«E l’altro rapporto, Bob?»
«Sì» disse Janas, dando un’occhiata alla borsa posata sulla sedia, vicino a lui. «Non cercherò nemmeno di dirvi come sono riuscito ad avere queste informazioni, né quanto mi siano costate. Ma ho la più assoluta certezza che rispondono a verità.»
«Di che si tratta?» chiese a un tratto Danser.
Janas diede un’occhiata allo sconosciuto che sedeva a qualche tavolo dal loro. Si era portato la mano sinistra all’orecchio e li fissava con aria perplessa. Janas sorrise tra sé e notò che anche Emmett sorrideva.
«Una valutazione delle forze del generale Kantralas» rispose lentamente Janas, rivolgendosi a Danser. «Il numero di uomini, di navi, di armamenti di cui dispone. Con tutta probabilità, è l’informazione più accurata e precisa che abbiamo dello spazio esterno. Una parte del rapporto è costituita da uno “studio psicologico” di Kantralas e dei suoi luogotenenti. Le truppe di Kantralas, e credo che non sia un segreto per nessuno, sono tenute assieme soprattutto dalla forza della sua personalità. Nel suo esercito ci sono troppe forze in contrasto tra loro, individuali e nazionali, perché esso possa costituire un tutto omogeneo. L’unica cosa che li tiene uniti è la volontà di sconfiggere la Confederazione.»
«Non è un segreto» disse Emmett. «Herrera non fa che gridarlo ai quattro venti.»
«Andate avanti, comandante» disse D’Lugan, accendendo la seconda sigaretta.
Janas accettò la sigaretta che gli offriva Danser, si accomodò meglio sulla sedia, buttò giù un sorso di whisky e concentrò l’attenzione sul palcoscenico illuminato, dove la danza diventava sempre più selvaggia e sfrenata. Rinni e Gray, probabilmente, erano stati su Odino o, per lo meno, avevano studiato le danze dei Paraseleni, perché c’era nello spettacolo qualcosa che ricordava Odino; nel complesso però la danza era artificiosa e non autentica. Quei due erano senz’altro bravi, ma non erano Seleniti; e Janas provava quasi un senso di sollievo all’idea che non lo fossero. Si voltò verso i compagni.
«Seguono Kantralas» disse «perché è l’unico che sia abbastanza forte da tenerli uniti. Lo rispettano e sanno che nessuno di loro, da solo, è tanto forte da battere la Confederazione, mentre credono che Kantralas possa farlo. Ma appena eliminata la Confederazione, il potere di Kantralas crollerà, e ciascuno dei satelliti sarà libero di fare quello che più gli piacerà. Carman Dubourg, per esempio, progetta di crearsi un impero personale nei mondi della Cintura. Issac Holzman vorrebbe isolare Krishna per far rivivere le antiche consuetudini della sua gente. Un’altra mezza dozzina di persone progetta di spadroneggiare nella Nebulosa, la quale, da parte sua, non vuole saperne di loro. E così di seguito. C’è, indubbiamente, un’esigenza di giustizia in alcuni dei loro propositi, ma molti progetti sono soltanto dettati dalla sete del potere. Il mio rapporto, comunque, è uno studio di ognuno di questi uomini, o, per lo meno, di quelli che contano, e contiene un esame delle loro personalità, degli scopi che si prefiggono e uno schema probabile di quello che intendono fare, una volta che la Lega abbia sconfitto la Confederazione. Se vincono, nonostante le buone intenzioni di uomini come Kantralas e Holzman, questo braccio della Spirale sarà sconvolto da un lungo periodo di guerre civili, che si concluderanno soltanto quando uno di loro abbia sopraffatto gli altri, o quando tutti si siano eliminati a vicenda.»
«È esattamente ciò che ripete Herrera» disse D’Lugan, freddo. «Ma allora voi siete d’accordo con lui?»
«No» rispose Janas, con lo stesso tono. «Sappiamo tutti che genere di pace vuole imporci Herrera. Se riesce a sconfiggere i ribelli e a mettere le mani sulla CNS, niente più lo fermerà. Herrera è un dittatore assetato di potenza, e il tipo di pace che progetta di dare alla Confederazione è peggiore, indubbiamente, di altri cento anni di guerre.»
Janas, per non pensare al peggio, si voltò verso la scena. La danza volgeva alla fine.
Stretti selvaggiamente uno all’altro, Rinni e Gray si staccarono di scatto, e rimasero, per un secondo, a fissarsi, gli occhi negli occhi. Poi, con un solo gesto, la ragazza e il suo compagno si strapparono la fascia che indossavano, la buttarono lontano. L’orchestra lanciò un ultimo acuto, poi tacque. Segui un momento di silenzio assoluto.
Rinni, lentamente, si piegò sulle ginocchia e si voltò verso Gray tendendogli le braccia. Quando il compagno le venne incontro e si chinò su di lei, le luci si spensero e il palcoscenico spari nel buio.
«L’umanità è sconfitta» diceva Emmett, badando appena a ciò che avveniva sul palco. «Si approssima un’età di tenebre, e l’intera Spirale sarà sommersa dalla barbarie. Ma qualcuno dovrà pur sopravvivere per continuare il cammino della civiltà. E soltanto la Compagnia di Navigazione Solare può fare questo.»
«Jarl ha ragione» disse Janas. «Se leggerete questi rapporti, vi renderete conto che, indipendentemente da ciò che può fare o non può fare la CNS, esiste una sola possibilità. La Confederazione non è in grado di vincere questa guerra. Tra un mese, le forze ribelli saranno sulla Terra.»
La CT “Salamina”, che era alla testa dell’Armada proveniente dalla Terra, si trovava oltre Altair, a più di sette anni luce dal pianeta, quando avvistò una delle navi vedetta sfuggite al nemico, la CT “Pompey” che volava in direzione della Terra.
«La flotta ribelle è vicina» disse la “Pompey”, rispondendo alla domanda dell’Armada. «È enorme. Non immaginavamo neppure che nella Galassia esistessero tante navi.»
La “Salamina” ricevette il messaggio, ordinò alla nave vedetta di proseguire la corsa verso la Terra, immagazzinò l’informazione ricevuta nella memoria dei suoi calcolatori e prosegui la rotta, scandagliando senza posa nella grigia immensità, per cercare di individuare le onde emanate dalle apparecchiature nucleari ed elettroniche del nemico.
Gli incrociatori pesanti da battaglia assunsero la formazione prevista, radunandosi al centro dell’Armada. Intorno ad essi sciamavano gli stormi dei caccia. Dietro a questo schermo di metallo e di paraglas, di carne e di ossa, avanzavano le portaerei, con i portelli aperti, da cui, non appena Abli Juliene, il Grande Ammiraglio del Corpo di Spedizione della Confederazione Terrestre, avesse impartito l’ordine, sarebbero scattati i caccia.
L’ordine finalmente arrivò. Uno dopo l’altro, due dozzine di caccia si levarono dalla portaerei, lanciandosi in avanti a “tutta accelerazione” e sparirono nel grigiore indistinto che avvolgeva le navi spaziali salpate dalla Terra.
Nonostante la Contra-Grav, il maggiore Evan Branchi, pilota della “Wanda Love” che guidava la “squadriglia intercettazione” CSCT, giacque, schiacciato dall’accelerazione, contro il seggiolino, quando i plasma jet del piccolo caccia ruggirono nel vuoto. Restava sveglio, nonostante la violenta accelerazione che rischiava di fargli perdere conoscenza, grazie ai farmaci che gli erano stati iniettati, e non perdeva di vista un secondo gli schermi e i comandi che si allineavano di fronte a lui, mentre osservava il cronometro che divorava i secondi.
“Ci siamo” pensava Branchi. “Sono qui. Non possono più essere lontani, ormai”.
Il cronometro scattò e un comando raggiunse i plasma jet che spingevano lo scafo nello spazio. I jet si spensero all’istante e la “Wanda Love”, a motori spenti, si tuffò in avanti. «Il comandante ai piloti» disse Branchi, al microfono. «Ci siamo. Da questo momento in poi, silenzio radio, a meno che ci attacchino. Appena avvistato qualcosa, avvertire la flotta. Non entrare in comunicazione con me.»
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