Sandia non poteva definirsi un’installazione segreta. C’erano gli impianti di ricerca sull’energia solare, visibili a chiunque: occupavano oltre la metà dei mille acri su cui si estendeva la Base. La sezione Armi Nucleari esisteva e non era un segreto… lo era solo ciò che accadeva nel suo interno. Il mondo intero sapeva che da lì uscivano bombe «pulite» e testate per missili autopilotati.
A parte questo, nessuno sapeva altro. O almeno, si supponeva che nessuno sapesse che a Sandia si facevano anche ricerche di un genere molto più pericoloso. C’era una piccola sezione che studiava le modifiche artificiali del clima, come un’arma con cui annientare l’agricoltura di un eventuale paese nemico. E un’altra esplorava le possibilità della guerra genetica. Geni e cromosomi. Gli agenti che cercavano di sviluppare non erano chimici o batteriologici, da seminarsi sul territorio. Erano distruttori selettivi del DNA. Il loro scopo avrebbe dovuto essere quello di far nascere in un paese nemico bambini deboli o idioti.
Io ero solito giustificare me stesso dicendomi che, per quanto mi apparisse disgustoso e immorale, sembrava che quelle ricerche non avrebbero mai approdato a risultati concreti.
Poi c’era la sezione Spionaggio-Psi. Perfino più abnorme, perfino più dubbia. All’interno dell’edificio della sezione Spionaggio-Psi tenevamo un gregge d’individui dei due sessi, una ventina in totale, fra gli otto e i diciotto anni, tutti quanti molto strani. Ciascuno di loro dichiarava di avere una speciale capacità. Ce n’erano alcuni con proprietà «extracorporee», che dicevano di poter lasciare il proprio corpo e trasferirsi in un altro, anche distante migliaia di miglia, per vedere e udire con occhi e orecchi altrui. Meraviglioso! Costoro avrebbero potuto scorrazzare in ogni base nemica e risucchiarne fuori tutti i segreti meglio custoditi! Alcuni di loro affermavano d’averlo già fatto, sebbene dovessimo ancora vederlo un segreto che ci servisse a qualcosa, o che — quanto a questo — potesse servire a chiunque altro.
L’intero carrozzone di queste ricerche mi trovava molto ma molto scettico. Parte del motivo era puro e semplice cinismo. I sedicenti individui Psi erano maledettamente «sedicenti», e avevano la noiosissima abitudine di barare sui test. Se venivano pescati con le mani nel sacco una volta si beccavano una punizione. Alla seconda venivano sbattuti fuori. E prima o poi tutti facevano quella fine. Questo però non scoraggiava il personale che mandava avanti la sezione Spionaggio-Psi. Appena decidevano che uno dei soggetti era un truffatore e lo toglievano di torno, i loro talent-scout ne trovavano un altro in qualche paesino sperduto dell’Idaho o dell’Alabama e ce lo rifilavano per esaminarlo… senza interruzione, fino alla nausea.
L’altra ragione per cui ero scettico non era di carattere cinico. Al contrario, era tale che gli altri membri del comitato mi tacciavano d’idealismo quando ne accennavo.
Non volevo credere che avessimo veramente dei nemici.
Oh, i giapponesi e i tedeschi, certo. Erano in effettiva competizione con noi, e i nostri industriali e uomini d’affari li odiavano come Catone aveva odiato Cartagine. Ci facevano una concorrenza feroce sul mercato internazionale, ma volevamo forse dichiarar loro guerra? Per «nemico» io posso intendere solo un sanguinario guerrafondaio, come lo erano stati Hitler e Stalin decenni addietro. Ma erano scomparsi… a dire il vero nel corpo diplomatico russo c’era un nipote di Stalin, con cui facevo qualche mano di poker quando me la sentivo di correre il rischio. Un gran bravo tipo. Nemici di quel genere, mortali e irriducibili, semplicemente non esistevano. Questo non era stato tanto per merito della nostra saggezza e tolleranza quanto per la fortuna, naturalmente: se qualche anno prima la Guerra Fredda fosse diventata di pochi gradi più calda, sarebbe accaduto qualcosa di brutto. Ma ci eravamo salvati quando i russi e i cinesi avevano deciso di dirimere le loro controversie con la Guerra dei 40 Minuti. S’erano fermati molto prima d’aver lanciato tutti i loro missili atomici, ma dopo quell’evento né gli uni né gli altri erano in grado d’essere più un nemico per chiunque. Il loro solo problema era adesso di trovar qualcuno disposto a prestargli qualche dollaro, per non cadere ancora più in basso.
Per tutte queste ragioni sarebbe potuto sembrare incomprensibile che noi del Comitato per gli Armamenti e Ricerche non avessimo mai cercato di tagliare i fondi a sezioni tipo quella dello Spionaggio-Psi. C’era però una serie di motivi. Il primo era che progetti del genere costavano talmente poco che la questione non si poneva. Dato che la politica di base degli U.S.A. era di mantenere forti capacità difensive — e col Presidente Reagan alla Casa Bianca non c’erano dubbi su questo — doveva esserci qualcosa di equivalente a Sandia in ogni modo. Se lo Spionaggio-Psi e la guerra genetica e la Casa dei Gatti erano un totale spreco di denaro (come avevo sempre pensato che fossero) la spesa complessiva era sempre così bassa che quasi non meritava una seduta per decidere di mettervi fine. La sezione Psi e la Casa dei Gatti, messe insieme, in un anno costavano meno che attrezzare un silos per un missile.
E se mai da una di quelle sezioni fosse venuta fuori l’effettiva possibilità di una nuova arma…
Be’, il potenziale sarebbe stato semplicemente enorme, in specie per quel che riguardava la Casa dei Gatti.
La Casa dei Gatti aveva preso il nome da una teoria chiamata il Gatto di Schroedinger. Cos’era il gatto di Schroedinger? Ebbene, disse il fisico che avevamo chiamato a farci una relazione, Schroedinger era quello che aveva scoperto una cosa chiamata «Meccanica dei quanta». Ah, certo, ma cos’era la meccanica dei quanta? Be’, disse il fisico, in pratica si trattava di un nuovo tipo di approccio alla struttura delle particelle atomiche. Quando lesse nelle espressioni degli uomini politici del Comitato che quella spiegazione non spiegava loro un bel niente, continuò col dire che Schroedinger aveva scoperto che l’energia, ad esempio, non scorreva in un flusso continuo e uniforme come l’acqua da un rubinetto (benché, si corresse, il flusso dell’acqua fosse uniforme solo in apparenza, in quanto era composto da molecole, atomi e altre particelle ancora più piccole). L’energia dunque non scorreva in un flusso, bensì in pacchetti d’onde chiamati quanta. Il quanta di luce era il fotone. Ebbene, noialtri senatori cominciammo a sentirci su un terreno un tantino più solido lì, perché chiunque aveva sentito parlare dei fotoni. Ma subito egli spazzò via i nostri sorrisetti d’assenso tirando in ballo i gatti. Cos’avevano a che fare i felini con quella faccenda? Be’, disse il fisico, si trattava di una specie di esperimento immaginario che Schroedinger aveva proposto: vedete, c’è quest’altra cosa chiamata il Principio d’Indeterminazione di Heisenberg. E che diavolo era, ma in parole povere, il Principio d’Indeterminazione di Heisenberg? Be’, disse lui, agitandosi a disagio sotto gli occhi di chi teneva i cordoni della borsa, questo era un po’ più complicato da spiegare…
Su questo aveva torto marcio. Non era per niente arduo da spiegare. Era soltanto arduo da capire. Comunque, a sentire Heisenberg, voi non potevate vedere insieme la posizione e il movimento di una particella. Potevate sapere dov’era, oppure dove stava andando. Non entrambe le cose contemporaneamente.
Peggio ancora, esistevano domande a cui non solo non potevate dare una risposta, ma a cui non c’era la risposta, e detto questo tornammo al gatto. Supponiamo, aveva proposto Schroedinger, che voi mettiate un gatto dentro una scatola. Supponiamo che voi mettiate insieme al gatto una particella radioattiva, la quale abbia esattamente una probabilità su due di scindersi. E supponiamo che nella scatola, col gatto e il radionucleo, ci mettiate un tubo del gas con un rubinetto a interruttore il quale si apra se la particella si scinde. A questo punto non vi resta che guardare la scatola chiusa dall’esterno e domandarvi se il gatto è vivo o è morto. Se la particella si è scissa è morto. Se non si è scissa il rubinetto del gas non si è aperto e il gatto è vivo.
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