Central sorgeva sull’antico altopiano del Colorado, ed era arroccata a 1980 metri sul livello del mare, in mezzo a regioni che un tempo erano state deserti spazzati dal vento, circondati da grandi pianure erbose e da foreste di pini, ridotte in ceneri dalla grande esplosione atomica, avvenuta prima che la CNS esistesse. Central era cresciuta a poco a poco, orgogliosamente, via via che le sue astronavi sciamavano dalla Terra in cerca di nuovi mondi intatti, sparsi nell’universo. Era vecchia ormai, Central, simile a una torreggiante sequoia, ma era ancora piena di orgoglio e di vigore, ed era ancora la sede a cui facevano capo le astronavi che si spingevano nell’universo percorrendo distanze interminabili.
Janas si diresse a nord, lungo la China Valley, dove si trovava ancora la sede dell’Accademia, in quell’agglomerato di case vecchie di settecento anni, e dove venivano addestrati i giovani destinati a diventare gli ufficiali delle astronavi della CNS. Durante il tragitto gli tornavano in mente gli anni della giovinezza, quando anche lui, un giovane allora pieno di speranze, aveva imparato il mestiere tra quelle mura. Ricordava perfettamente quei giorni e gli uomini che erano stati suoi maestri, e più di tutti ricordava il figlio minore di Graham Franken, che era allora il presidente della CNS. Anche Altho Franken, come Janas, aveva sognato la gloria, ma i suoi sogni erano sempre stati ben più ambiziosi di quelli del giovane Robert Janas, che sperava soltanto di ottenere un giorno il comando di una grande nave stellare. Altho Franken, invece, al pari dei suoi tre fratelli maggiori, sognava di diventare presidente della Compagnia di Navigazione Solare. “I nostri sogni si sono avverati” pensò Janas. “E ora?”
L’overcar scivolò lungo la serie di edifici allineati e attraversò le grandi piste su cui era posata la squadriglia delle navi da addestramento. Janas compi un giro verso sud, dov’era il complesso maggiore di Central e dove, al tavolo della presidenza della CNS, Altho Franken prendeva decisioni capaci di determinare il futuro dell’umanità nel prossimo millennio.
Janas infilò l’overcar in un parcheggio nei pressi dell’edificio più imponente e più nuovo di Central, poi scese di macchina e si fermò un istante ad ammirare quella mole enorme. L’immenso palazzo non era soltanto la sede della presidenza della CNS, e cioè della società più potente di quella fetta di Galassia, ma era anche un monumento alla memoria del padre di Altho, perché quell’edifico era stato il sogno degli ultimi anni di Graham Franken. Eppure Robert Janas, mentre lo ammirava, ritto in mezzo al parcheggio, trovava che quella mole aveva qualcosa di vacuo e di accademico. “Forse perché il prossimo anno non ci sarà più” pensava Janas. “Anzi, rischia di non arrivare neppure alla fine dell’inverno.”
Un secondo overcar s’infilò nel parcheggio. Il guidatore, però, anziché scendere, rimase a bordo, a guardare nel vuoto, benché Janas avesse l’impressione che lo sconosciuto lo tenesse d’occhio.
Sforzandosi di scacciare un vago senso di apprensione, Janas lasciò il parcheggio e si diresse verso il “Graham Franken”. La borsa gli pesava in mano e un’improvvisa ventata fredda gli scompigliò i capelli.
Janas entrò nel palazzo e attraversò l’ingresso imponente, decorato dal famoso affresco che celebrava la storia della CNS, dai primi tempi, quando era ancora la modesta Compagnia Planetaria Trasporti e Miniere, fino al giorno d’oggi, quando le sue navi spaziali viaggiavano per l’intera Confederazione e oltre. Janas diede appena un’occhiata all’opera, attraversò l’atrio, si diresse verso le scale mobili e sparì dietro l’affresco. Arrivato al quinto piano, prese l’ascensore a gravità, salì fino in cima, usci dall’ascensore, e attraversò la grande sala, dirigendosi verso la fila degli impiegati pronti a ricevere il pubblico.
«Desiderate, comandante?» chiese la ragazza dietro il tavolo.
«Vorrei parlare al cittadino Franken» dichiarò semplicemente Janas.
«Quale cittadino Franken?» chiese la ragazza, sorridendo.
«Il cittadino Altho Franken.»
«Avete un appuntamento, comandante?»
«No.»
«Posso chiedervi che cosa desiderate dal cittadino Franken, comandante?»
«Sono Robert Janas. Il cittadino Franken sa di che si tratta.»
«Il cittadino Franken è molto occupato» ripeté meccanicamente la ragazza. «Per parlargli occorre fissare un appuntamento in anticipo. Qualcun altro vi potrebbe essere utile?»
«No» disse Janas, deciso. «Informatelo che sono arrivato: credo che mi riceverà.»
«Accomodatevi, comandante. Vi richiamerò.»
Janas sorrise e andò a sedersi in una poltrona li vicino, a pochi metri dal tavolo.
La ragazza chiamò qualcuno all’apparecchio e pochi secondi dopo cominciò a parlare con qualche intermediario della lunga catena che stava tra lei e l’uomo che reggeva la Compagnia di Navigazione Solare.
Janas non riusciva a sentire quel che diceva la ragazza, ma vedeva le labbra di lei che si muovevano. Ora, in tutti quegli anni in cui era stato alla testa di altri uomini, Janas aveva imparato a decifrare i movimenti delle labbra.
«C’è qui il comandante Robert Janas che vuol parlare al cittadino Altho Franken» dicevano le labbra della ragazza. «No, non ha un appuntamento. Non lo so. Non ha voluto dirmelo.» Per un secondo le labbra non si mossero. «Sì, signora. Comandante Robert Janas. Alto, bruno, piuttosto bello.» Janas sorrise tra sé. «Non ne sono sicura. Direi un centinaio. Va bene. Sì, signora.»
La ragazza guardò Janas e gli sorrise, ma non disse nulla. Janas rispose al sorriso della ragazza, che si chinò sulle sue carte, mostrando di occuparsi d’altro.
Altre due persone, nel frattempo, si erano rivolte a lei, per chiedere di parlare con qualche personalità della CNS, quando, a un tratto, una spia luminosa si accese.
«Maura» disse la ragazza, rispondendo alla chiamata. «Si signora, senz’altro.»
La ragazza si alzò, voltandosi verso Janas. «Comandante Janas» disse. «Il cittadino Franken vi riceve. Vogliate seguirmi.»
Qualcuno dei presenti si voltò a guardare chi era quel tipo che veniva ricevuto dal cittadino Altho Franken, senza aver fissato un appuntamento qualche settimana prima e il nome Janas parve far venire in mente qualcosa ai presenti.
La ragazza accompagnò Janas fuori dalla sala, lungo un corridoio interminabile. Per due volte fu sul punto di dire qualcosa, ma tutte e due le volte cambiò idea, preferendo tacere. Janas si stava ancora chiedendo perché, quando arrivarono davanti a un tavolo dove sedeva un giovanotto bruno, vestito alla vecchia moda.
«Il comandante Robert Janas chiede di vedere il cittadino Franken» disse la ragazza al giovanotto, che nel frattempo si era alzato.
«Grazie, Maura. Molto lieto, comandante» disse il giovanotto, tendendogli la mano. «Sono Milton Anchor, segretario personale del cittadino Franken. Il cittadino Franken vi aspetta. Vogliate accomodarvi.»
Janas lo ringraziò, attraversò l’ufficio e si fermò davanti a due imponenti battenti di legno, aspettando che Anchor avvertisse Franken e poi premesse il pulsante che comandava l’apertura della porta. Aitilo Franken, in fondo al vastissimo, lussuoso ufficio, si alzò per salutarlo.
«Bob» disse Franken. «Come sono contento di rivederti!»
«Anch’io, Al» disse Janas.
«Accomodati» e Franken gli indicò una sedia accanto all’immenso tavolo. «Qualcosa da bere? Un sigaro?»
«No, grazie» disse Janas, sedendosi e tirando fuori un pacchetto di sigarette.
«Quanto tempo è passato!» disse Franken, sedendosi a sua volta e versandosi da bere.
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