A me non interessava affatto sapere con chi andava a rotolarsi fra i cespugli. Poggiai una mano su una spalla di Jimmy Rex — di fronte agli estranei aveva imparato a mostrarsi docile — e dissi: — Stavamo giusto per rientrare.
Lui annuì distrattamente, sbadigliò, si grattò il torace e spazzolò la camicia, ma i suoi occhi restarono fissi su di noi. — Ho notato che non perdi mai d’occhio il Piccolino, eh? — disse.
— Certo non posso lasciarlo avvicinare alla balaustra — borbottai. D’Agasto mi osservò come se avessi parlato in una lingua straniera.
— Per l’amor del cielo, è solo di un incidente che hai paura? Io sto parlando di un rapimento, un sequestro. — Il suo sorriso si allargò, facendosi ancor meno amichevole. — Hai un’idea di quel che vale il piccolo?
Se avessi conosciuto Dougie d’Agasto su un campo da tennis non avrei mai sospettato che non fosse solo un giovanotto brillante, sportivo e vivace, perché sapeva esibire allegria e buonumore. Ma bastava sentirlo aprir bocca per capire chi fosse, e la sua testa era sempre al lavoro su qualcosa di poco divertente.
Socchiuse le palpebre. — Cos’è che avete in totale, Jason? — ruminò, facendo il calcolo. — Diciotto isole galleggianti: questa è la Flotta di May, no? Alcune devono ancora ammortizzare le spese di costruzione, probabilmente, ma chiunque potrebbe pagarvele dieci milioni di dollari l’una. E questi sono soltanto spiccioli, perché quando la vecchia Appermoy tirerà le cuoia il bambino sarà il suo unico erede. Amico, tu hai fra le mani un miliardo di dollari! Che ne dici di mettermelo sull’aereo, quando me ne vado, e di non dire niente finché non sarò a San Francisco? Potremmo fare metà e metà in quest’affare!
Mi stava fissando negli occhi, così sbatté le palpebre, volse le spalle e se ne andò senza aspettare la risposta. Jimmy Rex lo guardava fra spaventato e affascinato. — Stava scherzando, vero, zio Jay? — chiese.
— Che domanda stupida! Si capisce che era uno scherzo! — Ma non lo era.
Quando tornammo sulla nostra isola galleggiante mi sentii meglio, e per prima cosa feci quattro chiacchiere con il capo del nostro apparato di sorveglianza. Da quel momento in poi ci fu sempre un uomo armato con Jimmy Rex, sia che fosse con me sia in compagnia dei suoi genitori.
Non cessai di preoccuparmi, anche se dopo un po’ la mia tensione si allentò. Per May e Jefferson Ormondo quello fu il miglior periodo della loro vita. Passeggiando sul ponte si tenevano sempre per mano. Devo ammettere che lui sapeva essere un buon marito, per quanto mancasse di ogni attrattiva, e avrebbe potuto essere anche un buon padre se Jimmy Rex fosse stato capace di comportarsi come un figlio.
Il denaro continuava ad affluire. Più carburanti producevamo, più la gente della terraferma se li divorava e ne chiedeva ancora. Non riuscivamo a produrre azoto abbastanza in fretta da esaudire le richieste di fertilizzanti, perciò il loro prezzo continuava a salire. Da tempo le nostre isole non erano più le sole a galleggiare sui mari, e ogni tanto ne incrociavamo una giapponese, o australiana. Ne costruimmo altre, ancora più grosse, e c’era sempre lavoro per tutte.
Quando Jimmy Rex ebbe compiuto tre anni ci trasferimmo sulla più moderna e grande che si fosse mai vista: tre milioni e ottocentomila tonnellate di stazza. Avremmo potuto mandare avanti una nazione con la sola energia elettrica che producevamo. Jefferson Ormondo la vide quand’era ancora in cantiere e volle lavorarci sopra per progettare le ultime rifiniture e la residenza principale. May lo incoraggiò a sbizzarrirsi pianificando in grande. E grande lo era… ma io non nascosi che m’ero sentito più felice sulla vecchia O.T. — Tu sei un sentimentale, Jason — mi rispose May. — E mi sei ancora più caro per questo. Ma la O.T. è soltanto un vecchio barcone… e piccolo, inoltre non ha neppure un maneggio decente per i cavalli!
Stava cercando di farmi ridere, sapeva bene che non ero mai montato a cavallo. — E allora vuoi venderla come ferrovecchio?
— No! — protestò appassionatamente. Poi, più calma: — Non voglio. Ma cosa possiamo farne, Jason? Il Golfo del Messico?
Ci avevo già pensato, ma era un’idea che non poteva funzionare. C’erano buoni posti nel Golfo per una piccola isola galleggiante, ma non mi sembrava che un vecchio scafo potesse cavarsela bene in una zona così soggetta al cattivo tempo. — Forse il Triangolo del Brasile — dissi. Fra la costa del Sud America e quella dell’Africa c’erano tratti di mare più che adatti. Ma come trasferirla laggiù? Naturalmente la vecchia O.T. non poteva passare da Panama, e sia attraverso gli Stretti di Magellano sia Capo Horn il mare burrascoso l’avrebbe forse fatta naufragare. — Penserò io a una qualche soluzione — dissi. E dopo un po’ ci arrivai: la vendetti a una società della vecchia Appermoy, la ex suocera di May, e loro la ormeggiarono in pianta stabile nello stretto a sud di Lahaina trasformandola in una stazione OTEC per la sorveglianza delle balene. Non trovai divertente trattare con la vecchia strega, ma lei ci fece un buon prezzo e mandò perfino a May un bel regalo di nozze… con un anno di ritardo, certo. Gentile come sempre May ne fu commossa al punto che si offrì di mandare Jimmy Rex a visitare la nonna, di tanto in tanto.
Ma io sentivo la mancanza di quel tozzo barcone. La nuova isola galleggiante non era soltanto più grossa, era anche meglio concepita. Montammo un nuovo sistema d’assorbimento per l’acqua fredda, con un singolo tubo lungo cinque chilometri e del diametro di sei metri. La larghezza della tubatura si adeguava meglio ai nostri scopi perché impediva che l’acqua si riscaldasse molto nel risalire. Naturalmente un po’ si riscaldava sempre. Nel tragitto verso l’alto i gas disciolti in essa ne espandevano la massa, il che contribuiva a raffreddarla, tuttavia dovemmo istallare valvole di sicurezza lungo la tubatura per impedire che col calare della pressione questi gas la facessero scoppiare. Inoltre quel dannato tubo era così lungo che si torceva come uno spaghetto bagnato, e per mantenerlo continuamente in posizione dovemmo far costruire un altro dei sommergibili da alta profondità che usavamo per cercare le correnti fredde. E dato che tiravamo in superficie un’enorme quantità di plancton ci trovammo ad essere seguiti da flottiglie di pescherecci coreani e peruviani. Io non invidiavo il pesce che indirettamente fornivamo loro, però ero stato più felice quando avevo potuto vedere l’orizzonte sgombro intorno a me.
May rideva nel sentirmi lamentare così. — Quello che non ti piace in realtà sono i cambiamenti — mi disse un giorno, fra ironica e intenerita. Eravamo su uno dei ponti di coperta inferiori, e Jimmy Rex fingeva di sparare ai delfini che venivano a giocare intorno allo scafo. Assorbivamo con potenza acqua caida di superficie, e avevo fatto istallare una rete anti-pesci sul tipo di quella usata dall’ammiraglia di Betsy; ma il fatto che questa emergesse sull’acqua di un paio di metri era un invito a nozze per i delfini, che la saltavano agevolmente.
— Penso che le cose dovrebbero andare meglio, e non solo cambiare — risposi.
Lei sospirò, tirando indietro Jimmy Rex dalla balaustra. — E così non vanno meglio?
— Alcune non proprio.
— Dimmene una!
Le indicai le acque dell’oceano al di là della rete protettiva. — Intorno alla vecchia O.T. non vedevamo mai galleggiare seppie morte.
— Jason, sii serio! Questo non è colpa della nostra isola. Ci sono pesci morti ovunque in questa zona del Pacifico… — Con la coda dell’occhio vide che il bambino s’era arrampicato sulla balaustra per sparare meglio con il suo fucile immaginario. — James Reginald Appermoy! — esclamò, seccata, e lo riagguantò giusto mentre era sul punto di precipitare in mare.
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