Tormentarsi il cervello per capire quale inconcepibile rapporto potesse esserci tra un volto così innocuo e la paura informe che continuava a salire dentro di lui fino al punto da indurlo quasi a vomitare.
E durante tutto quel tempo, continuare a parlare e a scribacchiare promemoria per lui, e alla fine salutarlo augurandogli una miglior fortuna…
Proprio allora Carr notò uno stupido errore nella domanda del signor Kozacs. Era la data. Mostrava che il loro primo colloquio era avvenuto martedì, mentre invece aveva avuto luogo soltanto avant’ieri, mercoledì.
L’uomo basso e grasso si stava incrociando con il candidato successivo che si stava avvicinando alla sua scrivania: Carr stava per richiamarlo e fargli notare la discrepanza. Ma prima che riuscisse a spiccicar parola, la sua mente tornò dal viaggio che aveva fatto senza aspettare che fosse lui a ordinarglielo esplicitamente: un rapido viaggio di andata e ritorno fino alla domenica precedente. E gli portò una serie di notizie che lo lasciarono stordito.
Parte di martedì pomeriggio, martedì e mercoledì sera, e tutto il giovedì erano vuoti.
Forse oggi non è venerdì. Forse si sbagliano tutti. Forse metà Chicago sta sbagliando.
No Mackay! È il modo migliore di perdere la testa. È la super autostrada che porta dritta al manicomio. Devi guardare in faccia la realtà.
Ma cos’hai fatto, allora, durante quei periodi di vuoto? Che cosa hai fatto?
Calma! È una domanda che per il momento dovrà restare senza risposta.
E cosa farai adesso?
Andrai da uno psichiatra? Gli dirai dei tuoi “periodi di amnesia”? Lo indurrai a interrogarti sulla tua infanzia, a tirar giù le tapparelle, a puntarti una luce negli occhi, a lavorare sui tuoi nervi…
No! Non potresti sopportarlo, e tu lo sai. Ti farebbe di sicuro perdere l’equilibrio mentale.
Ma c’è qualcosa che puoi fare.
Qualcosa che per lo meno terrà aperta una strada verso l’equilibrio mentale e la salvezza. Non è spettacolare, malgrado richieda una qualche specie di coraggio. Puoi semplicemente continuare a fare quello che si suppone che tu faccia. Recitare la commedia della tua routine giornaliera senza variarla di un millimetro. C’è sicurezza nella routine, Mackay. Fai andare avanti la gente là dove nient’altro ci riesce. È come per i soldati in battaglia, la disciplina e tutto il resto. Seguendo la routine hai la miglior possibilità di tenerti aggrappato alla tua mente.
Puoi cominciare subito. Alzati; ti è mai venuto in mente, Mackay, che alzarsi è un interessante problema meccanico? Le ossa sono leve, i muscoli sono motori, puoi sentire i cavi dei tendini stirarsi fluidamente. Sorridi: ti dà l’impressione di qualcosa che s’increspa nella tua guancia, non è vero? Stringi la mano al prossimo candidato. Nota il sudore della mano. Anche la qualità della stretta. Vigorosa ma sussultante: è un’indicazione del carattere. Studia la sua faccia: il sorriso, le otturazioni d’oro dei molari, gli occhi castani preoccupati e chiazzati di giallo, le increspature della tensione nella pelle scura intorno a essi, il naso vigile, le cicatrici dell’eczema sotto lo strato di crema. E la faccia per te, Mackay: una faccia da ricordare.
Gioisci, Mackay! Ecco un nuovo candidato: un intero nuovo mondo in cui smarrirti. So che è difficile, Mackay, ma fra un’ora e trentasette minuti saranno le cinque. Se resisterai fino ad allora e farai ciò che ci si aspetta da te, potrai uscire da qui con la mente intatta e nessuno avrà anche il minimo sospetto di quanto ti è accaduto. Sarai libero, Mackay: libero!
Carr spinse in avanti il suo bicchiere attraverso la superficie cromata. Il barista allungò la mano per prenderlo. Carr si voltò verso Marcia. — Un altro? — le chiese. — Sono in vantaggio di uno su di te.
Lei sorrise ma tenne stretto lo stelo del suo bicchiere. Il barista prese quello di Carr con un movimento della mano e si voltò.
— Avrai bisogno della giusta dose di vantaggio quando incontrerai Keaton — disse Marcia. — Si basa molto sulle prime impressioni.
Carr annuì obbediente. Quella sera Marcia appariva molto bella. Sopra l’abito nero, le spalle e il collo nudi erano incredibilmente giovani. E sul suo viso c’era quell’espressione che Carr trovava sempre inquietante ed eccitante allo stesso tempo. Un’espressione che era un incitamento a osare, ma che minacciava una reazione collerica se l’osare non fosse stato della qualità giusta. Un atteggiamento che indicava come fosse interamente interessata in voi, ma soltanto per certe cose.
Non nei vostri guai, per esempio. Non importa quanto brutti fossero.
— Cosa c’è, Carr? Sei così silenzioso.
— Niente.
— Ci sarebbe quasi da pensare che non sei contento d’incontrare Keaton.
Carr terminò il suo Manhattan. Si toccò la cravatta nera. Vi fu un altro sgradevole silenzio. Per romperlo, Carr cominciò a parlare a caso.
— Ti ricordi di Tom Elvested? Si è fissato che io debba uscire con una misteriosa ragazza che, lui insiste, è proprio il mio tipo.
— E perché non lo fai? — replicò Marcia in fretta. — Potrebbe essere molto divertente.
Carr scoppiò a ridere. — L’ho citato come esempio della testardaggine di Tom. Una volta che si è messo in testa un’idea…
— Ma perché no? — insisté Marcia. — Potrebbe essere giovane. Sarebbe interessante per te.
— Sciocchezze — disse Carr a disagio. — Immagino sia una guastafeste. Una specie d’intellettuale timida. L’ho citato soltanto come un esempio…
La sua voce si affievolì. Guardò il proprio bicchiere vuoto. Marcia guardò lui.
— È tempo d’andare — annunciò.
Nel tassì lei si girò rapidamente verso di lui e lo baciò. Prima che Carr potesse reagire, lei si era scostata e gli stava raccontando gli ultimi pettegolezzi sul mondo editoriale. Qualche altro isolato, e si fermarono davanti alla casa dei Pendleton.
Viste dalla strada, le finestre vivacemente illuminate del vasto appartamento al terzo piano parevano il ponte in festa d’un transatlantico di medie dimensioni che stesse solcando la notte. C’erano perfino le ventate di musica che volteggiavano fino in basso…
C’era parecchio movimento nella strada. Un altro tassi si arrestò dietro al loro. Un fattorino con una scatola di cellophane comparve dalla direzione opposta e infilò il vialetto che dava accesso all’edificio. Un grosso cane nero, tenuto al guinzaglio da una donna in pelliccia, si avvicinò e si mise a fiutare Carr, che provò un anormale accesso di paura. Lui e Marcia si affrettarono lungo il vialetto. Carr tenne aperta la porta per lei e per la coppia che era scesa dal secondo tassi. L’uomo lo ringraziò con un leggero inchino. La ragazza, che aveva una delicata carnagione britannica delicatamente imporporata, sfiorò la mano di Marcia e si misero a chiacchierare.
Mentre Carr seguiva con lo sguardo le loro calze piacevolmente colme su per la scalinata coperta da un tappeto grigio, cercò di pensare a qualcosa da dire all’altro uomo. Ma, invece, si trovò a chiedersi cosa sarebbe successo se avesse avuto un altro attacco di amnesia. Era una possibilità che prima non gli si era affacciata alla mente con tanta forza, ma che adesso lo ossessionava.
Un attacco di amnesia assomigliava più a uno svenimento o a un colpo di sonno. Sareste riusciti a tenerlo lontano finché ci pensavate? C’era da presumere che qualunque cosa potesse causarlo. Malgrado tutto… lui doveva veramente vedere uno psichiatra.
Una stridula risata di saluto giunse dall’alto della scala. Carr alzò lo sguardo e vide Kathy Pendleton che si sporgeva dal pianerottolo come una bambola grassa dal volto coperto di minuscole crepe. Un fantastico fiore verde le penzolava dalla mano.
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