— E così, ma poi ho pensato a quello che tu avevi detto di Tom Tita. A che cosa sarebbe servito seguire Lee per tutta la Guerra Civile? Mi sarei solo fatta uccidere. La mia prima lealtà doveva essere verso me stessa.
— Allora era questo che significava il tuo messaggio — dissi, stringendo il ricevitore. — È questo che volevi dire quando hai scritto il nome di Tom Tita.
— Certo — rispose lei. — Che cosa credevi che significasse, altrimenti?
— Che eri chiusa dentro. Che non potevi uscire.
— Sto bene — disse lei. — Si stanno prendendo cura di me.
Lavorammo sul libro tutta l’estate. In autunno uscì Il Legame del Dovere e andammo a New York a promuovere il libro. — Sono contenta di vedere Broun che ha un così bell’aspetto — mi disse la sua agente al ricevimento di Mc Laws e Herndon. — Temevo che tutto quel correre su e giù per la California fosse troppo, per lui, ma ora lo vedo proprio bene. E non sai come sono sollevata al vedere questo libro stampato, finalmente — aggiunse, passando il dito su una locandina. — Sai che mi chiamò, dopo che le bozze erano state consegnate, perché voleva cambiare la fine? Voleva far sposare Ben e Nelly. Ci puoi credere?
— Quando ti chiamò?
— Non ricordo esattamente. Dopo che tu avevi consegnato le bozze. Per fortuna, chiamò prima me e non Mc Laws e Herndon. Riuscii a convincerlo che non avrebbe funzionato.
— No, credo di no.
— Cioè, voglio dire, era ovvio fin dall’inizio che lei era innamorata di quel ragazzo che poi è morto, come si chiamava?
Rimanemmo a New York fin dopo Natale, partecipando a incontri e dibattiti televisivi. Il giorno in cui tornammo a casa, mentre ero dalla vicina a riprendere il gatto, Broun ebbe un attacco cardiaco. Fu una cosa molto leggera. Non rimasero danni al cuore. Rimase in ospedale solo una settimana, e più dell’attacco di cuore lo sconvolse il fatto che una battagliera infermiera gli aveva rasato la barba.
— Non hai avuto alcun sintomo? — gli chiesi. Era nel letto d’ospedale, appoggiato a una pila di cuscini.
— Una piccola indigestione — rispose. — O quella che pensavo fosse indigestione.
— Non ti faceva male il braccio? O il polso?
— No — ribadì. — Ho pensato che avevo mangiato troppo.
— Non avevi sognato nulla?
— Ero sveglio quando mi arrivò, ragazzo — mi fece notare con gentilezza.
— Prima dell’attacco — quasi gridai. — Che cosa avevi sognato?
Il suo medico personale mi trascinò fuori in corridoio. — So che sei sotto stress, ma lo è anche lui. — Guardò la cartella di Broun. — E lo sono anch’io. Non voglio che gli venga un terzo attacco mentre lo sto curando.
— Un terzo? — dissi.
— Certo — rispose lui, sempre leggendo il foglio. Poi alzò gli occhi e vide la mia espressione. — Ma come? Vecchio figlio di buona donna, non ti aveva detto niente! È stato tre anni fa — andò indietro di parecchi fogli sulla cartella — in settembre. Il ventotto settembre. Tu eri fuori città, mi pare. Mi aveva detto di averti chiamato.
Tre anni fa in settembre io ero a Springfield, a vedere la tomba di Lincoln, e Broun mi stava facendo impazzire con indicazioni e consigli. E poi d’un tratto aveva smesso, le chiamate si erano interrotte, e quand’ero tornato a casa l’avevo trovato disposto a lasciarmi fare il lavoro di gambe in sua vece.
— È stato grave il primo? — chiesi.
— Grave abbastanza da spaventarlo. Era convinto di stare per morire. Ecco perché pensavo che te l’avesse detto. — Richiuse il fascicolo e se lo mise sotto il braccio. — Ora, sono d’accordo che dovrebbe essere insultato per non avertelo detto, ma come suo medico ti permetterò di vederlo di nuovo solo se mi assicuri che non gliene farai parola, almeno finché non starà meglio. Deve aver avuto le sue ragioni per tacere.
— Certo — dissi.
Ritornai in stanza e mi scusai per aver gridato. — Non ho fatto alcun sogno prima dell’attacco — disse Broun. — Non ho avuto nessun avvertimento.
— Annie li ebbe — dissi. — I sogni stavano tentando di metterla in guardia. Solo che lei non volle ascoltare.
Si appoggiò indietro. — Se avessi sognato di trovarmi su una barca, navigando verso una riva nebbiosa e incerta, nemmeno io avrei ascoltato. Se Lincoln mi avesse lasciato sognare i suoi sogni, non c’è cosa al mondo che avrebbe potuto fermarmi. Nemmeno qualcuno che amavo.
— Anche se avresti finito per avere un attacco cardiaco? Anche se tutto ciò avrebbe finito per ucciderti?
— Anche in quel caso — disse lui dolcemente. — Forse lei ora sta bene. Forse è andata da un dottore quando è arrivata a casa, come aveva promesso.
Broun ricominciò a lavorare al libro su Lincoln non appena fu tornato a casa, in aperta sfida agli ordini del medico. — Finirò questo dannato libro, fosse pure l’ultima cosa che faccio — dichiarò, grattandosi il mento ispido. Stava tentando di farsi crescere un’altra volta la barba.
— E sarà così, questa volta, con questo ritmo — ribattei. — Almeno lasciami fare il lavoro di gambe.
— Bene — rispose, e mi mandò alla Casa Bianca a prendere note sulla Sala degli Ospiti, drappeggiata di cremisi, dove era morto Willie Lincoln, e sulle scale che Lincoln aveva disceso nel sogno, e sulla Sala Orientale, dove la bara di Willie e poi quella di suo padre erano state poste.
Stavo facendo un nuovo sogno, in quel periodo. Sognavo di svegliarmi al suono di un pianto, ma di scendere le scale senza trovare nessuno. C’era una sentinella sulla porta della veranda, e io gli chiedevo “Chi è morto alla Casa Bianca?”, ma quando la sentinella si voltava per rispondermi vedevo che era Annie. Indossava il cappotto grigio ed era bellissima, fresca e riposata.
— Stai bene? — le chiedevo. — Sei stata da un medico?
— Un medico?
— Un medico — dicevo affannosamente. — I sogni erano un avvertimento.
— Lo so. Stavano tentando di metterci in guardia contro l’attacco di cuore di Broun, ma noi non li abbiamo capiti. Ci ostinavamo sugli indizi sbagliati.
— Broun non avrà un altro attacco di cuore, vero?
Lei scuoteva la testa. — I sogni sono finiti.
— E tu stai bene?
Allora mi sorrideva, un sorriso dolce senz’ombra di tristezza. — Sto bene.
In aprile Broun dovette rientrare in ospedale per dolori al petto. — Ho pensato a quello che poteva causare i sogni di Annie — disse, mentre giaceva appoggiato ai cuscini. Rifiutava assolutamente di essere avvicinato dalle infermiere per paura che gli tagliassero la barba, e aveva un aspetto terribile, trasandato e ambiguo.
— Ti ricordi Sognilandia?
— I pazzi di San Diego?
— Sì — disse. — Se ti ricordi, avevano la teoria per cui i morti dormono in pace finché qualcosa non li disturba, come Willie Lincoln quando venne riesumato, e allora a quel punto iniziano a sognare. Bene, e se qualcosa del genere fosse capitato a Lee? Se avessero mosso il suo corpo, e per questa ragione lui avesse incominciato a sognare?
— Il corpo di Lee non è mai stato mosso — risposi. — È ancora sepolto nella cappella di Lexington.
— Forse i sogni non erano causati dall’angina. Forse iniziarono quando il suo corpo venne disturbato in qualche modo. Il corpo di sua figlia Annie venne mosso?
— No. È ancora sepolta nel Nord Carolina, dove morì.
Rimase in silenzio per un po’, fissando la porta con sospetto ogni volta che vedeva passare un’infermiera, e poi disse — Il corpo di Lincoln fu spostato. Dapprima lo portarono a Springfield, dopo il funerale, fermandosi a ogni dannato villaggio e incrocio che c’era lungo la strada. — Si tirò su sui cuscini, e la linea dell’ECG sullo schermo alle sue spalle ebbe un sobbalzo. — E poi ci fu quel piano di rapimento e per precauzione lo spostarono dalla tomba e lo misero in un passaggio del Memorial Hall.
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