— Avreste dovuto lasciarli crepare!
Sospirò e mi guardò storto. — E così avete avuto la bella pensata di invaderci. Senza preavviso. — Poi scosse le spalle. — Chiedi a me come vanno le cose? Siete voialtri che avete la palla.
— Dovranno andare a modo nostro, Dom — dissi, e sorrisi. — E più presto voi lo capite, più facile sarà per voi. — A questo non rispose. Neppure io l’avrei fatto, del resto. Cercai d’avere un tono persuasivo. — È la nostra patria, anche se non siamo dalla stessa parte della barricata. Avete il dovere di collaborare perché abbiamo lo stesso interesse di fondo, il bene degli Stati Uniti d’America. Giusto?
— Di questo dubito, Dom. Sicuro come l’inferno — disse.
— Ah, Dom, avanti! Sai bene che la penseresti come me, se fossi al mio posto… a proposito — aggiunsi, — come va la prostata?
Mi fissò sorpreso. — Di che stai parlando? Sono troppo giovane per avere dei guai con la prostata.
— Già — borbottai. — Questo è quel che dissi anch’io, quando il dottore mi tolse le mani di dosso. Ti consiglio di farti dare un’occhiata.
Scosse il capo. — DeSota — dichiarò, secco e determinato come penso che anch’io mi sarei mostrato al suo posto. — Lasciamo perdere i ghirigori. Ci avete aggrediti senza esser stati provocati, di sorpresa, e questa è stata un’azione sporca. Perché lo avete fatto?
Sorrisi. — Perché era a portata di mano. Non sai come vanno queste cose? Avevamo un problema, e potevamo vederne la soluzione tecnica. Quando hai la tecnologia la usi, e noi eravamo in possesso di questa tecnologia. — Non parlai di come l’avevamo ottenuta, cosa che d’altronde era irrilevante. — Vedi, vecchio mio, voi avete di fronte ciò che noi chiamiamo un’offerta che non si può rifiutare. Il nostro Presidente dice al vostro quello che deve esser fatto. Voi ce lo lasciate fare. Dopodiché noi ce ne andiamo e tutto finisce lì.
Mi diede un’occhiata tagliente. — Non lo credi neppure tu?
Scossi le spalle. Ci conoscevamo l’un l’altro troppo bene per ignorare che né lui né io lo credevamo. I miei pensieri non dovevano andare al di là dei compiti che m’erano stati assegnati — ufficialmente — ma sapevo fin troppo bene che, una volta cominciata a usare la loro linea temporale per prenderci cura del nostro principale nemico, non era molto probabile che ce ne andassimo. Ci sarebbero stati sempre altri piccoli lavoretti per cui avremmo potuto sfruttarla.
Questo era però troppo lontano nel futuro perché stessi a preoccuparmene… anche se vedevo chiaramente che preoccupava l’altro me stesso, e non poco. Dissi: — Torniamo alla mia domanda. Il vostro Presidente darà retta al nostro senza recalcitrare? Nel nostro universo i Reagan e Jerry Brown non sono precisamente amiconi.
— Questo che c’entra? Lei farà quel che deve fare. Ha giurato di difendere e proteggere gli Stati Uniti…
— Sì. Ma quali? — chiesi io. — Il nostro Presidente ha fatto lo stesso giuramento, e non fa altro che mantenerlo. — Lo manteneva perché ci era costretto, quel pappamolla. Ma questo non lo dissi. — E il miglior modo che la vecchia Nancy ha di proteggere voialtri è di lasciarci fare quel che vogliamo. Hai un’idea dell’alternativa che ci lascereste? Noi abbiamo i muscoli! Volete forse che piazziamo un po’ di anthrax nella Casa Bianca? O Smallpox-B sopra Times Square? — La sua espressione mi fece ridere. — Che c’è, credevi che potessimo usare le bombe all’idrogeno? No, non vogliamo distruggere delle ottime proprietà immobiliari.
— Ma le armi biologiche sono… — S’interruppe, accigliato. Stava per dire che erano contro le leggi internazionali o qualcos’altro.
— Dopo il Salt Due — spiegai, — dovevamo fare qualcosa. Perciò abbiamo lavorato in altre direzioni.
— Cos’è il Salt Due? — chiese. Poi sbuffò: — No, all’inferno, non voglio lezioni di storia da te. Tutto quello che voglio è che ve ne torniate tutti quanti da dove siete venuti e ci lasciate in pace. E dubito che lo farete. Se ti interessa saperlo, voialtri mi date il voltastomaco.
Che razza di testardo era! Avrei potuto esser fiero di quel me stesso, se non fosse stato così irritante. — Dom! — esclamai. — Voi pure vi stavate preparando, in un modo o nell’altro… altrimenti perché lavoravate a questo progetto, qui alla Casa dei Gatti?
— Perché… — cominciò lui, e tacque. La sua espressione era già una risposta. Cambiò argomento: — Hai una sigaretta?
— Ho smesso — rivelai, soddisfatto.
Lui annuì con fare pensoso. — Non credevo che avrebbe funzionato sul serio — mormorò.
— Però ci stavi provando, ragazzo, no? Così dove sta la differenza? Noi non facciamo nulla che non avreste fatto anche voi, se aveste finito queste ricerche prima di noi.
— Questo… questo è da vedersi — disse. Onesto, da parte sua. Non aveva detto «Questo non è vero».
— Allora, vuoi darci una mano a convincere il tuo presidente?
Stavolta non ebbe esitazioni: — No.
— Neppure per salvare, forse, moltissime vite umane?
— No, neppure per questo. La resa è da escludersi, Dom… e non sono sicuro che pur di salvare la vita a pochi americani accetterei di veder uccidere qualche milione di russi.
Lo fissai stupefatto. Era mai possibile che io — in ogni incarnazione — fossi un tale sciocco smidollato? Ma lui non aveva l’aria di uno smidollato. Si appoggiò allo schienale della seggiola, scrutandomi, e d’un tratto parve più alto e più sicuro di sé. — Avanti, qual è la cosa che ti preoccupa, Dominic? — chiese.
— Che vuoi dire? — sbottai.
Lui enumerò i pensieri mentre gli venivano alla mente: — Mi sembra che ci sia qualcosa di cui non mi hai parlato, e che ti preoccupa. Forse posso indovinare cosa. O forse ne sono lontanissimo. Il motivo per cui sono stato chiamato qui è che c’era qualcun altro che annusava attorno. E apparentemente era a conoscenza di ciò che voi sareste venuti a fare. Se fossi al tuo posto credo che mi preoccuperei molto di lui. Chi è? Da dove viene? A cosa mira?
Avrei dovuto saperlo che era difficile tener segreto qualcosa a me stesso. Non ero mai stato un ingenuo, tantomeno nelle vesti di quel senatore. Aveva messo il dito proprio sulla piaga… o su una delle piaghe.
Dissi, sottovoce: — Viene da un tempo parallelo, Dom.
— Questo l’avevo capito anch’io — borbottò, impaziente. — Vi ha già fatto altre visite?
— No. Non esattamente. Non lui. — Ma non volevo parlargli dell’altro visitatore, quello che avevamo catturato e che ora sedeva in una tenda dall’altra parte del portale, sotto sorveglianza, arrovellato dal timore che i suoi potessero rintracciarlo e fargli pagare l’aiuto che ci aveva dato nella realizzazione del portale. — Comunque abbiamo avuto un visitatore. Forse più d’uno.
— Continua.
Dissi: — Hai mai sentito parlare del «rimbalzo»?
— Rimbalzo in che senso?
— Nel senso di «azione e reazione». Quando tu oltrepassi la pellicola, o qualsiasi altra cosa sia, che separa un universo dall’altro c’è una specie di effetto di conservazione della massa. Qualcosa se ne va, qualcosa deve prenderne il posto.
Si accigliò. — Vuoi dire che altre persone vengono spostate avanti e indietro?
— Non proprio persone. È complicato. Dipende dal tipo d’urto che questa pellicola subisce. Qualche volta è solo energia: luce, oppure onde sonore. Qualche volta masse d’aria trasportate avanti e indietro. O anche piccole cose… uccelli in volo, magari. E qualche volta è molto di più.
— E questo sta accadendo qui?
Di malavoglia ammisi: — Sembra di sì, Dom. E non solo qui.
Si alzò e andò a guardar fuori dalla finestra. Lo lasciai riflettere. Da sopra una spalla disse: — Ho l’impressione che voialtri abbiate trovato il modo di scoperchiare il vaso di Pandora, Dom. — Io non feci commenti. Si girò a guardarmi. — Vuoi procurarmi delle sigarette, per favore? — disse stizzosamente. — Questa faccenda è dura da prendersi con calma.
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