«Riferisci che cosa ti ha detto Franken, quando gli hai parlato» suggerì Emmett.
Janas accese una sigaretta e, per qualche secondo, osservò i presenti.
«Franken ormai ha preso la sua decisione» disse lentamente. «Niente e nessuno potrà più fargli cambiare idea. Tutto qui.»
«Ha letto i vostri rapporti?» chiese uno degli uomini.
«No, li ha dati da leggere al suo segretario che dovrà poi riassumerglieli.»
«Milt Anchor?» chiese Syble Dian. Quando Janas accennò di sì, lei prosegui: «Anchor simpatizza per la Confederazione. Non farà mai niente perché Franken cambi idea.»
Molti dei presenti annuirono.
«Dunque, cosa si fa?» chiese Paul D’Lugan, spazientito.
Janas si voltò verso di lui, sapendo già che cosa avrebbe detto il giovane. Per qualche secondo, nessuno parlò.
«Lo sapete anche voi» disse D’Lugan. «Non abbiamo più scelta. Se vogliamo salvare la CNS, non ci resta che una via.»
Tacque, in attesa che qualcun altro la enunciasse.
«Io non la approvo» disse bruscamente Emmett.
«Nessuno la approva, Jarl» disse Janas. «Ma non possiamo continuare a girare attorno alla questione. D’Lugan propone di usare la forza contro il cittadino Franken.»
Un mormorio corse per la stanza.
«Vorrei prima accertare una cosa» disse Janas. «Qualcuno di voi ha un’idea migliore?»
D’Lugan sorrise.
«Non mi piace» riprese dopo un po’ Janas «non mi piace l’idea di fare irruzione con la forza nell’ufficio di Franken. Farò tutto il possibile per evitarlo, però se non c’è altro mezzo...» e lasciò la conclusione a metà.
«Sentite» propose Jarl Emmett. «Andiamocene tutti a casa e dormiamoci su. Ognuno di voi, intanto, ci ripensi, veda quali sono le alternative e le conseguenze eventuali. Cercate una soluzione migliore. Non prendiamo, stasera, decisioni drastiche. Domani sera torneremo a riunirci qui, alla stessa ora, per decidere. Ventiquattro ore in più non faranno molta differenza.»
Janas doveva ricordarsi, più tardi, di quelle parole, ma in quel momento provò soltanto un senso di sollievo. Un rinvio non risolveva niente, è vero, ma dava a tutti la possibilità di raccogliere le proprie idee e, forse, di trovare una soluzione migliore di una “congiura di palazzo” alla sede centrale della CNS.
D’Lugan insistette perché si prendesse una decisione immediatamente, facendo presente che c’era il rischio che Franken venisse a sapere ciò che complottavano e la facesse pagare cara a tutti. La maggioranza però decise diversamente e D’Lugan, pur protestando, fu costretto ad accettare.
Janas si fermò da Emmett, dopo che gli altri se ne furono andati. Sprofondato in poltrona, con un bicchiere in mano, ripeté l’avvertimento di D’Lugan.
«Ascoltami, Jarl» disse. «D’Lugan non è uno stupido. C’è il rischio che Franken venga a sapere della nostra riunione. Non puoi ignorare la possibilità che in seno al Comitato ci sia una spia.»
«Lo so» ammise Emmett. «Franken ha tentato più volte di controllarci, ammesso che sia lui a tenerci d’occhio.»
«E tu non credi che sia lui?»
«O lui, o Herrera.»
«È bene tenerci pronti ad agire» disse Janas. «Può darsi che Altho, o un altro al posto suo, tenti di forzarci la mano.»
«Ho un paio di progetti» disse Emmett «nel caso che dovessimo agire. Ne sono al corrente tutti, tranne te. Sono stati studiati in linea di massima da Paul, che, in questo genere di cose, è piuttosto abile.»
«L’avevo capito» disse Janas sorridendo. «Sono contento che sia dei nostri.»
«Qualche volta mi chiedo se è veramente con noi» rispose Emmett, con lo stesso sorriso. «Non che lo sospetti di essere lui la spia.»
«Lo so. Che cos’è che lo rende così spietato?»
«Non lo so esattamente» disse Emmett. «Non me l’ha mai detto, ma credo che su Antigone avesse dei parenti, il fratello, o i genitori. E poi la Confederazione, nel settantasette, gli ha fatto saltare la nave, e lui è convinto che non si sia trattato di un incidente fortuito.»
«Non è l’unico a pensarla così.»
«Lo so» rispose Emmett. «Comunque, lui ha accumulato dentro una carica di odio, ed è pronto a scaricarla su Altho.»
«Parlami di quei progetti» disse Janas, sedendosi più comodamente in poltrona e sorseggiando la bevanda.
Era molto tardi quando Janas, con la testa piena di idee, lasciò gli Emmett. Salì sull’overcab, dirigendosi verso la Residenza Ufficiali di Central.
A sette anni-luce e mezzo dalla Terra, in direzione della costellazione dell’Aquila, la battaglia infuriava. Le flotte della Confederazione aveva attaccato i ribelli ed erano state respinte.
La nave spaziale più poderosa che mai la Terra avesse lanciato nello spazio, la “Salamina”, colpita in più punti dal fuoco nemico, non aveva più a bordo un solo essere vivente. L’unità, però, possedeva ancora il suo cervello, il calcolatore elettronico che continuava imperterrito a dirigere il combattimento.
Gli schermi di protezione avvampavano e si spegnevano bruscamente, pronti a intercettare e a deviare i missili o le cariche di energia che, in caso contrario, avrebbero annientato la nave. La “Salamina”, a sua volta, rispondeva al fuoco, aprendo, per una frazione infinitesimale di secondo, gli schermi protettivi, per lasciare passare i missili e le salve di energia dei pezzi puntati contro il nemico.
Alla fine, l’inevitabile accadde. Circondata da un numero soverchiante di unità nemiche, la “Salamina” non fu più in grado di accumulare energia per i suoi schermi di forza, e questi, a un tratto, s’infiammarono. La “Salamina” arse tutta, come una piccola stella, illuminando per decine di chilometri lo spazio circostante. I più possenti schermi protettivi finora costruiti per un’astronave esplosero, e il muro saturo di energia concentrò tutta la sua potenza sulla “Salamina”.
La minuscola stella divenne sempre più vivida e in quel momento l’energia accumulata esplose, disperdendosi: la “Salamina” aveva cessato di esistere.
I ribelli salutarono l’esplosione con una grande ovazione. La nave più potente della Confederazione era stata distrutta. I ribelli ripartirono all’attacco. Le linee della Confederazione s’infransero e il grosso della flotta fece dietro-front, ripiegando in direzione della Terra.
I ribelli cominciarono l’inseguimento. La battaglia era finita e, davanti a loro, c’era la Terra.
A bordo della nave ammiraglia “Guadalcanal”, un incrociatore pesante da battaglia, il generale Henri Kantralas piangeva, non si sa se di tristezza o di gioia.
Robert Janas, tornato a casa dopo l’incontro dagli Emmett, non si addormentò subito. A poco a poco, controvoglia, era costretto a ammettere che, per i “cospiratori”, non restava via di scelta. Se tutti erano convinti che l’unica speranza di salvezza per la CNS era la neutralità, allora occorreva fare tutto il possibile per conservarla, anche a costo di usare la violenza contro la persona del presidente della Compagnia, Altho Franken, che era suo amico da decenni e decenni.
Era ancora buio, quando Janas si addormentò, ma l’alba non era lontana.
Il comandante spaziale si svegliò che l’ora di colazione era passata da un pezzo, e chiese al bar un succo di frutta e un caffè. Mentre aspettava di essere servito, guardava ancora una volta la cima brulla del Monte Union, triste ricordo della guerra nucleare, scatenata un millennio e mezzo prima. Quello spettro lo tormentava ancora. Oggi, però, tutto sarebbe stato diverso, perché da allora le cose erano molto cambiate. Gli uomini ormai possedevano gli schermi di protezione che deviavano il fuoco nucleare, e i cannoni a energia, con cui intercettavano i missili a centinaia di chilometri di distanza. Era vero, però, che le bombe erano spaventosamente più potenti di un tempo e che i cannoni a energia erano in grado di superare gli schermi di protezione, riducendo in cenere (com’era avvenuto per Antigone) interi pianeti. Con una sola bomba era possibile trasformare metà dell’altopiano del Colorado in un fiume di lava fusa.
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