Richard Meredith - Il cielo era pieno di navi

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Il cielo era pieno di navi: краткое содержание, описание и аннотация

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Che cosa bolle ai confini della Galassia? Si parla di stragi “locali” e rappresaglie “limitate” su lontani pianeti come Odino, Cassandra, Antigone; si dice che la Lega dei Mondi Indipendenti voglia ribellarsi al governo centrale terrestre; si teme una guerra totale. Ma il solo a sapere come stanno realmente le cose è il capitano Robert Janas, un neutrale, un uomo di buona volontà e di buon senso, dal cui rapporto dipende il destino di miliardi di uomini. E Janas, come spesso accade a chi dice semplicemente la verità, non trova nessuno disposto a credergli.

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Central sorgeva sull’antico altopiano del Colorado, ed era arroccata a 1980 metri sul livello del mare, in mezzo a regioni che un tempo erano state deserti spazzati dal ven­to, circondati da grandi pianu­re erbose e da foreste di pini, ridotte in ceneri dalla grande esplosione atomica, avvenuta prima che la CNS esistesse. Central era cresciuta a poco a poco, orgogliosamente, via via che le sue astronavi sciamava­no dalla Terra in cerca di nuovi mondi intatti, sparsi nel­l’universo. Era vecchia ormai, Central, simile a una torreggiante sequoia, ma era ancora piena di orgoglio e di vigore, ed era ancora la sede a cui facevano capo le astronavi che si spingevano nell’universo per­correndo distanze interminabi­li.

Janas si diresse a nord, lun­go la China Valley, dove si trovava ancora la sede dell’Ac­cademia, in quell’agglomerato di case vecchie di settecento anni, e dove venivano adde­strati i giovani destinati a di­ventare gli ufficiali delle astro­navi della CNS. Durante il tragitto gli tornavano in mente gli anni della giovinezza, quan­do anche lui, un giovane allora pieno di speranze, aveva impa­rato il mestiere tra quelle mu­ra. Ricordava perfettamente quei giorni e gli uomini che erano stati suoi maestri, e più di tutti ricordava il figlio mi­nore di Graham Franken, che era allora il presidente della CNS. Anche Altho Franken, come Janas, aveva sognato la gloria, ma i suoi sogni erano sempre stati ben più ambiziosi di quelli del giovane Robert Janas, che sperava soltanto di ottenere un giorno il comando di una grande nave stellare. Altho Franken, invece, al pari dei suoi tre fratelli maggiori, sognava di diventare presidente della Compagnia di Naviga­zione Solare. “I nostri sogni si sono avverati” pensò Janas. “E ora?”

L’overcar scivolò lungo la serie di edifici allineati e attra­versò le grandi piste su cui era posata la squadriglia delle navi da addestramento. Janas com­pi un giro verso sud, dov’era il complesso maggiore di Central e dove, al tavolo della presi­denza della CNS, Altho Franken prendeva decisioni capaci di determinare il futuro del­l’umanità nel prossimo mil­lennio.

Janas infilò l’overcar in un parcheggio nei pressi dell’edifi­cio più imponente e più nuovo di Central, poi scese di macchi­na e si fermò un istante ad ammirare quella mole enorme. L’immenso palazzo non era soltanto la sede della presiden­za della CNS, e cioè della società più potente di quella fetta di Galassia, ma era anche un monumento alla memoria del padre di Altho, perché quell’edifico era stato il sogno degli ultimi anni di Graham Franken. Eppure Robert Ja­nas, mentre lo ammirava, ritto in mezzo al parcheggio, trova­va che quella mole aveva qual­cosa di vacuo e di accademico. “Forse perché il prossimo an­no non ci sarà più” pensava Janas. “Anzi, rischia di non arrivare neppure alla fine del­l’inverno.”

Un secondo overcar s’infilò nel parcheggio. Il guidatore, però, anziché scendere, rimase a bordo, a guardare nel vuoto, benché Janas avesse l’impres­sione che lo sconosciuto lo tenesse d’occhio.

Sforzandosi di scacciare un vago senso di apprensione, Ja­nas lasciò il parcheggio e si diresse verso il “Graham Franken”. La borsa gli pesava in mano e un’improvvisa ventata fredda gli scompigliò i capelli.

Janas entrò nel palazzo e attraversò l’ingresso imponen­te, decorato dal famoso affre­sco che celebrava la storia del­la CNS, dai primi tempi, quan­do era ancora la modesta Com­pagnia Planetaria Trasporti e Miniere, fino al giorno d’oggi, quando le sue navi spaziali viaggiavano per l’intera Confe­derazione e oltre. Janas diede appena un’occhiata all’opera, attraversò l’atrio, si diresse ver­so le scale mobili e sparì dietro l’affresco. Arrivato al quinto piano, prese l’ascensore a gra­vità, salì fino in cima, usci dall’ascensore, e attraversò la grande sala, dirigendosi verso la fila degli impiegati pronti a ricevere il pubblico.

«Desiderate, comandan­te?» chiese la ragazza dietro il tavolo.

«Vorrei parlare al cittadi­no Franken» dichiarò sempli­cemente Janas.

«Quale cittadino Fran­ken?» chiese la ragazza, sor­ridendo.

«Il cittadino Altho Fran­ken.»

«Avete un appuntamento, comandante?»

«No.»

«Posso chiedervi che cosa desiderate dal cittadino Fran­ken, comandante?»

«Sono Robert Janas. Il cittadino Franken sa di che si tratta.»

«Il cittadino Franken è molto occupato» ripeté mec­canicamente la ragazza. «Per parlargli occorre fissare un ap­puntamento in anticipo. Qual­cun altro vi potrebbe essere utile?»

«No» disse Janas, deciso. «Informatelo che sono arriva­to: credo che mi riceverà.»

«Accomodatevi, coman­dante. Vi richiamerò.»

Janas sorrise e andò a seder­si in una poltrona li vicino, a pochi metri dal tavolo.

La ragazza chiamò qualcuno all’apparecchio e pochi secon­di dopo cominciò a parlare con qualche intermediario del­la lunga catena che stava tra lei e l’uomo che reggeva la Com­pagnia di Navigazione Solare.

Janas non riusciva a sentire quel che diceva la ragazza, ma vedeva le labbra di lei che si muovevano. Ora, in tutti que­gli anni in cui era stato alla testa di altri uomini, Janas aveva imparato a decifrare i movimenti delle labbra.

«C’è qui il comandante Robert Janas che vuol parlare al cittadino Altho Franken» dicevano le labbra della ragaz­za. «No, non ha un appunta­mento. Non lo so. Non ha voluto dirmelo.» Per un se­condo le labbra non si mosse­ro. «Sì, signora. Comandante Robert Janas. Alto, bruno, piuttosto bello.» Janas sorrise tra sé. «Non ne sono sicura. Direi un centinaio. Va bene. Sì, signora.»

La ragazza guardò Janas e gli sorrise, ma non disse nulla. Janas rispose al sorriso della ragazza, che si chinò sulle sue carte, mostrando di occuparsi d’altro.

Altre due persone, nel frattempo, si erano rivolte a lei, per chiedere di parlare con qualche personalità della CNS, quando, a un tratto, una spia luminosa si accese.

«Maura» disse la ragazza, rispondendo alla chiamata. «Si signora, senz’altro.»

La ragazza si alzò, voltando­si verso Janas. «Comandante Janas» disse. «Il cittadino Franken vi riceve. Vogliate se­guirmi.»

Qualcuno dei presenti si vol­tò a guardare chi era quel tipo che veniva ricevuto dal cittadi­no Altho Franken, senza aver fissato un appuntamento qual­che settimana prima e il nome Janas parve far venire in mente qualcosa ai presenti.

La ragazza accompagnò Ja­nas fuori dalla sala, lungo un corridoio interminabile. Per due volte fu sul punto di dire qualcosa, ma tutte e due le volte cambiò idea, preferendo tacere. Janas si stava ancora chiedendo perché, quando ar­rivarono davanti a un tavolo dove sedeva un giovanotto bruno, vestito alla vecchia mo­da.

«Il comandante Robert Janas chiede di vedere il citta­dino Franken» disse la ragaz­za al giovanotto, che nel frattempo si era alzato.

«Grazie, Maura. Molto lie­to, comandante» disse il gio­vanotto, tendendogli la mano. «Sono Milton Anchor, segre­tario personale del cittadino Franken. Il cittadino Franken vi aspetta. Vogliate accomo­darvi.»

Janas lo ringraziò, attraver­sò l’ufficio e si fermò davanti a due imponenti battenti di le­gno, aspettando che Anchor avvertisse Franken e poi pre­messe il pulsante che coman­dava l’apertura della porta. Ai­tilo Franken, in fondo al va­stissimo, lussuoso ufficio, si alzò per salutarlo.

«Bob» disse Franken. «Come sono contento di rive­derti!»

«Anch’io, Al» disse Ja­nas.

«Accomodati» e Franken gli indicò una sedia accanto all’immenso tavolo. «Qualco­sa da bere? Un sigaro?»

«No, grazie» disse Janas, sedendosi e tirando fuori un pacchetto di sigarette.

«Quanto tempo è passa­to!» disse Franken, sedendo­si a sua volta e versandosi da bere.

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