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Connie Willis: Il sogno di Lincoln

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Connie Willis Il sogno di Lincoln

Il sogno di Lincoln: краткое содержание, описание и аннотация

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Vincitore del John W. Campbell Memorial Award, ambito premio statunitense riservato agli autori più promettenti, (1987) è il primo romanzo importante di Conie Willis, un’autrice che si è poi segnalata con opere di tutto rispetto. Che accadrebbe se una donna dei nostri tempi scoprisse di poter viaggiare nel tempo grazie ai suoi poteri mentali, in particolare a una specie di ponte psichico stabilito con il generale Robert Lee, il grande sconfitto della guerra civile? Da questa premessa parte un romanzo appassionante, una cruda e realistica ricostruzione della guerra civile americana e del suo mondo, ma anche un’avventura ricca di imprevisti: per esempio; che ruolo ha nella vicenda il cavallo di Lee, Traveller? E perché un uomo dei nostri glomi sembra inspiegabilmente identificarsi con lui? Lo scoprirete con Connie Willis.

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Mi chiedevo che cosa stesse facendo Annie. Speravo che si fosse tolta i panni bagnati e avesse fatto un bagno caldo, e poi avesse mangiato qualcosa prima di coricarsi, ma sentivo che invece era in piedi, come me, davanti alla finestra a guardare la neve, con il giaccone grigio ancora addosso, come me sgocciolando sul pavimento e iniziando a rabbrividire.

Raccolsi la biografia di Lincoln e salii nello studio per metterla via. Il telefono suonò.

— Voglio che tu stia alla larga da Annie — disse Richard.

— Me lo stai chiedendo come medico o come uomo?

— Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando. Stai alla larga da lei. Non c’era alcun motivo che la portassi ad Arlington.

— Me l’ha chiesto lei — risposi. — Mi ha detto che l’aveva chiesto anche a te, e che tu avevi rifiutato. Per cui l’occasione l’hai avuta.

— Annie è emozionalmente instabile. Portandola laggiù avresti potuto provocarle una grave crisi psicotica.

— Come quel pazzerellone di Lincoln? — feci io. — Hai detto a Broun che il vecchio Abe era sulla strada di un collasso psicotico perché aveva sognato, fra tutte le cose possibili, del suo assassinio. Stai tentando di dimostrare che tutti quelli che sognano la Guerra Civile sono pazzi?

— Lei non sogna la Guerra Civile.

— E allora da dove diavolo sono usciti i soldati dell’Unione?

— Sei stato tu, vero? Mentre io ero di sopra con Broun tu le hai riempito la testa con un mucchio di sciocchezze sui soldati sepolti nel prato davanti ad Arlington, incoraggiando le sue fantasie nevrotiche. E le hai anche detto che Robert Lee aveva un gatto, vero?

— Aveva un gatto.

— E non appena tu le hai detto del gatto, lei ti ha raccontato che il gatto del suo sogno era esattamente come quello, vero?

Non gli risposi. Vedevo Annie stringere convulsamente le violette africane e chiedere “Robert Lee possedeva un gatto? Un gatto rosso? Con strisce più scure?

— Durante il racconto del proprio sogno il paziente è estremamente influenzabile — continuò Richard. — Ogni cosa gli venga detta può influenzare la sua memoria del sogno. Si chiama elaborazione secondaria.

— Come dirle che certo ha sparato a qualcuno con una pistola giocattolo? — feci io. — Il fucile Springfield aveva un caricatore come quello, lo sapevi? Sembrava esattamente una pistola per bambini. Il fucile Springfield venne usato nella Guerra Civile.

— Le hai detto questo? — Aveva la voce spaventata. — Non dovevi dirglielo. Stai interferendo con la sua terapia. Come suo psichiatra, ho il dovere di…

— Di cosa? Di andare a letto con la tua paziente?

— Non stavo tentando di andare a letto con lei, dannazione. È successo. Stavo tentando di aiutarla. Aveva paura a rimanere da sola di notte. È successo. Dannazione, l’hai vista.

L’avevo vista, in piedi nella veranda, stretta nel cappotto grigio, che diceva “Non mi crederai nemmeno tu”. L’avrei accompagnata ad Arlington anche subito, nonostante la neve e tutto il resto, se me lo avesse chiesto. Avrei scavalcato i cancelli chiusi e fatto irruzione nell’attico con una scure, per cercare il gatto perduto di Lee. Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarla. Aiutarla. Non approfittare della sua paura e della sua impotenza.

— Così le hai detto che era pazza e poi le sei saltato addosso? — dissi. — È così che l’hai aiutata?

— Stalle alla larga. Stai interferendo con la sua terapia.

— È così che si chiama portare una tua paziente a casa e scopartela quando è troppo terrorizzata ed esausta per dire di no? Quali altre terapie stai applicando, dottore? Hai mai pensato di drogarla, per farla cooperare?

Rimase in silenzio così a lungo che persino la segreteria telefonica di Broun si sarebbe interrotta. Io invece aspettai.

— Sai qual è l’ironia della faccenda? — disse amaramente. — Che la settimana scorsa ho tentato di chiamarti, ma tu non c’eri — e riappese.

Rimasi a guardare la neve ancora per un po’, poi chiamai la clinica per scoprire se Richard mi avesse telefonato da là. La segretaria disse — Mi dispiace. In questo momento non c’è. Vuole lasciare un messaggio?

— Ma tornerà nel pomeriggio?

— Dunque… — fece lei, mentre probabilmente controllava sull’agenda. — Ha una riunione di staff alle quattro, ma può darsi che sia annullata a causa del tempo.

Non aspettai che mi chiedesse il nome. — Grazie. Sono un suo amico di fuori, e devo prendere un aereo fra cinque minuti. Pensavo solo di salutarlo mentre mi trovavo qui a Washington.

Il telefono suonò non appena riappesi. Ebbi la strana sensazione che fosse Richard, che aveva ascoltato la mia chiamata e adesso tornava a minacciarmi; invece era Broun.

— Mi sono accorto che mi mancano le due ultime pagine di quella dannata scena — disse. — Probabilmente sono rimaste sul mio tavolo. Puoi guardare?

Frugai fra la pila di carte sul suo tavolo. Le aveva infilate nel Presidente Lincoln di Randall. — Sono qui — dissi. — Vuoi che te le mandi con il Federal Express?

— Non c’è tempo. Il libro è già pronto per la stampa. Se questi cambiamenti non si fanno immediatamente non si faranno mai più. Devi leggerli al telefono. Mc Laws e Herndon sono pronti a registrare a questo numero. — Mi diede il numero.

— Proverai a rientrare stasera?

— No. Qui c’è una vera tormenta — rispose, e poi dovette cogliere qualcosa nella mia voce. — Va tutto bene?

No, pensai, ho appena avuto una conversazione con il mio vecchio compagno di stanza che non avrei mai immaginato di avere, su una ragazza che ho appena incontrato, e voglio che tu venga a casa a dirmi che lei non è pazza. Voglio che tu venga a casa a dirmi che io non sono pazzo. — Sto bene — dissi. — Stavo solo pensando.

La sua voce era ancora preoccupata. — Hai ricevuto il mio messaggio stamattina, vero? Non sei andato ad Arlington con questo tempo?

— No — risposi. — Il tempo è orribile anche qui.

— Bene — fece lui. — Voglio che ti riguardi. Mi sembravi strano ieri sera. — Fece una pausa e potei sentire delle voci dietro di lui. — Ascolta, qui stanno diventando impazienti per la fine di questa scena. Riposati, ragazzo, e non preoccuparti di niente finché non sarò indietro.

— Chiamerò subito — dissi.

Riappesi e poi mi pentii di averlo fatto. Che cosa avrebbe detto Broun se l’avessi richiamato per dirgli che ero andato ad Arlington, invece, e con qualcuno che sognava la battaglia di Antietam e il gatto perduto di Lee?

Avrebbe detto: “Ci deve essere una spiegazione logica”, quello che mi ero già detto io; insieme a un mucchio di altre cose. Avevo passato al vaglio ogni spiegazione, la notte prima, una dopo l’altra, così come avevo passato al vaglio i libri di Broun alla ricerca di Tom Tita.

Erano solo sogni. Lei era ammalata. Era pazza. Era tutto un piano elaborato per potersi avvicinare a Broun. C’era una spiegazione logica per i sogni. Aveva letto del gatto da qualche parte. Era stata ad Arlington da piccola. Era tutto uno scherzo. Era stata portata a ciò da Richard. Era un fenomeno causato da allucinogeni, come per Bridey Murphy. Era solo una coincidenza. Un sacco di gente sognava gatti rossastri. Erano solo sogni.

Non c’era motivo di chiamare indietro Broun. Non sarebbe stato in grado di aggiungere nulla a questa lista. O peggio ancora, avrebbe potuto non tentare neanche di convincermi che c’era una spiegazione logica. Affascinato com’era dai sogni di Lincoln in quel periodo, avrebbe detto “Ha mai sognato di vedersi distesa in una bara nella Sala Orientale? Pensi che potresti indurla a sognare i sogni di Lincoln?”

Chiamai il numero che Broun mi aveva dato per dettare la scena e mi misero in attesa. Mentre aspettavo la lessi.

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