Fritz Leiber - Scacco al tempo

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Scacco al tempo: краткое содержание, описание и аннотация

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Carr Mackay ha un lavoro tranquillo, una fidanzata che lo spinge a far carriera e una vita tutto sommato ben pianificata. Ma ecco che un giorno conosce una strana ragazza, bella e alquanto terrorizzata, e da quel momento la sua vita scivola lungo binari diversi. Scopre di possedere un oscuro potere che il mondo attorno a lui sembra aver perduto, e soprattutto si rende conto che il tempo non è uguale per tutti. O meglio, che non tutti sono obbligati a rispettare la sceneggiatura cosmica imposta silenziosamente al genere umano dall’ordine delle cose. Da quel giorno la vita cambia per Carr Mackay, in modo radicale e spaventoso, poiché fra i pupazzi che tutt’intorno continuano la loro recita si nascondono altri ribelli niente affatto amichevoli…

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Carr fece alcuni passi di corsa, prese Marcia a braccetto e disse, con la voce più allegra possibile:

— Ciao cara!

Marcia non girò la testa. Non vi fu la minima interruzione nel suo passo a indicare che fosse conscia della sua esistenza. Perfino il suo braccio, al tatto, era come un pezzo di legno.

Gli altri passi rimasero un po’ indietro.

— Ti prego non tagliarmi fuori — sussurrò Carr, ansioso. — So quello che provi per il modo in cui mi sono comportato ieri sera, ma posso spiegarti.

Lei si girò, scostandosi da lui. Carr si avvide che avevano raggiunto la sua casa.

Il rumore dei passi alle sue spalle accelerò.

Carr la seguì lungo il vialetto. — Devo entrare con te.

Marcia continuava a non ammettere di essersi accorta della sua presenza. Aprì la porta di scatto, prima che potesse farlo lui. Carr riuscì a infilarsi dietro di lei.

Attraversarono insieme l’atrio. L’impiegato era appoggiato al banco, reggendosi il mento con le mani, cosicché l’anello dal sigillo d’oro luccicava e le maniche della sua giacca tendevano a calar giù, esponendo i polsini d’oro.

Il suo sguardo li seguì, libidinoso. Aprì la bocca (vi fu un lampo di otturazioni d’oro) e disse con voce flautata: — Buonasera, signorina Lorish.

— Buona sera — rispose Marcia brusca.

Carr sentì la porta esterna aprirsi e chiudersi dietro di loro, poi un rumore di passi ticchettante sulle piastrelle, soffocato sul tappeto, che li superava frettolosamente.

L’ascensore stava aspettando. Marcia entrò e subito premette il pulsante del settimo piano. Carr riuscì a stento a sgusciar dentro la cabina. Si girò di scatto e vide un uncino che veniva cancellato alla vista dallo sportello che si stava chiudendo. La cabina cominciò a salire.

Carr provò per un attimo un vivo sollievo, subito cancellato però da una paura ancora più grande.

Marcia lo stava ignorando in maniera totale. Non gli aveva rivolto il minimo saluto, il minimo istintivo indizio che aveva avvertito la sua presenza. Come se dietro a quel bellissimo volto imperioso non vi fosse niente, assolutamente niente…

Non che ciò potesse esser vero, si disse. Non doveva esserlo… Non con lei così vicina, e loro due chiusi in quella piccola gabbia.

In quanto a Marcia, lei si stava solo comportando con la sua solita crudeltà. C’erano state altre volte, prima di allora, quando lei l’aveva ignorato per infliggergli una punizione.

— Tesoro — lui cominciò.

La cabina si arrestò. Marcia aprì di scatto lo sportello e schizzò fuori. Carr si affrettò a inseguirla lungo il corridoio.

Marcia tirò fuori la chiave e aprì la porta del suo appartamento con un unico, fluido movimento. La porta venne quasi sbattuta in faccia a Carr.

Marcia doveva esser conscia della sua presenza, altrimenti non si sarebbe comportata in quel modo, pensò Carr cercando di rassicurarsi mentre la seguiva dappresso. I movimenti rapidi e rabbiosi di Marcia indicavano che si era resa conto della sua presenza.

— Marcia, per favore, smettila di comportarti in maniera così infantile… — riuscì a dire.

Marcia gettò la borsetta su una sedia e si affrettò a entrare in cucina. Carr fece per seguirla, esitò, si mise a girare per la stanza in preda a un nervosismo crescente.

Marcia uscì dalla cucina con un highball in mano.

Mise giù il cocktail su un tavolino e proseguì verso la camera da letto.

Per un attimo Carr quasi non se ne accorse, tanto era grande il suo sollievo. Sì, lei era conscia della sua presenza. Con quella semplice azione aveva ammesso che lui era lì accanto a lei.

Tutto il resto del suo comportamento era stato frutto soltanto del suo temperamento, della sua peculiare capziosità.

Carr prese il cocktail e ne inghiottì un sorso.

Ma quando lo fece, notò un foglietto d’appunti lì dov’era appoggiato il bicchiere, scritto con la calligrafia di Marcia.

In cima c’era il suo nome.

Passandosi il bicchiere sull’altra mano, lo prese per leggerlo.

Caro Carr,

riconosco la forza che hai dentro, la fiammeggiante intelligenza, il talento per i grandi gesti. Ma non sei disposto a usarli. Avresti potuto essere un principe. Ma hai scelto di essere un vassallo. Molte volte ti ho condotto in situazioni dove avresti avuto l’opportunità di trovare il vero te stesso. Più e più volte ho avuto in cambio soltanto uno schiaffo in pieno viso per i miei sforzi. Sono stata paziente. Sapevo che ti eri fossilizzato da lungo tempo, e ti ho fatto diverse concessioni. Ma quest’ultimo incidente è stato troppo per me. Quando hai respinto con freddezza la magnifica offerta di Keaton Fisher, l’offerta di un uomo che è arrivato al vertice senza avere più capacità di te, senza il tuo aspetto, e malgrado tanti altri impedimenti che tu non hai mai incontrato; quando ti ho visto respingere con rudezza la generosa offerta di quell’uomo, ho, saputo che fra me e te era tutto finito. Ho un consiglio da darti: se in futuro dovessi mai decidere che sei stanco di essere un vassallo e volessi tentare un ruolo più impegnativo… se vorrai che una donna ti consideri un principe… dovrai comportarti da principe in ogni cosa. Se vuoi stare con le persone importanti, devi essere una persona importante. Se vuoi una vita eccitante e pericolosa, devi possedere le dimensioni del pericolo e dell’eccitazione.

Ma non cercare di usare questo consiglio per riconquistarmi giacché non è possibile. Risparmiatelo per un’altra ragazza. Keaton Fisher non è bello, ma sa come usare ciò che ha, e non ha paura a correre rischi.

E adesso, caro, ti auguro tanta fortuna.

Marcia

Quando un terrore soprannaturale fa da prefazione a una ferita emotiva, quest’ultima viene soffocata, attutita. Tuttavia, mentre la lettera cadeva dalla mano di Carr, e lui sentì Marcia che ritornava dalla camera da letto, avvertì una stilettata di gelosia mista ad autocompassione, difficile da sopportare.

La mano di Marcia sfiorò il tavolo accanto a lui. La ragazza ebbe un attimo di esitazione, poi si fermò in mezzo alla stanza.

Adesso che sapeva che lui sapeva, si disse Carr, certamente si aspettava che lui se ne andasse, preparandosi forse a respingere un ultimo appello, atteggiando la sua espressione a una maschera di ostinazione.

Ma, invece, Marcia sorrideva… Sorrideva in una maniera particolarmente spiacevole, animalesca.

Fece un curioso gesto con la mano destra.

E ancora non lo guardava.

Carr provò un orrore crescente mentre la fissava.

Cercò di dirsi che non capiva che cosa significassero quei suoi gesti. Cercò di dirsi che no, non erano i movimenti di qualcuno che stesse sorseggiando un highball… che non c’era.

Cercò di dirsi che quando la sua mano aveva sfiorato il tavolo, non l’aveva fatto per prendere in mano il drink che aveva lasciato là…

Poiché questo significava che non aveva preparato il cocktail per lui, ma per se stessa; che lei non si era accorta della sua presenza; che la terribile illusione che l’aveva torturato lì, nella sua stanza, era vera.

E non doveva esserlo.

— Marcia! — la chiamò con veemenza.

Lei si leccò le labbra.

Non deve ripeté tra sé. Niente poteva scrivervi una lettera per ferirvi ed essere allo stesso tempo una macchina senza cervello.

Si mosse verso di lei. — Marcia! — gridò disperato, e l’afferrò per le spalle. Poi, sotto le sue mani, nell’istante in cui la toccò, sentì i suoi muscoli che s’irrigidivano. Cominciò a tremare… No, non a tremare, ma a essere scossa, a vibrare come un pezzo di macchinario che stesse per andare in frantumi. Carr, balzò indietro staccandosi da lei.

Il suo volto era arrossato, i suoi lineamenti contratti come quelli d’un bambino.

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