Jack Williamson - Il figlio della notte

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Il figlio della notte: краткое содержание, описание и аннотация

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Il ritorno dalla Mongolia della spedizione del celebre professor Mondrick segnerà forse l’inizio di un’era nuova nella storia dell’umanità. Perchè in una certa cassa che gli esploratori portano dal deserto di Gobi sono contenute le prove di una guerra spietata e segreta, che si combatte da innumeri millenni. E il campo di battaglie è il subcosciente stesso della razza umana, dove il Maligno sembra sferrare i suoi colpi più mortali e insidiosi. Perchè il genere umano, ha scoperto Mondrick, è un ibrido: il sangue dell’Homo sapiens è, ormai, contaminato da quello dell’Homo lycanthropus, l’antichissima razza caina… Ma la scoperta di Mondrick esige le sue vittime e un orrendo pericolo minaccia di nuovo l’umanità. Le forze del male sono scatenate e gli angeli ribelli tentano ancora una volta di rialzare il capo. Metapsichica e psicocinesi sono le strane scienze a cui questo romanzo senza precedenti nella letteratura del “soprannaturale” sembra ispirarsi. E’ un romanzo che non si dimentica!

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«È il cagnolino di Pat», spiegò. «La bimba lo chiama Grillo.»

«Domani lo chiamerà in un altro modo», ringhiò la lupa.

«No, non il povero Grillo!», disse Barbee. «La piccola ne avrebbe un dolore immenso!»

Una porta a vetri si aprì e una specie di piumino da cipria si precipitò nel giardino abbaiando furiosamente. La lupa si ritrasse prontamente, e il cagno­lino balzò su Barbee. Questi cercò di respingerlo con una zampata, ma il cagnolino gli addentò la zampa. La trafittura di quei dentini acuti come spilli destò in lui un furore selvaggio, travolgente. Soffocando un ruggito, azzannò il morbido corpicino bianco e lo scrollò fino a quando non cessò di guaire. Poi lo gettò sul mucchio di sabbia, e si forbì con la lingua le zanne su cui erano rimasti alcuni fetidi peli canini.

La lupa bianca era scossa da un tremito: «Ignoravo l’esistenza di quel cane. Nora e la bambina erano fuori questa sera, quando sono venuta a vedere che cosa stesse facendo Sam, e probabilmente la bestiola era con loro. Non amo i cani... Aiutarono gli uomini a sconfiggerci, un tempo».

Balzò verso la porta sul retro della casa.

«Dobbiamo affrettarci ora, la notte sta finendo.»

Barbee cercò di non pensare che la piccola Pat si sarebbe disperata il giorno dopo.

«Perché, la luce del giorno è dannosa?»

«Me n’ero dimenticata: non dovrai mai cercare di trasformarti, alla luce del giorno, o lasciare che il giorno ti colga mutato. I raggi del sole sono mortali, nelle condizioni in cui siamo adesso. Ne parlai una volta a uno di noi, un fisico famoso. Ha una teoria in proposito che mi sembra molto convincente... ma non abbiamo tempo di parlarne ora. Dobbiamo cercare quella cassa.»

Con la zampa duttile e sottile dischiuse la porta, dalla quale aveva fatto irruzione poco prima il cagnolino, ed entrarono nell’atmosfera soffocante della casa. V’erano sentori di cibo, l’insopportabile odore di cane e l’acre pizzicore di un antisettico che Nora doveva avere sparso nella camera da bagno. E l’odore inconfondibile dei corpi umani.

S’udiva il ticchettio d’un orologio, dietro la porta semiaperta della cucina. Poi il motore del frigorifero si avviò all’improvviso, con uno scatto sonoro che li fece sobbalzare. Infine al loro udito finissimo si rese percettibile la respirazione pesante e regolare di Sam, quella più leggera di Nora, nella loro stanza. Pat si voltò nel suo lettino della nursery e mormorò nel sonno:

«Grillo, vieni qui subito!».

La lupa fece un balzo in avanti, e poi si volse verso il suo compagno, digri­gnando silenziosamente i denti in un sogghigno di soddisfazione.

«Quain dorme, dunque! Sfinito, immagino! Meno male che quel botolo rin­ghioso è stato ridotto al silenzio. Evidentemente, Quain contava su di lui, in caso di pericolo. Ora, la cassa! Deve essere nel suo studio.»

Barbee trotterellò verso la porta dello studio, attraverso la camera dove dormiva la bambina, che non si svegliò al silenzioso passaggio delle due om­bre ferine. Barbee si alzò sulle zampe posteriori, per tentare la maniglia della porta con le anteriori. La maniglia non cedette. Ricadde allora sulle quattro zampe e si volse a guardare incerto la lupa bianca.

«Vado a cercare le chiavi di Sam», propose. «Deve averle nella tasca dei...»

«Aspetta, sciocco!» Lui s’era già avviato verso la camera da letto e lei do­vette afferrarlo con le sue temibili zanne alla pelle del collo, per fermarlo. «Lo sveglieresti, o potresti camminare su qualche trappola. Le sue chiavi sono probabilmente protette da un anello d’argento, che ti avvelenerebbe al solo toccarlo. E poi chi sa quali altre armi Sam Quain può avere a portata di mano... relitti mortali dell’antichissima guerra che la nostra specie perdette contro l’uomo.»

«Ma come possiamo entrare senza chiavi?»

«Ora te lo mostrerò, ma prima devi sapere altre cose su questa nostra con­dizione di liberazione fisica, o finirai per ammazzarti senza accorgertene. Lo scienziato di cui ti ho parlato mi disse una volta che il legame fra mente e materia è la probabilità.»

Barbee ripensò alla lezione tenuta sull’argomento da Mondrick.

«Le creature vive», continuò, «sono più che semplice materia. La mente è un’entità autonoma, un campo di energia, creato dagli atomi e dagli elettroni del corpo in vibrazione, che domina le vibrazioni stesse attraverso il magneti­smo e la probabilità atomica. Questo campo di energia vivente è alimentato dal corpo, ed è parte del corpo, di solito. Quello scienziato tendeva a ritener­lo qualcosa di molto affine al concetto di anima. Ora, questo nodo di energia vitale è molto più vigoroso in noi che nella razza degli uomini autentici. Più fluido e meno subordinato al corpo materiale. Nello stato libero in cui ci troviamo in questo momento, noi semplicemente separiamo quel nucleo di energia vitale dal corpo e usiamo il circuito magnetico della probabilità per vincolarlo ad altri atomi, a piacere. Gli atomi dell’aria sono i più facili a controllarsi, perché l’ossigeno, l’azoto e il carbonio sono composti degli stes­si atomi che generano il campo magnetico dei nostri corpi. E ciò spieghereb­be i pericoli da cui dobbiamo guardarci.»

«L’argento? I raggi del sole? Non vedo colme...»

«Le vibrazioni della radiazione solare possono ledere il nucleo d’energia mentale, incidere sulle sue vibrazioni. La massa del corpo lo protegge, natu­ralmente, quando siamo nel nostro stato normale; ma la trasparenza dell’a­ria, quando siamo liberi, non può offrire il minimo riparo. Che la luce del sole non debba mai sorprenderti libero!»

«E l’argento?»

«Si tratta anche in questo caso di vibrazioni. Nessuna materia è per noi una vera barriera, quando siamo in queste condizioni libere. Ecco perché possia­mo fare a meno delle chiavi di Quain. Porte e pareti sembrano impenetrabili, lo so, ma il legno è composto principalmente di ossigeno e carbonio, e il campo magnetico della nostra mente può dominare gli atomi vibranti e pas­sarvi attraverso, come nell’aria. Possiamo utilizzare anche molte altre sostan­ze con un po’ più di sforzo. L’argento è l’eccezione mortale, come sanno bene i nostri nemici.»

«E come mai?»

«Ogni elemento ha frequenze differenti di vibrazioni elettroniche. E l’ar­gento ha il tipo di vibrazione che ci è deleterio, perché non ha circuito di probabilità. Le armi d’argento possono ucciderci, Will, non dimenticarlo!»

La lupa bianca stava ora completamente immobile, tendendo l’orecchio ai lievi rumori della casa, una zampa anteriore graziosamente alzata. Lui le si fece vicino.

«Non lo dimenticherò. Ma come si chiama lo scienziato tuo amico?»

«Geloso, Barbee?»

«No, ma voglio saperlo. E voglio anche sapere chi è questo Figlio della Notte.»

«Lo scoprirai da te, quando avrai superato le prove che ti attendono. E ora affrettiamoci, prima che Quain si svegli.»

Trotterellarono entrambi verso la porta chiusa dello studio. La lupa si volse a guardarlo: «Ora che sai molte cose, posso aiutarti a passare, attenuando le vibrazioni casuali degli elementi più pesanti che costituiscono il legno».

Gli occhi verdastri della lupa si fissarono sui pannelli inferiori della porta, e Barbee ricordò ancora una volta la lezione di Mondrick sulla probabilità. La materia non è che spazio vuoto: soltanto le collisioni casuali degli atomi vi­branti impedivano alla piccola lampada nera di cadere attraverso il piano apparentemente solido del tavolo. Nulla nell’universo è assoluto, solo le pro­babilità sono reali. E la mente è in grado di governare la probabilità.

Sotto il fuoco verde degli occhi della lupa, la metà inferiore della porta si dissolse in una nebbiosa irrealtà. Per un istante Barbee poté vedere i neri perni dei cardini e tutto il meccanismo della serratura come attraverso una radioscopia. Quindi anche il metallo si dissolse, e la sagoma snella della lupa scivolò silenziosamente attraverso la porta.

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