, anche per intensità, del primo, lanciò una rapida occhiata ai suoi confratelli arcipreti. Si rassicurò: se per caso si fosse tradito compiendo qualche movimento inconsulto, nessuno aveva dato segno di accorgersene.

— Mewdon Chemmy, adesso ti ripeterò la domanda. Chi è il tuo vero capo?

— Satanas, Satanas. — Respiri rapidi e affannosi.

Goniface abbassò gli occhi. La sua mano non presentava alcunché di insolito, a eccezione delle nocche bianchissime e dei tendini tesi. Con molta lentezza la sollevò e l’appoggiò sul tavolo. Ma il bruciore non diminuì.

— Trasmettete il dolore al polso. Chi è il tuo capo, a parte quello che tu chiami Satanas?

— È… Satanas dammi la forza! — Un gemito affannoso. — È Asmodeo.

A Goniface sembrò di aver indossato un guanto rovente.

— Chi è Asmodeo?

— Satanas aiutami! È il Re dei Demoni.

— Al braccio! Chi è Asmodeo?

— Il re… il re dei demoni.

— Noi sappiamo che Asmodeo è un uomo. Qual è il suo vero nome?

— Il re… — Un grido soffocato. — Che Satanas possa farvi bruciare per l’eternità nel fuoco dell’inferno! Non lo so. Non lo so.

— Allora Asmodeo è un uomo?

— Sì. No. Non lo so! Che Satanas possa farvi bruciare come voi state facendo bruciare la sua serva!

Goniface sentì la fronte imperlarsi di sudore, mentre il fuoco invisibile gli saliva a spirale lungo il braccio, come una serpe incandescente.

Doveva pensare. Pensare!

— Mewdon Chemmy, chi è Asmodeo? Qual è il suo nome?

— Non lo so… non lo so!

— Lo hai mai visto?

— Sì. No! Sì! Mewdon Chemmy, Satanas! Io sono la tua serva fedele.

— Che aspetto aveva?

— Non lo so… Era solo tenebra! Tenebra… e una voce!

Sottili rivoli di sudore cominciarono a colare lungo il viso di Goniface accompagnati da brevi scariche di adrenalina. Ancora qualche istante e la strega avrebbe ceduto. Ma quel dolore insopportabile doveva pure avere una causa. Pensare. Doveva pensare.

— Molto bene, Mewdon Chemmy. Per il momento lasceremo perdere Asmodeo. Adesso dicci: dove si trova il quartier generale della Stregoneria di Megateopoli?

— Non… Dove ci avete catturato.

— Quello era solo un luogo di incontro. Sai benissimo che non intendo quello. Dunque, dove si trova il vero quartier generale?

— Non… Non esiste un quartier generale.

— Tu stai mentendo! Lo sai, perché per due volte sei stata sul punto di dirlo e poi hai taciuto. Dove si trova il vero quartier generale? Dove tenete il vostro armamento scientifico?

— Nel… Non esiste nessun armamento scientifico. Satanas non ha bisogno…

— Alla spalla!

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