Richard Meredith - Il cielo era pieno di navi

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Il cielo era pieno di navi: краткое содержание, описание и аннотация

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Che cosa bolle ai confini della Galassia? Si parla di stragi “locali” e rappresaglie “limitate” su lontani pianeti come Odino, Cassandra, Antigone; si dice che la Lega dei Mondi Indipendenti voglia ribellarsi al governo centrale terrestre; si teme una guerra totale. Ma il solo a sapere come stanno realmente le cose è il capitano Robert Janas, un neutrale, un uomo di buona volontà e di buon senso, dal cui rapporto dipende il destino di miliardi di uomini. E Janas, come spesso accade a chi dice semplicemente la verità, non trova nessuno disposto a credergli.

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«E l’altro rapporto, Bob?»

«Sì» disse Janas, dando un’occhiata alla borsa posata sulla sedia, vicino a lui. «Non cercherò nemmeno di dirvi co­me sono riuscito ad avere que­ste informazioni, né quanto mi siano costate. Ma ho la più assoluta certezza che rispondo­no a verità.»

«Di che si tratta?» chiese a un tratto Danser.

Janas diede un’occhiata allo sconosciuto che sedeva a qual­che tavolo dal loro. Si era portato la mano sinistra all’o­recchio e li fissava con aria perplessa. Janas sorrise tra sé e notò che anche Emmett sorri­deva.

«Una valutazione delle forze del generale Kantralas» rispose lentamente Janas, ri­volgendosi a Danser. «Il nu­mero di uomini, di navi, di armamenti di cui dispone. Con tutta probabilità, è l’informa­zione più accurata e precisa che abbiamo dello spazio esterno. Una parte del rapporto è costituita da uno “studio psicologico” di Kantralas e dei suoi luogotenenti. Le truppe di Kantralas, e credo che non sia un segreto per nessuno, sono tenute assieme soprattut­to dalla forza della sua perso­nalità. Nel suo esercito ci sono troppe forze in contrasto tra loro, individuali e nazionali, perché esso possa costituire un tutto omogeneo. L’unica cosa che li tiene uniti è la volontà di sconfiggere la Confederazio­ne.»

«Non è un segreto» disse Emmett. «Herrera non fa che gridarlo ai quattro venti.»

«Andate avanti, coman­dante» disse D’Lugan, accen­dendo la seconda sigaretta.

Janas accettò la sigaretta che gli offriva Danser, si acco­modò meglio sulla sedia, buttò giù un sorso di whisky e con­centrò l’attenzione sul palco­scenico illuminato, dove la danza diventava sempre più selvaggia e sfrenata. Rinni e Gray, probabilmente, erano stati su Odino o, per lo meno, avevano studiato le danze dei Paraseleni, perché c’era nello spettacolo qualcosa che ricor­dava Odino; nel complesso pe­rò la danza era artificiosa e non autentica. Quei due era­no senz’altro bravi, ma non erano Seleniti; e Janas provava quasi un senso di sollievo all’i­dea che non lo fossero. Si voltò verso i compagni.

«Seguono Kantralas» dis­se «perché è l’unico che sia abbastanza forte da tenerli uniti. Lo rispettano e sanno che nessuno di loro, da solo, è tanto forte da battere la Con­federazione, mentre credono che Kantralas possa farlo. Ma appena eliminata la Confedera­zione, il potere di Kantralas crollerà, e ciascuno dei satelliti sarà libero di fare quello che più gli piacerà. Carman Dubourg, per esempio, progetta di crearsi un impero personale nei mondi della Cintura. Issac Holzman vorrebbe isolare Krishna per far rivivere le antiche consuetudini della sua gente. Un’altra mezza dozzina di per­sone progetta di spadroneggia­re nella Nebulosa, la quale, da parte sua, non vuole saperne di loro. E così di seguito. C’è, indubbiamente, un’esigenza di giustizia in alcuni dei loro pro­positi, ma molti progetti sono soltanto dettati dalla sete del potere. Il mio rapporto, co­munque, è uno studio di ognu­no di questi uomini, o, per lo meno, di quelli che contano, e contiene un esame delle loro personalità, degli scopi che si prefiggono e uno schema pro­babile di quello che intendono fare, una volta che la Lega abbia sconfitto la Confede­razione. Se vincono, nonostan­te le buone intenzioni di uomi­ni come Kantralas e Holzman, questo braccio della Spirale sarà sconvolto da un lungo periodo di guerre civili, che si concluderanno soltanto quan­do uno di loro abbia sopraffat­to gli altri, o quando tutti si siano eliminati a vicenda.»

«È esattamente ciò che ripete Herrera» disse D’Lugan, freddo. «Ma allora voi siete d’accordo con lui?»

«No» rispose Janas, con lo stesso tono. «Sappiamo tutti che genere di pace vuole imporci Herrera. Se riesce a sconfiggere i ribelli e a mettere le mani sulla CNS, niente più lo fermerà. Herrera è un ditta­tore assetato di potenza, e il tipo di pace che progetta di dare alla Confederazione è peggiore, indubbiamente, di al­tri cento anni di guerre.»

Janas, per non pensare al peggio, si voltò verso la scena. La danza volgeva alla fine.

Stretti selvaggiamente uno all’altro, Rinni e Gray si stac­carono di scatto, e rimasero, per un secondo, a fissarsi, gli occhi negli occhi. Poi, con un solo gesto, la ragazza e il suo compagno si strapparono la fascia che indossavano, la but­tarono lontano. L’orchestra lanciò un ultimo acuto, poi tacque. Segui un momento di silenzio assoluto.

Rinni, lentamente, si piegò sulle ginocchia e si voltò verso Gray tendendogli le braccia. Quando il compagno le venne incontro e si chinò su di lei, le luci si spensero e il palcosceni­co spari nel buio.

«L’umanità è sconfitta» diceva Emmett, badando appe­na a ciò che avveniva sul palco. «Si approssima un’età di te­nebre, e l’intera Spirale sarà sommersa dalla barbarie. Ma qualcuno dovrà pur sopravvi­vere per continuare il cammi­no della civiltà. E soltanto la Compagnia di Navigazione So­lare può fare questo.»

«Jarl ha ragione» disse Janas. «Se leggerete questi rapporti, vi renderete conto che, indipendentemente da ciò che può fare o non può fare la CNS, esiste una sola possibili­tà. La Confederazione non è in grado di vincere questa guerra. Tra un mese, le forze ribelli saranno sulla Terra.»

6

La CT “Salamina”, che era alla testa dell’Armada proveniente dalla Terra, si trovava oltre Altair, a più di sette anni luce dal pianeta, quando avvistò una delle navi vedetta sfuggite al nemico, la CT “Pompey” che volava in direzione della Terra.

«La flotta ribelle è vicina» disse la “Pompey”, rispon­dendo alla domanda dell’Ar­mada. «È enorme. Non immaginavamo neppure che nella Galassia esistessero tante navi.»

La “Salamina” ricevette il messaggio, ordinò alla nave ve­detta di proseguire la corsa verso la Terra, immagazzinò l’informazione ricevuta nella memoria dei suoi calcolatori e prosegui la rotta, scandaglian­do senza posa nella grigia im­mensità, per cercare di indivi­duare le onde emanate dalle apparecchiature nucleari ed elettroniche del nemico.

Gli incrociatori pesanti da battaglia assunsero la forma­zione prevista, radunandosi al centro dell’Armada. Intorno ad essi sciamavano gli stormi dei caccia. Dietro a questo schermo di metallo e di paraglas, di carne e di ossa, avanza­vano le portaerei, con i portelli aperti, da cui, non appena Abli Juliene, il Grande Ammiraglio del Corpo di Spedizione della Confederazione Terrestre, avesse impartito l’ordine, sareb­bero scattati i caccia.

L’ordine finalmente arrivò. Uno dopo l’altro, due dozzine di caccia si levarono dalla por­taerei, lanciandosi in avanti a “tutta accelerazione” e spariro­no nel grigiore indistinto che avvolgeva le navi spaziali salpa­te dalla Terra.

Nonostante la Contra-Grav, il maggiore Evan Branchi, pi­lota della “Wanda Love” che guidava la “squadriglia inter­cettazione” CSCT, giacque, schiacciato dall’accelerazione, contro il seggiolino, quando i plasma jet del piccolo caccia ruggirono nel vuoto. Restava sveglio, nonostante la violenta accelerazione che rischiava di fargli perdere conoscenza, gra­zie ai farmaci che gli erano stati iniettati, e non perdeva di vista un secondo gli schermi e i comandi che si allineavano di fronte a lui, mentre osservava il cronometro che divorava i secondi.

“Ci siamo” pensava Bran­chi. “Sono qui. Non possono più essere lontani, ormai”.

Il cronometro scattò e un comando raggiunse i plasma jet che spingevano lo scafo nello spazio. I jet si spensero all’istante e la “Wanda Love”, a motori spenti, si tuffò in avanti. «Il comandante ai piloti» disse Branchi, al mi­crofono. «Ci siamo. Da que­sto momento in poi, silenzio radio, a meno che ci attacchi­no. Appena avvistato qualcosa, avvertire la flotta. Non entrare in comunicazione con me.»

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