— Vuoi sentire? — chiese Broun.
— No — feci io. Premetti il pulsante per ricevere il messaggio senza voce. — Sarà solo la bibliotecaria. Mi ha promesso di cercare informazioni sui sogni di Lincoln. La richiamerò più tardi.
Il telefono squillò una seconda volta e là luce rossa si accese. Udii il clic quando il nastro iniziò a girare, comunicando allo sconosciuto interlocutore che non c’era nessuno in casa e che lo si pregava di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. Chi poteva essere? Annie che diceva “ho fatto un altro sogno”? Oppure Richard, che mi ordinava di smetterla di interferire con il suo trattamento? La luce rossa si spense.
Mi voltai di nuovo verso il dottore. — Stava dicendo?
— La digestione può avere effetto sui sogni perché gli enzimi liberati nel sangue innescano reazioni chimiche cerebrali.
— E le droghe? — chiesi. — Anche le droghe causano modificazioni chimiche nel sangue, vero? I sogni di Lincoln avrebbero potuto essere causati da una qualche droga che stava prendendo?
— Sì, certo. Il laudano per esempio…
— E l’Elavil? Potrebbe provocare dei sogni?
Egli aggrottò la fronte. — No, al contrario l’Elavil reprime il ciclo dei sogni. Così fanno tutti gli antidepressivi, e naturalmente i barbiturici: Seconal, Fenobarbitolo, Nembutal. Il paziente di solito non sogna per nulla, quando è in trattamento con una di queste sostanze. Naturalmente, quando le sospende, il numero e la vivezza aumentano improvvisamente, e quindi da questo punto di vista si potrebbe affermare che causano sogni. Ma naturalmente si tratta di medicinali moderni — aggiunse, guardando Broun. — Lincoln non ne avrebbe certo potuto prendere.
— Che cosa vuol dire, aumentare in vivezza? — chiesi.
— La sostanza produce un deficit di sogni che viene compensato da un numero anomalo di questi quando il paziente la sospende. Il paziente sperimenta ciò che chiamiamo una “tempesta di sogni”, per parecchi giorni; potenti, spaventosi incubi che si succedono rapidamente l’un l’altro. È la stessa cosa di quando un paziente viene privato del sonno. Di solito noi mettiamo in guardia contro la sospensione improvvisa di antidepressivi e sedativi per evitare di innescare una “tempesta di sogni”. — Mi scoccò un’occhiata acuta come certune di Broun. — Sta prendendo dell’Elavil?
— No — risposi. — Lincoln soffrì d’insonnia dopo la morte di Willie. Pensavo che forse il suo medico gli prescrisse qualcosa per dormire che gli provocò brutti sogni, così ho cercato al termine “insonnia” e ho trovato che l’Elavil è indicato come trattamento; ma naturalmente ho sbagliato secolo. — Mi alzai. — Parlando di sonno e droghe e di digestione, c’è qualcuno che gradirebbe del caffè? O anche il caffè provoca brutti sogni?
— In effetti, si è dimostrato che la caffeina ha precisi effetti sui sogni.
— Allora lo farò decaffeinato — dissi, e scesi in cucina.
Broun aveva un altro telefono, laggiù, con una linea separata. Chiamai il numero dello studio e, prima che potesse squillare, formai il codice a distanza che mi avrebbe letto il messaggio. L’unico messaggio inciso era quello di Broun. “Sto tornando da New York, Jeff. Dovrei essere lì per le dieci. Mi incontrerò con un certo dottor Stone dell’Istituto del Sonno alle undici. Era in California per una ricerca, e pensavo di sentire ciò che ha da dire sui sogni di Lincoln.
Misi su il caffè e tentai di chiamare Annie. Non ci fu risposta. Trovai un vassoio e vi sistemai tazze termiche, una brocca di crema di latte e una zuccheriera. Poi provai ancora con il numero di Annie. E ancora non ebbi risposta.
Sta dormendo, mi dissi. Il suo inconscio sta cercando di recuperare il sonno REM che ha perso quando prendeva l’Elavil. Era una spiegazione abbastanza logica. Quando Richard le ha sospeso l’Elavil lei ha avuto una “tempesta di sogni”, ecco tutto. I soldati unionisti morti e il cavallo con le zampe spezzate erano solo il suo inconscio che tentava di recuperare il tempo perduto. Quando quel deficit fosse stato colmato lei avrebbe smesso di sognare messaggi perduti e fucili Springfield, e non ci sarebbe stato più nulla da temere.
Ma io le avevo chiesto: “Quando ti ha sospeso l’Elavil Richard?” e lei mi aveva risposto dopo che i sogni si erano fatti improvvisamente più chiari e più spaventosi, non prima. Inoltre, la “tempesta di sogni” avrebbe dovuto durare solo pochi giorni. Annie aveva fatto il sogno sull’Antietam almeno due settimane dopo che Richard le aveva sospeso l’Elavil. E aveva sognato i soldati morti per più di un anno.
Il gatto di Broun mi aveva seguito in cucina. Guardai nel frigorifero alla ricerca di qualcosa lasciato dai camerieri e trovai mezzo piatto di tartine umidicce con insalata di gamberetti. Lo posai sul pavimento e cercai ancora di chiamare Annie; poi salii di sopra con il vassoio.
Stavano parlando dei sogni prodromici. — Un certo dottor Gordon ha fatto uno studio sui sogni prodromici un paio di anni fa, a Stanford, su pazienti tubercolotici — diceva il dottor Stone, — ma non penso che sia arrivato a nulla di definitivo. La ricerca su cui stavo lavorando in California…
Si fermò quando io entrai, Broun si alzò e iniziò a impilare carte e libri sul tavolo per far posto al vassoio. Lo posai.
— Il dottor Stone stava giusto per raccontarmi della sua ricerca — disse Broun.
— Sì — fece il dottore. — La ricerca californiana prevedeva l’uso di una sonda su parti differenti del cervello. La sonda produce un differenziale elettrico che a sua volta invia lo stimolo a una regione localizzata del cervello e il paziente, che è sotto anestesia locale, ci dice che cosa sta pensando. Qualche volta si tratta di un ricordo, qualche volta un odore o un sapore, qualche volta un’emozione.
“La sonda è usata a caso e tocca un gran numero di parti in un tempo molto breve, troppo breve perché il paziente possa rispondere individualmente allo stimolo. Allora noi gli chiediamo di descrivere tutto quello che vede e paragoniamo la trascrizione di questi racconti con quella dei racconti di sogni ottenuti con metodi tradizionali. Siamo arrivati a una corrispondenza statisticamente significativa. E l’aspetto più interessante è che sebbene noi sappiamo che non c’è connessione fra le immagini il paziente le collega tutte in un sogno coerente che può essere narrato.”
Bene, e con questo potevo lasciar perdere l’idea di suggerire ad Annie di cambiare medico. Il dottor Stone forse non le avrebbe detto che lei era pazza, ma avrebbe potuto decidere che il modo migliore per arrivare al “reale” significato dei suoi sogni era di metterla su un tavolo operatorio e aprirle la testa. Ciò che le serviva era un medico che ascoltasse i suoi sogni e tentasse di capire che cosa poteva causarli, invece di tentare di imporle le proprie personali teorie; stavo iniziando a credere che non esistesse un medico simile.
— Vuol dire che il cervello di Lincoln ebbe una specie di shock elettrico, vide una bara e poi costruì il resto della storia? — chiese Broun.
— Costruì è la parola sbagliata — rispose il dottor Stone. — Dobbiamo ricordare che sebbene il sogno avvenga a livello inconscio il ricordo di esso è nella mente conscia. Il sogno viene tradotto nella mente conscia, e può darsi che durante il processo di traduzione esso prenda la sua forma narrativa. Potrebbe essere lo stesso tipo di processo che avviene quando guardiamo un film. Noi vediamo in realtà fotogrammi separati, ma ci sembrano immagini in movimento. Persistenza della visione, è chiamata. Può darsi che ci sia una corrispondente persistenza che traduce impulsi separati nel sogno che poi ricordiamo.
Broun versò una tazza di caffè e me la porse. — Questi impulsi — disse — da dove provengono?
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