Frederik Pohl - Il lungo ritorno

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Sono gli Hakh’hli. Sono alieni. Si nutrono di carne umana. Il lungo viaggio nello spazio era alla fine. Sandy, l’umano cresciuto su un’astronave degli extraterrestri Hakh’hli, era pronto al ritorno sulla Terra. Gli alieni erano animati dalle migliori intenzioni.. Solo la scienza Hakh’hli poteva risolvere il problema di trasformare i pianeti. I terrestri avevano bisogno di quel contatto. Ma c’era da fidarsi?

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— Non sono affari suoi! — sbottò Sandy.

— Sandy, caro. Tutto quel che succede sono affari dell’InterSec. — Scosse il capo con fare sconsolato. Il suo volto aveva un’aria stanca e triste.

Sandy si sentì sciogliere il cuore in petto. — Oh, Marguery — piagnucolò. Allargò le braccia e la strinse a sé. Rimasero abbracciati per un po’, mentre Sandy continuava a piagnucolare… finché non si rese conto della piacevolissima sensazione tattile data dalla pelle femminile. Allora iniziarono a venirgli in mente diverse possibilità alquanto stimolanti, e la sua presa su di lei divenne più calda e affettuosa.

Marguery però lo allontanò subito da sé con un debole sorriso. — Non adesso, dolcezza. Sei troppo per me, lo sai? Mi hai quasi rovinata, prima.

Si girò dalla parte opposta per starnutire. — A dir la verità, Sandy — continuò con il tono di chi ha appena fatto una scoperta poco piacevole — non so il perché, ma credo di non sentirmi affatto bene.

Sandy notò con una certa apprensione che le labbra di Marguery erano gonfie. Si produsse in una smorfia, perplesso. Non si era aspettato una reazione del genere. Per quel che ne sapeva lui, gli hakh’hli si comportavano invariabilmente in maniera euforica nelle ore che seguivano il coito. Perché non era così anche per gli esseri umani? Era mai possibile che vi fosse tanta differenza? E se era così, se una simile reazione rappresentava la norma per gli esseri umani, allora perché diavolo lo facevano?

Marguery nel frattempo era tornata a indossare il suo costume da bagno e si stava avvolgendo i due asciugamani umidi attorno al corpo. Si accovacciò accanto alla stufa elettrica, ma continuava a tremare di freddo. Tentò di sorridere mentre si rivolgeva a Sandy. — Sai — disse — penso che sarebbe meglio andarcene da qui al più presto. Solo che questa è l’unica occasione che abbiamo per parlare un po’ in privato, e ci sono altre cose che voglio dirti.

Sandy sentì il cuore che gli sprofondava nel petto. — Altre cose? — domandò. Che altro poteva esserci, oltre alle terribili notizie che gli aveva appena comunicato?

— Oh, non su di te, dolcezza — gli disse Marguery nel tentativo di rassicurarlo almeno parzialmente. — Si tratta solo di alcune cose che gli hakh’hli non hanno voluto dirci e che non sappiamo bene come interpretare. Gli insetti, tanto per fare un esempio.

— Non so nulla a proposito di insetti — disse Sandy convinto.

Marguery spiegò. — Le squadre che stazionano in prossimità del modulo di atterraggio hanno catturato tre insetti di una specie sconosciuta. Anzi, secondo loro non si tratta nemmeno di insetti, da un punto di vista biologico. In ogni caso, gli entomologi dicono che non hanno nulla a che vedere con gli insetti terrestri. Inoltre, uno di questi insetti è stato visto uscire dalla navetta mentre vi era un hakh’hli sul portello.

— Che aspetto hanno? — domandò Sandy. Marguery si produsse in un gesto impaziente. — Sono grandi come il mio pollice — rispose. — E volano.

— Oh — disse Sandy rassicurato. — Scommetto che so di che si tratta. Sono solo api-falco. Del tutto inoffensive. Tranne per gli altri insetti, si intende. In effetti ne sono rimaste alcune intrappolate nel modulo di atterraggio, ma non avete nulla di cui preoccuparvi. Non c’era nessuna regina, erano solo maschi sterili.

Dapprincipio, Marguery non rispose nemmeno. Sandy la fissò con aria preoccupata. Stava respirando a fatica, e aveva gli occhi chiusi. Improvvisamente, senza nemmeno aprire gli occhi, emise una risatina. — Maschi sterili, eh? Non ti ricorda nulla?

Sandy si produsse in una smorfia. — Che cosa stai dicendo? — domandò serio. Ma Marguery non lo stava nemmeno ascoltando. Stava parlando. O almeno era convinta di parlare, poiché le sue labbra si muovevano e ne scaturiva un debole sussurro. Ciò nonostante, anche avvicinando l’orecchio buono a meno di un centimetro dalle sua labbra, Sandy non riusciva a discernere una sola parola coerente.

Sandy conosceva il significato della parola “delirio”. Era quello che succedeva alle persone che giacevano nei letti di ospedale mentre il poliziotto li pregava di riferirgli il nome del loro assalitore. Solo che non sapeva esattamente come bisognava comportarsi durante casi simili.

Di sicuro, Marguery andava portata al più presto da un medico, o in un ospedale. Ma come?

Non vi era telefono in quella stanza. Non vi era una porta o un passaggio che conducesse in superficie. E non vi era alcuna speranza che Marguery potesse condurli attraverso il passaggio subacqueo dal quale erano entrati… anche nel caso che avessero avuto ancora entrambe le bombole di ossigeno.

E ne avevano una sola.

Quando Sandy la toccò nuovamente, scoprì che Marguery aveva la pelle caldissima e che respirava con grande fatica. Come se non bastasse, uno dei suoi occhi si era aperto a metà. Solo che la pupilla rimaneva sotto la palpebra e si vedeva solo il bianco degli occhi, e di conseguenza sembrava come se fosse… come se fosse… L’unica parola che Sandy riuscì a trovare per descriverla era “morta”. E se non fosse stato per il fatto che Marguery continuava, per quanto a fatica, a respirare, Sandy avrebbe potuto anche credere che fosse proprio così.

Doveva assolutamente portarla fuori di lì al più presto!

Non vi erano dubbi in proposito. Marguery aveva bisogno di assistenza medica, e Sandy non era in grado di fornirgliela da solo.

Ma che cosa poteva fare con una sola bombola di ossigeno? Per non parlare del fatto che non sapeva nemmeno nuotare.

Era un’impresa impossibile. D’altra parte, doveva assolutamente farcela. Così, con gesti decisi, Sandy infilò la maschera sul volto della donna in stato di incoscienza e vi attaccò come meglio poteva il tubo dell’unica bombola piena rimasta. A quel punto chiuse gli occhi, tentando di visualizzare nella sua mente il percorso che avevano seguito per entrare. Giù per la scala a chiocciola. Poi attraverso il salone della banca con tutti gli sportelli fino alla porta girevole, e infine su fino alla superficie.

All’andata, non ci avevano impiegato più di cinque o dieci minuti. Solo che Marguery aveva fatto strada, e lei sapeva esattamente cosa fare e dove andare. Di conseguenza, lui avrebbe potuto impiegare anche fino a 15 minuti per uscire. Bene. Sandy sapeva di essere in grado di trattenere il fiato per circa tre minuti. Due e mezzo, per essere sicuri. Questo significava che avrebbe dovuto riempire i suoi polmoni di ossigeno almeno una mezza dozzina di volte nel corso del viaggio. Ce l’avrebbe fatta?

L’unico modo per scoprirlo era provandoci. Trattenendo il fiato, infilò una mano sotto la maschera che ricopriva il volto esangue di Marguery e la sfilò. Coprì la bocca e il naso di Marguery con la sua grande mano mentre buttava fuori tutta l’aria che poteva, quindi si coprì il volto con la maschera tenuta dall’altra mano e inspirò profondamente fino a riempirsi nuovamente i polmoni. Quindi, sistemò nuovamente la maschera sul volto di Marguery.

Si accovacciò a terra, scoraggiato. Non era affatto sicuro che sarebbe riuscito a impedire all’acqua salata di entrare nella bocca e nel naso di Marguery, ma questo era il meno. La cosa peggiore era che l’intero processo dello scambio di maschere era decisamente troppo lungo. In più, non poteva certo resistere così a lungo respirando solo una volta ogni due minuti e mezzo. Infine, avrebbe avuto bisogno di almeno quattro mani per portare a termine con successo una simile operazione; una serviva per tenere tappati la bocca e il naso di Marguery, una per premere la maschera contro il proprio volto, una per tenersi aggrappato a qualcosa e un’altra per trascinarsi dietro la stessa Marguery.

Era assolutamente impossibile. Non poteva funzionare. A meno che non avessero avuto due bombole…

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