Poco dopo Joe sospese la trasmissione.
«La cosa che più mi sorprende è la sbalorditiva somiglianza dei principi su cui si fonda la vita,» osservò McNeil. «Naturalmente i particolari sono molto diversi: gas invece di sangue, rend e cuore elettromagnetici, e così via. Ma la logica generale mi sembra la stessa.»
«E la logica con cui la Nuvola crea il suo cervello mi fa pensare a quando noi prepariamo i calcoli nella macchina elettronica,» disse Leicester.
«Lo hai notato, Chris? È come quando noi approntiamo un settore di calcolo.»
«Credo che le somiglianze siano reali. Ho sentito dire che l’articolazione del ginocchio di una mosca somiglia moltissimo alla nostra articolazione del ginocchio. E perchè? Proprio perchè c’è una maniera sola per costruire un’articolazione che funzioni. Allo stesso modo c’è una sola logica, una sola maniera di progettare il quadro generale dell’intelligenza.»
«Ma perchè ritieni che debba esserci una logica soltanto?» chiese McNeil a Kingsley.
«È difficile a spiegarsi: in questo mi avvicino al sentimento religioso. Noi sappiamo che l’universo possiede una fondazione strutturale interiore: questo scopriamo o cerchiamo di scoprire con la scienza. E quando ci riusciamo, eccoci inorgogliti, come se fosse l’universo a seguire la nostra logica. Mettiamo il carro avanti ai buoi. Non è l’universo che segue la nostra logica, siamo noi costruiti secondo la logica dell’universo. Da questo potremmo trarre una definizione dell’intelligenza: qualcosa che riflette la struttura fondamentale dell’universo. Questo facciamo noi, questo fa Joe, ecco perchè ci accorgiamo di aver tante cose in comune, ecco perchè possiamo discutere su una base comune, anche se nei particolari ci sono tante differenze. Tanto noi che Joe siamo fatti in una maniera in cui si riflette la struttura interiore dell’universo.»
«Quei bastardi dei politici cercano ancora di inserirsi. Accidenti, ora spengo le luci,» fece Leicester.
Andò fino al quadro delle luci che avvisavano le varie trasmissioni in arrivo. Tornò dopo un attimo ridendo a crepapelle.
«Bell’affare,» fece. «Mi ero dimenticato di chiudere la trasmissione sui dieci centimetri. Hanno sentito tutto quel che abbiamo detto: l’accenno di Alexis al Kremlino, la frase poco rispettosa di Chris. Chissà come sono arrabbiati. Comunque ormai è cotto il riso.»
Nessuno sapeva che fare. Alla fine Kingsley andò al quadro di controllo, toccò un certo numero di pulsanti e disse al microfono:
«Qui Nortonstowe. È Christopher Kingsley che parla. Se avete qualche messaggio, avanti.»
All’altoparlante si sentì una voce adirata.
«Ah, siete voi, Nortonstowe! Sono tre ore che cerchiamo di metterci in contatto.»
«Chi parla?»
«Grohmer, ministro della Difesa americana. Debbo dirle, signor Kingsley, che sono molto adirato. Attendo che lei mi spieghi la condotta offensiva di stasera.»
«Temo che dovrà aspettare ancora. Le do trenta secondi, e se i suoi discorsi non avranno assunto una forma ragionevole e coerente, stacco la comunicazione.»
La voce si fece più calma, ma più minacciosa.
«Signor Kingsley, ho già sentito parlare del suo contegno ostruzionistico e insopportabile, ma questa è la prima volta che ne faccio esperienza di persona. L’avverto che sarà anche l’ultima. Non esagero, le dico semplicemente che fra breve la trasferiremo da Nortonstowe. Lascio a lei immaginare dove la trasferiremo.»
«Temo che nei suoi programmi, signor Grohmer, lei abbia dimenticato di considerare attentamente un punto importantissimo.»
«Quale, se è lecito?»
«Che io posso cancellare dalla faccia della Terra tutto il continente americano. Se non mi crede domandi ai suoi astronomi cosa è accaduto alla Luna la sera del 7 agosto. Forse le piacerà sapere anche che mi occorrono meno di cinque minuti per attuare questa minaccia.»
Kingsley toccò ancora un gruppo di pulsanti e scomparvero le luci dal quadro di controllo. Marlowe era impallidito e qualche goccia di sudore gli si imperlava sulla fronte e sul labbro. «Chris, non hai fatto bene, non hai fatto bene,» diceva. Kingsley era sinceramente accorato.
«Mi dispiace, Geoff. Mentre parlavo non mi è venuto in mente che l’America è il tuo paese. Scusami e sappi che avrei detto la stessa cosa a Londra o a Mosca o a chiunque altro.»
Marlowe scosse il capo.
«Non mi hai capito, Chris. Non è perchè l’America sia il mio paese, e poi so che stavi bluffando. Mi preoccupa il fatto che le conseguenze del tuo bluff possono diventare pericolose.»
«Macchè: è una tempesta in un bicchier d’acqua, non devi darle troppa importanza. Ancora non hai abbandonato l’idea che i politici sono gente importante, perchè lo dicono i giornali. Forse anche loro si sono accorti che stavo bluffando, ma finchè c’è la possibilità che credano alla mia minaccia, si guarderanno dall’agire, vedrai.»
Ma questa volta Marlowe aveva ragione e Kingsley torto: lo dimostrarono i fatti seguenti.
Svegliarono Kingsley tre ore dopo.
«Scusa se ti sveglio, Chris, ma è accaduta una cosa importante,» disse Harry Leicester. Quando vide che Kingsley era abbastanza sveglio continuò:
«C’è una chiamata da Londra per Parkinson.»
«A quanto pare non perdono tempo.»
«Non possiamo lasciarli comunicare, vero? È un rischio troppo grosso.»
Kingsley tacque per qualche minuto, poi si decise.
«Credo che dobbiamo correrlo questo rischio, Harry. Però gli staremo vicini mentre parla, per esser certi che non faccia trapelare nulla. Il fatto è questo. Non dubito che la longa manus di Washington possa arrivare fino a Nortonstowe, ma nemmeno credo che il nostro governo sia disposto a farsi dare ordini sul suo territorio. Partiamo con un certo vantaggio: la comprensione della nostra gente. Se invece impediamo a Parkinson di rispondere, questo vantaggio è perduto. Andiamo da lui.»
Quando ebbero svegliato Parkinson e gli ebbero detto della chiamata, Kingsley fece:
«Guardi, Parkinson, le voglio parlar chiaro. Finora abbiamo giocato pulito. È vero che le abbiamo posto un sacco di condizioni venendo qua, e abbiamo voluto che fossero rispettate. Ma in cambio abbiamo dato ai vostri tutto l’aiuto possibile. È anche vero che qualche volta ci siamo sbagliati, ma ora è fin troppo chiara la ragione dei nostri errori. Gli americani hanno creato qualcosa di simile a Nortonstowe, ma lo hanno condotto alla maniera dei politici, non degli scienziati. Infatti lì hanno avuto minori informazioni che da Nortonstowe. Lei sa benissimo che, senza le nostre informazioni, la mortalità in questi ultimi mesi sarebbe stata molto più alta.»
«Dove volete arrivare, Kingsley?»
«Le voglio dimostrare che abbiamo giocato pulito, anche se a volte può esser parso il contrario. Abbiamo giocato pulito al punto di rivelare la natura vera della Nuvola, e di lasciar passare le notizie che da essa ci sono giunte. Insisto però a dire che non bisogna perdere tempo prezioso per le comunicazioni. Non possiamo attenderci che la Nuvola continui a chiacchierare all’infinito, e non sono disposto a sprecare il tempo che ci resta in chiacchiere politiche. Ci sono ancora molte cose che dobbiamo apprendere. Inoltre i politici hanno cominciato con le conferenze di Ginevra e con gli ordini del giorno, e non so come si comporterà la Nuvola. Non credo che voglia sprecar tempo a chiacchierare con questi idioti.»
«Mi lusinga la grande opinione che lei ha dei politici, ma, daccapo, non vedo dove vuole arrivare.»
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