Richard C. Meredith
Il cielo era pieno di navi
I terminal lunari non gli erano mai apparsi tanto affollati, né la gente così tranquilla come quel giorno. Tutto, sulla Luna, appariva ancora normale; non c’era traccia di bombardamenti, e ogni cosa era a posto, dal personale della stazione alle installazioni automatiche. Si notava, è vero, un numero insolito di soldati, ma erano pochi quelli che si mescolavano alla folla formicolante e imbronciata. Quasi tutti se ne stavano silenziosi, armati, con indosso la divisa verde da combattimento della Confederazione, impassibili, addossati alle pareti.
La gente, invece... Sulle facce dei presenti si leggeva una paura che sfiorava il panico. Molti erano profughi, come, del resto, lo era anche lui, arrivato allora allora dallo spazio. Quella gente sapeva che cosa stava capitando “Lassù” e che cosa, tra poco, sarebbe avvenuto anche li, sulla Luna, e aveva paura.
Si voltò per dare un’occhiata al di là della cupola trasparente che ricopriva quel settore dell’immenso terminal lunare. Delle ombre, nitide e crude, tagliavano lo spazioporto, allungandosi, lentamente, impercettibilmente, a mano a mano che l’altra faccia del satellite ruotava verso il Sole. Là fuori, nel vuoto deserto della superficie lunare, illuminata dal Sole ancora violento del tardo pomeriggio, c’era l’astronave che l’aveva ricondotto da Odino sul satellite della Terra. Giaceva tranquilla e quieta, come un grosso bestione metallico scaraventato da un tremendo uragano su quella landa così poco accogliente, all’estremità meridionale del Mare Serenitatis, com’era impropriamente chiamato quel deserto. Si chiese se quel grosso animale si sarebbe ancora librato negli oceani dello spazio: aveva molti dubbi, in proposito.
Il comandante Robert L. Janas, della Compagnia di Navigazione Solare, comandante il capo del terminal di Odino della CNS, e in precedenza comandante della “President Regan” della stessa compagnia, terrestre di nascita ma spaziale di mestiere, alzò gli occhi al nero cielo lunare e osservò la mezza falce della Terra stagliarsi brillante, come un giocattolo dipinto, contro il velluto del cielo costellato di stelle.
“Finora era andata bene” pensò il comandante “ma addio fortuna, ormai.” Brontolò fra i denti una preghiera, o forse un’imprecazione, e nel momento in cui stava per voltarsi, fu attirato da un punto luminoso che saliva nel cielo. I punti in movimento, illuminati dal sole, affluirono uno dopo l’altro, divennero dozzine, formarono una flotta, anzi un’armata di astronavi, che affollavano il cielo lunare decollando da un punto remoto ai margini della piatta distesa del Mare Serenitatis. Lui conosceva quelle navi, una per una, ne sapeva i nomi, ne conosceva la destinazione. Un brivido gli corse lungo la schiena. Janas snocciolò quei nomi, mentre gli scafi salivano altissimi in cielo, si mettevano in orbita attorno alla Luna, in attesa di essere raggiunti dai compagni. Ecco, muovevano verso le stelle la “Maratona” e la “Belleau”, la “Bull Run” e la “Azincourt”, la “Salamina” e la “Argonne”, la “Pork Chop Hill” e la “Waterloo”, e tante altre unità dai nomi ugualmente famosi. Il fior fiore della flotta della Confederazione Terrestre, le più poderose navi da battaglia spaziali si levavano in volo dalla Luna. Tra breve, come sapeva Janas, sarebbero state raggiunte dalla flotta degli incrociatori della Confederazione, che in quel preciso momento salpava dagli altri aeroporti lunari: navi che portavano il nome di “North Carolina” e di “Revenge”, di “Victory” e di “Bismarck”, di “Royal William” e “Hood”, di “Yamato” e “Alabama”, e cento altre ancora.
Sarebbero entrate in orbita, tutte insieme, attorno alla Luna, per poi sciamare verso le stelle, dove in un punto perduto nello spazio nero, in un punto di un altro universo, era ad attenderle un’altra flotta, una flotta le cui navi portavano nomi altrettanto famosi, e che erano condotte da altri uomini come loro. Allora la battaglia avrebbe avuto inizio e la Grande Rivolta avrebbe toccato il culmine. E poi?
Janas distolse lo sguardo dal cielo, chiedendosi che cosa sarebbe avvenuto di lì a un mese. I terminal lunari sarebbero stati ancora in grado di funzionare? O meglio, ci sarebbero ancora stati i terminal? E la flotta? L’avrebbe rivista sciamare lassù, nel cielo nero? E la Terra? Sarebbe ancora apparsa, tra un mese, tutta verde e azzurra, oppure avvolta da una coltre desolata di fumo e di vapori?
Robert L. Janas, comandante della Compagnia di Navigazione Solare, nell’anno 979 della Confederazione, corrispondente al 3483 del vecchio calendario, era a metà della sua vita. Era un uomo alto, con la pelle color caffellatte, fatto piuttosto insolito per un uomo originario, come lui, dell’America del Nord. Da parte di madre, però, Janas discendeva dalle genti che abitano le pianure dell’Asia, e nelle vene gli scorreva un sangue vigoroso. La faccia angolosa, con i lineamenti duri, ricordava quella di un guerriero medioevale; poche donne lo giudicavano un bell’uomo, nessuna però lo considerava brutto. Aveva gli occhi scuri e profondi, gli occhi di un uomo abituato a scrutare nelle profondità infinite dello spazio, occhi da sognatore, in una faccia da guerriero: e forse per questo c’era qualcosa, nel suo aspetto, che faceva pensare ai guerrieri coperti di acciaio, ai castelli turriti e agli spadoni del Medio Evo. Nei capelli scuri si notavano delle striature di un grigio precoce, che lo facevano apparire più vecchio di quanto fosse. Quando camminava, zoppicava leggermente ma in modo evidente; una cicatrice e un trapianto al femore erano gli unici segni di uno scontro avuto su mondi lontani, in tempi così remoti che non se ne ricordava nemmeno più. L’uniforme azzurra e oro gli stava perfettamente e, per dirla in breve, il comandante Robert Janas era, dalla testa ai piedi, un comandante spaziale.
Quel giorno, però, nell’anno 979 CT, mentre dalla piattaforma lunare osservava le flotte della Confederazione puntare verso le stelle, Janas provava solo un senso di fredda apprensione. La fine era vicina, fra poco l’Imperium sarebbe crollato e l’umanità sarebbe ripiombata nel Medio Evo; eppure, non c’era niente da fare per impedire la catastrofe.
Janas si passò nella destra la borsa che reggeva colla sinistra, lasciò il ponte d’osservazione e si diresse verso il centro della grande cupola. Intorno alla sede del calcolatore riservato alla prenotazione posti, in quel momento insolitamente muto e inattivo, facevano cerchio, sul pavimento colorato, i lunghi tavoli degli uffici informazioni e prenotazioni. Al di sopra del calcolatore, su un piedestallo, spiccava il video 3D della TV e, all’interno della vasca tridimensionale, appariva, seduto dietro a un grosso tavolo, un giovanotto dall’aria simpatica. Aveva davanti a sé diversi fogli di carta che sfogliava nervosamente, mentre alle sue spalle, sulla parete, c’era una proiezione “Mercator” della Terra, contrassegnata dalle lettere intrecciate CT, simbolo della Confederazione. Il giovanotto stava parlando.
”...dopo settimane di discussioni. Il cittadino Herrera, Presidente della Confederazione, ha annunciato un’ora fa che il cittadino Altho Franken, presidente della Compagnia di Navigazione Solare, ha concesso l’uso delle navi della Compagnia e del relativo personale a difesa del territorio della Confederazione contro il ribelle Kantralas.”
La faccia del telecronista sparì dallo schermo, lasciando il posto alla figura dura e tarchiata del presidente della Confederazione Terrestre, il cittadino Jonal Constantine Herrera. Nell’angolo inferiore destro della vasca tridimensionale apparve la parola “registrazione”. Il personaggio cominciò a parlare: “Il nobile gesto del cittadino Altho Franken sarà ricordato a lungo dai popoli della Confederazione. La Compagnia di Navigazione Solare ha sempre mantenuto, come tutti sappiamo, una posizione di neutralità nei conflitti politici, e sono comprensibili, perciò, le esitazioni del cittadino Franken prima di infrangere una tradizione consacrata dal tempo. Ma il gesto del cittadino Franken è destinato a entrare nella storia, perché segnerà la svolta decisiva nella nostra lunga, aspra battaglia, diretta a mantenere l’integrità della Confederazione”.
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