Richard Meredith - Il cielo era pieno di navi

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Il cielo era pieno di navi: краткое содержание, описание и аннотация

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Che cosa bolle ai confini della Galassia? Si parla di stragi “locali” e rappresaglie “limitate” su lontani pianeti come Odino, Cassandra, Antigone; si dice che la Lega dei Mondi Indipendenti voglia ribellarsi al governo centrale terrestre; si teme una guerra totale. Ma il solo a sapere come stanno realmente le cose è il capitano Robert Janas, un neutrale, un uomo di buona volontà e di buon senso, dal cui rapporto dipende il destino di miliardi di uomini. E Janas, come spesso accade a chi dice semplicemente la verità, non trova nessuno disposto a credergli.

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«Riferisci che cosa ti ha detto Franken, quando gli hai parlato» suggerì Emmett.

Janas accese una sigaretta e, per qualche secondo, osservò i presenti.

«Franken ormai ha preso la sua decisione» disse lenta­mente. «Niente e nessuno potrà più fargli cambiare idea. Tutto qui.»

«Ha letto i vostri rappor­ti?» chiese uno degli uomini.

«No, li ha dati da leggere al suo segretario che dovrà poi riassumerglieli.»

«Milt Anchor?» chiese Syble Dian. Quando Janas ac­cennò di sì, lei prosegui: «Anchor simpatizza per la Con­federazione. Non farà mai niente perché Franken cambi idea.»

Molti dei presenti annuiro­no.

«Dunque, cosa si fa?» chiese Paul D’Lugan, spazienti­to.

Janas si voltò verso di lui, sapendo già che cosa avrebbe detto il giovane. Per qualche secondo, nessuno parlò.

«Lo sapete anche voi» disse D’Lugan. «Non abbia­mo più scelta. Se vogliamo salvare la CNS, non ci resta che una via.»

Tacque, in attesa che qual­cun altro la enunciasse.

«Io non la approvo» dis­se bruscamente Emmett.

«Nessuno la approva, Jarl» disse Janas. «Ma non pos­siamo continuare a girare at­torno alla questione. D’Lugan propone di usare la forza contro il cittadino Franken.»

Un mormorio corse per la stanza.

«Vorrei prima accertare una cosa» disse Janas. «Qual­cuno di voi ha un’idea miglio­re?»

D’Lugan sorrise.

«Non mi piace» riprese dopo un po’ Janas «non mi piace l’idea di fare irruzione con la forza nell’ufficio di Franken. Farò tutto il possibi­le per evitarlo, però se non c’è altro mezzo...» e lasciò la conclusione a metà.

«Sentite» propose Jarl Emmett. «Andiamocene tutti a casa e dormiamoci su. Ognu­no di voi, intanto, ci ripensi, veda quali sono le alternative e le conseguenze eventuali. Cer­cate una soluzione migliore. Non prendiamo, stasera, deci­sioni drastiche. Domani sera torneremo a riunirci qui, alla stessa ora, per decidere. Venti­quattro ore in più non faranno molta differenza.»

Janas doveva ricordarsi, più tardi, di quelle parole, ma in quel momento provò soltanto un senso di sollievo. Un rinvio non risolveva niente, è vero, ma dava a tutti la possibilità di raccogliere le proprie idee e, forse, di trovare una soluzione migliore di una “congiura di palazzo” alla sede centrale del­la CNS.

D’Lugan insistette perché si prendesse una decisione im­mediatamente, facendo pre­sente che c’era il rischio che Franken venisse a sapere ciò che complottavano e la facesse pagare cara a tutti. La maggio­ranza però decise diversamente e D’Lugan, pur protestando, fu costretto ad accettare.

Janas si fermò da Emmett, dopo che gli altri se ne furo­no andati. Sprofondato in pol­trona, con un bicchiere in mano, ripeté l’avvertimento di D’Lugan.

«Ascoltami, Jarl» disse. «D’Lugan non è uno stupido. C’è il rischio che Franken ven­ga a sapere della nostra riunio­ne. Non puoi ignorare la possi­bilità che in seno al Comitato ci sia una spia.»

«Lo so» ammise Em­mett. «Franken ha tentato più volte di controllarci, am­messo che sia lui a tenerci d’occhio.»

«E tu non credi che sia lui?»

«O lui, o Herrera.»

«È bene tenerci pronti ad agire» disse Janas. «Può darsi che Altho, o un altro al posto suo, tenti di forzarci la mano.»

«Ho un paio di progetti» disse Emmett «nel caso che dovessimo agire. Ne sono al corrente tutti, tranne te. Sono stati studiati in linea di massi­ma da Paul, che, in questo genere di cose, è piuttosto abile.»

«L’avevo capito» disse Janas sorridendo. «Sono con­tento che sia dei nostri.»

«Qualche volta mi chiedo se è veramente con noi» rispose Emmett, con lo stesso sorriso. «Non che lo sospetti di essere lui la spia.»

«Lo so. Che cos’è che lo rende così spietato?»

«Non lo so esattamente» disse Emmett. «Non me l’ha mai detto, ma credo che su Antigone avesse dei parenti, il fratello, o i genitori. E poi la Confederazione, nel settanta­sette, gli ha fatto saltare la nave, e lui è convinto che non si sia trattato di un incidente fortuito.»

«Non è l’unico a pensarla così.»

«Lo so» rispose Emmett. «Comunque, lui ha accumula­to dentro una carica di odio, ed è pronto a scaricarla su Altho.»

«Parlami di quei progetti» disse Janas, sedendosi più comodamente in poltrona e sorseggiando la bevanda.

Era molto tardi quando Ja­nas, con la testa piena di idee, lasciò gli Emmett. Salì sull’overcab, dirigendosi verso la Residenza Ufficiali di Central.

12

A sette anni-luce e mezzo dalla Terra, in direzione della costel­lazione dell’Aquila, la battaglia infuriava. Le flotte della Con­federazione aveva attaccato i ribelli ed erano state respinte.

La nave spaziale più podero­sa che mai la Terra avesse lanciato nello spazio, la “Salamina”, colpita in più punti dal fuoco nemico, non aveva più a bordo un solo essere vivente. L’unità, però, possedeva anco­ra il suo cervello, il calcolatore elettronico che continuava im­perterrito a dirigere il combat­timento.

Gli schermi di protezione avvampavano e si spegnevano bruscamente, pronti a intercet­tare e a deviare i missili o le cariche di energia che, in caso contrario, avrebbero annienta­to la nave. La “Salamina”, a sua volta, rispondeva al fuoco, aprendo, per una frazione infi­nitesimale di secondo, gli schermi protettivi, per lasciare passare i missili e le salve di energia dei pezzi puntati con­tro il nemico.

Alla fine, l’inevitabile accad­de. Circondata da un numero soverchiante di unità nemiche, la “Salamina” non fu più in grado di accumulare energia per i suoi schermi di forza, e questi, a un tratto, s’infiamma­rono. La “Salamina” arse tut­ta, come una piccola stella, illuminando per decine di chi­lometri lo spazio circostante. I più possenti schermi protettivi finora costruiti per un’astrona­ve esplosero, e il muro saturo di energia concentrò tutta la sua potenza sulla “Salamina”.

La minuscola stella divenne sempre più vivida e in quel momento l’energia accumulata esplose, disperdendosi: la “Sa­lamina” aveva cessato di esiste­re.

I ribelli salutarono l’esplo­sione con una grande ovazio­ne. La nave più potente della Confederazione era stata di­strutta. I ribelli ripartirono al­l’attacco. Le linee della Confe­derazione s’infransero e il gros­so della flotta fece dietro-front, ripiegando in direzione della Terra.

I ribelli cominciarono l’inse­guimento. La battaglia era fini­ta e, davanti a loro, c’era la Terra.

A bordo della nave ammira­glia “Guadalcanal”, un incro­ciatore pesante da battaglia, il generale Henri Kantralas pian­geva, non si sa se di tristezza o di gioia.

13

Robert Janas, tornato a casa dopo l’incontro dagli Emmett, non si addormentò subito. A poco a poco, controvoglia, era costretto a ammettere che, per i “cospiratori”, non restava via di scelta. Se tutti erano con­vinti che l’unica speranza di salvezza per la CNS era la neutralità, allora occorreva fa­re tutto il possibile per conser­varla, anche a costo di usare la violenza contro la persona del presidente della Compagnia, Altho Franken, che era suo amico da decenni e decenni.

Era ancora buio, quando Janas si addormentò, ma l’alba non era lontana.

Il comandante spaziale si svegliò che l’ora di colazione era passata da un pezzo, e chiese al bar un succo di frutta e un caffè. Mentre aspettava di essere servito, guardava ancora una volta la cima brulla del Monte Union, triste ricordo della guerra nucleare, scatena­ta un millennio e mezzo pri­ma. Quello spettro lo tormen­tava ancora. Oggi, però, tutto sarebbe stato diverso, perché da allora le cose erano molto cambiate. Gli uomini ormai possedevano gli schermi di protezione che deviavano il fuoco nucleare, e i cannoni a energia, con cui intercettavano i missili a centinaia di chilome­tri di distanza. Era vero, però, che le bombe erano spavento­samente più potenti di un tem­po e che i cannoni a energia erano in grado di superare gli schermi di protezione, ridu­cendo in cenere (com’era avve­nuto per Antigone) interi pia­neti. Con una sola bomba era possibile trasformare metà del­l’altopiano del Colorado in un fiume di lava fusa.

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