Arkadi Strugatzki - È difficile essere un dio

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È difficile essere un dio: краткое содержание, описание и аннотация

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La repressione impazza ad Arkanar, nel paesaggio si stagliano le forche.
Il Re ha messo al bando tutti gli intellettuali.
Gli studiosi inviati dal pianeta terra, ormai pacifico ed evoluto,  cercano di confondersi tra gli abitanti di Arkanar, studiano, osservano, trasmettono informazioni.
Intervenire? Creare forzatamente nuovi equilibri, nuove alleanze?
Funzionerebbe? Sarebbe giustificabile eticamente?
Com'è difficile essere un dio!

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Il dottor Budach era chiaramente affamatissimo. Ciononostante, rifiutò cortesemente ma decisamente tutti i piatti di carne e assaggiò solo le insalate, la pasta e i dessert. Bevve anche un bicchiere di vino di Estor e i suoi occhi ricominciarono a scintillare. Sulle sue guance si diffuse un colorito roseo. Rumata non riusciva a inghiottire neppure un boccone. Aveva ancora davanti agli occhi le torce fumanti; sentiva ancora l’odore della carne bruciata. Aveva un nodo alla gola. Così aspettò che il dottor Budach finisse di mangiare a sazietà, mentre lui, Rumata, appoggiato al davanzale, conversava gentilmente, evitando di disturbare l’ospite che si godeva il pranzo.

Lentamente, in città riprendeva la vita. Nelle strade tornava la gente, si sentivano voci sempre più alte, accompagnate dal battere dei martelli e dallo scricchiolio del legno: stavano abbattendo gli idoli di legno dai muri e dai tetti. Un negoziante calvo e grasso spingeva davanti a sé un carretto carico di barili di birra, per andare a venderla in piazza a due centesimi il boccale. La gente camminava sottobraccio, dandosi pacche amichevoli sulla schiena. Sotto il portale, dall’altra parte della strada, vide la sua spia e guardia del corpo che parlava con una donna magra. Sotto la finestra passavano dei carri pieni di roba. Sul momento Rumata non capì che cosa portassero; poi vide mani e piedi bluastri che sporgevano da sotto i mucchi di spazzatura. Si allontanò in fretta dalla finestra.

«La natura umana» disse Budach, masticando con gusto «è caratterizzata dall’abilità di adattarsi a tutto. Al mondo non esiste niente a cui l’uomo non possa adattarsi. I cani, i cavalli, non possiedono quest’abilità. Presumibilmente, quando Dio ha creato l’uomo ha considerato le sofferenze a cui sarebbe stato sottoposto nel mondo, e quindi l’ha dotato di una grandissima capacità di sopportazione.

Naturalmente è difficile dire se sia un bene o un male. Se l’uomo non fosse stato dotato di questo potenziale, allora tutti i buoni sarebbero morti da un pezzo, e sarebbero sopravvissuti solo i malvagi e i senza cuore. D’altro canto, la tolleranza e l’adattabilità rendono l’uomo una bestia ottusa, distinguibile dagli animali solo per la struttura fisica, inferiore perfino alle bestie più infime, come capacità di difendersi. E ogni giorno crescono gli esempi di orrore, di malvagità e di brutalità…»

Rumata guardò Kyra. Era seduta di fronte a Budach e ascoltava attentamente le sue parole, con la guancia appoggiata sulla mano. I suoi occhi erano pieni di dolore: si capiva quanto stava soffrendo per l’umanità.

«Probabilmente avete ragione, dottore» disse Rumata. «Ma prendete me, per esempio. Sono solo un nobile qualunque di alto lignaggio». Budach corrugò l’alta fronte e spalancò gli occhi stupito e divertito. «Amo le persone colte più di qualunque altra cosa: ammiro la loro nobiltà di spirito. Ma d’altra parte non riesco proprio a capire perché voi, che siete uomini di scienza e quindi i soli rappresentanti della vita intellettuale e della saggezza, restiate così passivi. Perché vi arrendete al disprezzo senza lottare, perché lasciate che vi gettino in prigione, perché accettate il vostro destino e vi fate bruciare sui roghi? Perché separate la vostra ragion d’essere, la ricerca della conoscenza, dalle necessità pratiche della vita, la lotta contro il male?»

Budach spinse indietro il piatto vuoto.

«Fate strane domande, Don Rumata. Stranamente, l’onorevole Don Hug, il ciambellano del duca, mi ha chiesto le stesse cose. Per caso vi conoscete? Sì, lo pensavo… Certo, la lotta contro il male! Ma che cosa si intende con questa parola?

Dopotutto, ognuno è libero di interpretare il concetto di male a suo modo. Per noi studiosi il male sta nell’ignoranza. La chiesa invece insegna che l’ignoranza è gioia, e che tutto il male viene dalla conoscenza. Per il contadino il male sta nelle tasse e nella siccità. Per il mercante di grano, però, la siccità è molto vantaggiosa. Gli schiavi vedono il male nella persona di un padrone ubriaco e senza cuore, mentre gli artigiani lo vedono personificato in un usuraio avaro. Ditemi, allora, dov’è il male che dovremmo combattere, Don Rumata?» Lanciò all’interlocutore uno sguardo triste. «Il male non può essere estirpato. Nessuno è in grado di impedirne la crescita, in questo mondo. L’individuo può migliorare la sua condizione, forse, ma solo a spese degli altri. E ci saranno sempre re che si distingueranno l’uno dall’altro solo per il grado di crudeltà, ci saranno sempre baroni crudeli e debosciati, come ci sarà sempre la plebe stupida, la massa ignorante che ama i suoi oppressori e, paradossalmente, odia i suoi liberatori. Tutto questo si può spiegare con lo strano fenomeno secondo cui i servi e gli schiavi capiscono i loro padroni, anche i più crudeli, mentre non capiscono coloro che vorrebbero liberarli. Perché ogni schiavo sa immaginarsi al posto del proprio padrone, ma è raro quello che sa vedersi al posto del proprio liberatore. Questi sono gli esseri umani, Don Rumata. Così è il nostro mondo».

«Il mondo è soggetto a continui cambiamenti, dottor Budach. Sappiamo che c’è stata un’epoca in cui non c’erano re…»

«Il mondo non può continuare a cambiare per sempre, perché niente è eterno, neppure il cambiamento… Non conosciamo le leggi della perfezione completa, ma questa prima o poi sarà raggiunta. Per esempio, considerate la struttura della nostra società. Com’è piacevole all’occhio dell’osservatore questo sistema dalla perfezione geometrica! In basso ci sono i contadini e gli artigiani, poi i nobili, poi il clero e infine il Re. Come tutto è stato calcolato meticolosamente! Che stabilità, che simmetria, che ordine armonioso! Quale cambiamento potrebbe avvenire in questa gemma tagliata dal nostro divino gioielliere? In questo mondo non c’è struttura più perfetta della piramide, come potrà confermarvi qualunque bravo architetto». Alzò un dito, sottolineando ogni osservazione con un leggero movimento. «Quando da un sacco esce del grano, non si dispone uniformemente in piano, ma forma una cosiddetta piramide conica. Ogni granellino aderisce all’altro cercando di non cadere per terra. Così succede anche all’umanità. Nel loro tentativo di formare un’entità di qualche tipo, gli uomini devono aderire l’uno all’altro, e formano inevitabilmente una piramide».

«Davvero considera questo come il migliore dei mondi possibili?» chiese Rumata stupito. «Dopo aver incontrato Don Reba, dopo essere stato in prigione?»

«Certo che no, mio giovane amico! In questo mondo ci sono molte cose che non mi piacciono, e senza dubbio vorrei vederle cambiare. Ma cosa dovremmo fare? Agli occhi del Potere Supremo la perfezione presenta un aspetto diverso che ai miei. Che senso avrebbe se un albero si lamentasse di essere radicato in un punto, mentre sarebbe felicissimo di potersi muovere per potere sfuggire all’ascia del taglialegna?»

«E se fosse possibile modificare le decisioni del Potere Supremo?»

«Solo il Potere Supremo può farlo».

«Ma immagini di avere l’autorità divina…»

Budach rise.

«Se potessi immaginare di essere Dio, lo diventerei!»

«Va bene, immagini di avere l’opportunità di dare a Dio qualche consiglio».

«Lei ha un’immaginazione molto vivace. Sarebbe meraviglioso. Conosce le Sacre Scritture? Magnifico! Sarei felice di conversare con lei».

«Mi lusinga. Comunque, che consiglio darebbe all’Onnipotente? Cosa dovrebbe fare perché lei possa dire: adesso il mondo è davvero buono e bello?»

Budach ebbe un sorriso di approvazione, si appoggiò comodamente allo schienale della poltrona e intrecciò le mani sopra lo stomaco. Piena d’interesse, Kyra osservò il suo viso.

«Va bene» disse Budach. «Se proprio ci tiene. Direi all’Onnipotente: ‘Creatore, non conosco i tuoi piani, forse non è affatto tua intenzione rendere buona e felice l’umanità. Comunque ti supplico, fa’ che tutti gli uomini abbiano pane, carne e vino a sufficienza! Per te sarebbe così facile! Da’ loro un riparo, dei vestiti, fa’ scomparire dalla faccia della Terra la fame e il bisogno e tutto quello che separa un uomo dall’altro’«.

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