— Il ricevimento è al piano di sopra — dissi. — È una specie di zoo, ma…
— Non abbiamo molto tempo — ripeté Richard, senza però guardare l’orologio. Guardò invece Annie, come se fosse lei quella che aveva fretta. Lei però sembrava assolutamente tranquilla.
— Che ne dici se trascinassi Broun quaggiù? — proposi, temendo dentro di me di non riuscire a sottrarlo ai giornalisti. — Intanto potete accomodarvi nella veranda — e così dicendo li guidai all’interno.
Era, come tutte le altre stanze della casa, un luogo dove Broun poteva spargere libri, nonostante originariamente fosse dedicata alle piante tropicali. Aveva le vetrate larghe di una serra e una stufa che la teneva a dieci gradi in più del resto della casa. Broun aveva piazzato una fila di violette africane sul tavolo di fronte ai vetri e sistemato un antico divanetto di vimini e un paio di poltrone, ma il resto dello spazio era ingombro di libri. — Datemi i cappotti.
— No — fece Richard, gettando intorno uno sguardo ansioso. — No. Ci fermiamo solo poco.
Salii le scale di corsa e individuai Broun. I camerieri avevano appena distribuito il primo piatto, così per un poco lui sarebbe stato libero. Gli dissi che Richard si trovava di sotto ma aveva una grande fretta e cercai di guidarlo vero le scale, ma l’inviata di People gli si appiccicò e per cinque minuti buoni lo tenne invischiato.
Li trovammo ancora là, ma per un pelo. Richard era sulla porta della veranda e stava dicendo — Sono quasi le nove. Penso che…
— Sono felice di conoscerla, dottor Madison. Così lei è il vecchio compagno di stanza di Jeff — disse Broun, piazzandosi fra Richard e la porta d’ingresso. — E lei dev’essere Annie. Ci siamo parlati al telefono.
— Sì — rispose lei. — Desideravo davvero conoscerla, signor Broun.
— Mi pare che desiderasse parlarmi di Àbramo Lincoln — intervenne Richard, interrompendola prima che finisse di pronunciare il nome di Broun.
— È così — rispose Broun. — Le sono davvero grato di essere venuto. Ho fatto qualche ricerca su Lincoln. Faceva sogni estremamente strani — sorrise rivolgendosi ad Annie — e dal momento che lei mi ha accennato che il dottor Madison spiega alle persone il significato dei loro sogni, ho pensato che forse potrebbe spiegare a me quello dei sogni di Lincoln. — Tornò a volgersi a Richard. — Avete cenato? C’è un magnifico buffet di sopra, almeno se i giornalisti non hanno ancora divorato tutto. Aragoste e prosciutto e delle stupende tartine di gamberetti che…
— Purtroppo non abbiamo molto tempo — disse Richard, guardando Annie. — Ho spiegato a Jeff al telefono che temevo di non poterla aiutare. Non si possono analizzare i sogni di qualcuno semplicemente ascoltando un racconto indiretto. Bisogna conoscere tutto di quella persona.
— E Broun conosce tutto — intervenni.
— Mi servirebbero più che altro informazioni sulle moderne teorie che riguardano i sogni — riprese Broun, prendendo Richard sottobraccio. — Prometto di prenderle soltanto pochi minuti. Possiamo salire tutti nel mio studio. Prenderemo qualcosa da mangiare passando e…
— Non credo che… — fece Richard, con un altro sguardo ansioso ad Annie.
— Ma sì, ha ragione — disse Broun, tenendo saldamente il braccio di Richard. — Perché la sua giovane accompagnatrice dovrebbe annoiarsi ad ascoltare un mucchio di aride teorie quando può invece divertirsi a un ricevimento? Jeff, le terrai compagnia tu, vero? Falle assaggiare qualcuna di quelle splendide tartine e dello champagne.
Richard guardò Annie come se si aspettasse una resistenza, ma lei non disse nulla e lui mi sembrò sollevato.
— Jeff si prenderà cura di lei — fece Broun con calore, e con la sua aria più convincente. — Vero, Jeff?
— Mi prenderò cura di lei — dissi, guardandola. — Lo prometto.
— Il sogno che mi sta causando problemi è un sogno che Lincoln fece due settimane prima del suo assassinio — iniziò Broun, conducendo con decisione Richard su per le scale e verso il suo studio. — Sognò di svegliarsi alla Casa Bianca e di sentire qualcuno che piangeva. Quando scese le scale… — Scomparvero nel brusio e nell’affollamento che c’era su dalle scale. Mi voltai a guardare Annie. Era ferma e guardava in su, verso di loro.
— Ti piacerebbe salire al ricevimento? — dissi. — Broun rimarrà sconvolto se saprà che non hai assaggiato nemmeno una tartina di gamberetti.
Lei sorrise e scosse la testa. — Non credo che Richard si fermerà troppo.
— Già, non sembra entusiasta alla prospettiva di analizzare i sogni di Lincoln. — La guidai di nuovo nella veranda. — Aveva davvero una grossa fretta. È uno dei suoi pazienti che gli dà tutte queste preoccupazioni?
Si avvicinò alla finestra e guardò fuori. — Sì — fece. — Richard mi ha detto che sei uno storico.
— Ti ha anche spiegato che secondo lui sono pazzo perché spreco la vita a ricercare fatti oscuri che non interessano a nessuno?
— No — rispose lei, continuando a osservare la pioggia che stava trasformandosi in nevischio. — Quello è un termine che riserva a me, in questo periodo. — Si voltò e mi guardò dritto in faccia. — Sono una sua paziente. Ho un disturbo del sonno.
— Ah — feci io. — Vuoi darmi il tuo cappotto? — fu tutto quello che seppi aggiungere. — Broun tiene questa stanza più calda di un forno.
Me lo tese, e io uscii per appenderlo in anticamera, cercando di capire quello che mi aveva appena detto. Richard non mi aveva contraddetto quando l’avevo chiamata la sua ragazza, e Broun mi aveva detto che era stata lei a rispondergli dall’appartamento di Richard, ma se lei era una sua paziente, cosa gli saltava in mente di andarci a vivere insieme?
Quando rientrai nella veranda stava osservando le violette africane. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori, cercando qualcosa da dire. Non potevo certo chiederle se andava a letto con Richard o se i suoi disturbi del sonno avevano qualcosa a che fare con lui.
— Dovrò andare al Cimitero Nazionale di Arlington con questo tempaccio, domani — feci. — Devo trovare il luogo in cui venne sepolto Willie Lincoln, per Broun. Willie era uno dei ragazzi di Lincoln. Morì durante la guerra.
— Sei tu che fai tutte le ricerche sulla Guerra Civile per conto di Broun? — chiese Annie, prendendo in mano una delle violette africane.
— La maggior parte del lavoro di gambe. Vedi, quando Broun mi assunse, i primi tempi non mi lasciava neppur mettere il naso nelle sue ricerche. Mi ci volle quasi un anno per convincerlo a lasciarmi fare il lavoro in giro, e ora vorrei non esser riuscito a convincerlo così bene. Sembra proprio che stia nevicando, là fuori.
Lei posò la piantina sul tavolo, al suo posto, e poi alzò lo sguardo su di me. — Raccontami della Guerra Civile — disse.
— Che cosa vuoi sapere? — chiesi. In quel momento desiderai aver fatto quel famoso sonnellino così da poter riversare tutto il mio spirito nella conversazione, raccontandole aneddoti della guerra che avrebbero potuto cancellare quell’espressione un po’ triste dai suoi occhi azzurro-grigi. — Sono un esperto dell’Antietam. Il giorno più sanguinoso di tutta la Guerra Civile. Forse il giorno più importante, anche se Broun non sarebbe d’accordo. Il generale Lee aveva bisogno di una vittoria, perché così l’Inghilterra avrebbe riconosciuto la Confederazione, e allora invase il Maryland, solo che la cosa non funzionò. Dovette ritirarsi in Virginia e…
Mi fermai. Stavo annoiando me stesso, e lo sa il cielo che effetto potevo avere su Annie, che probabilmente non aveva mai sentito parlare di Antietam. — Qualcosa su Robert E. Lee? O sul suo cavallo? So praticamente tutto del suo dannato cavallo.
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