Gianni Rodari - La Freccia Azzurra

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La Freccia Azzurra è un treno elettrico, il più bel giocattolo della vetrina della Befana. Francesco, piccolo venditore di caramelle in un cinematografo cittadino, non avrà mai i soldi per comprarselo. Ma un cane di pezza e un saggio Capo Indiano hanno letto nei suoi occhi. La notte del 6 gennaio i giocattoli fuggono dalla bottega della Befana. Una folla di coloriti personaggi popola le splendenti vetture della Freccia Azzurra, la cui marcia è protetta ai fia.ichi da pellerossa e cow-boys, mentre vigila in ciclo il Pilota Seduto. Le cento avventure di Capitan Mezzabar-ba, della Bambola Nera, del cane Spìcciola, dello stesso Francesco troveranno solo all'alba la loro sorprendente conclusione. Il romanzo è apparso una dozzina d'anni or sono, nelle edizioni del CDS di Firenze. È stato già tradotto in varie lingue, mentre altre traduzioni sono in corso. Per questa nuova edizione l'autore lo ha completamente rivisto, senza tuttavia nulla aggiungere alla favola ispirata al mondo dei giocattoli e quasi suggerita da loro: dalle Tre Marionette prive di cuore, dall'Ingegnere Capo del Meccano, dagli intrepidi ferrovieri della Freccia Azzurra. Il libro e particolarmente adatto ai bambini fra i sette e i nove anni, ma può essere letto con divertimento ad ogni età, come capita spesso ai libri per ragazzi.

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A dir la verità, non ci si stava niente male, in quel posticino. Le ruote sollevavano un lieve spolverio di neve, che faceva il solletico al naso. Le case si ritiravano di corsa a destra e a sinistra.

— È bello andare in carrozza, — pensò Spìcciola. (Proprio lo stesso pensiero che aveva fatto Francesco.)

— Andrò dove va la carrozza — si promise Spìcciola — non credo che il vetturino possa vedermi. Mi scarrozzerò tutto il giorno avanti e indietro, poi qualcosa succederà. Sono contento di non essere morto. Brr… che brutta fine sarebbe stata. A quest'ora forse me ne starei in qualche tombino a far compagnia ai cannoni del Generale ed ai topi.

Dopo qualche tempo Spìcciola si stancò della sua posizione. Era molto curioso di sapere se sopra la carrozza si stesse ugualmente bene che sotto.

— Io dico che si starà molto meglio di sopra — pensò — ci debbono essere dei cuscini rossi, come negli scompartimenti di prima classe della Freccia Azzurra. Scommetto che ci si può sdraiare in lungo e in largo, senza dover arrotolare la coda. Ora mi provo a salire.

Servendosi dei denti, delle zampe e della coda si arrampicò in vetta alla carrozza, si lasciò scivolare lungo il mantice ed entrò. C'era un bel caldo, là dentro. Spìcciola sentì sotto le zampe la carezza morbida del velluto, proprio come aveva immaginato.

— Non ci si vede molto — pensò — ma non c'è bisogno di vederci per capire che ci si sta anche meglio che sulla Freccia Azzurra. Temo che bagnerò i cuscini con le zampe, ma che m'importa? È la prima volta in vita mia che vado in carrozza, e me la voglio proprio godere. Ora mi allungherò a comodo mio.

Difatti si stirò e si allungò… e urtò con la testa contro qualcosa, o piuttosto contro qualcuno.

— Chi c'è sulla carrozza? — pensò Spìcciola spaventato. Drizzò il muso, spalancò i suoi occhietti grigi e quel che vide gli andò dritto al cuore.

Disteso sui cuscini, il corpo reclinato su un braccio, gli occhi chiusi in un sonno beato. Spìcciola vide un bambino.

Spìcciola impara ad abbaiare Francesco balbettò Spicciola con il cuore in - фото 34

Spìcciola impara ad abbaiare

Francesco! — balbettò Spicciola con il cuore in gola. La sua voce non la sentì nemmeno lui. Era tanto emozionato e confuso che continuò per un pezzo a lamentarsi e guaire come se gli avessero schiacciato la coda.

Francesco si mosse nel sonno e sorrise. Certo un bel sogno attraversava in quel momento la testa bruna, sotto il ciuffo ribelle che scendeva come sempre in mezzo alla fronte, per tenere gli occhi ben divisi, uno di qua e l'altro di là, e tutt'e due chiusi.

Spìcciola gli lambì una mano con la lingua. Era la prima volta che leccava la mano di un amico, e gli sembrò la cosa più dolce del mondo.

— Ed io che stavo per gettarmi sotto un tram — pensò. — Stavo addirittura per morire sotto la carrozza di Francesco.

Chiuse gli occhi per la felicità, ma subito li riaprì, per non perdere di vista Francesco che dormiva. La coda di Spìcciola batteva allegramente il velluto dei cuscini. Le diede un'occhiata distratta e qualcosa lo colpì nella coda, come poco prima nella pozzanghera.

— Strano, mi sembra diversa dalla coda di prima. Eppure nessuno me n'ha attaccata una nuova, che io sappia.

Nel tentativo di afferrarsi la coda rotolò due o tre volte su se stesso e finì addosso a Francesco, che si svegliò.

Aprì gli occhi e subito li richiuse: la luce del mattino entrava nelle sue palpebre come una cascata d'argento.

Non ricordava più quello che gli era accaduto e si chiedeva stupito:

— Dove sono?

Il rumore degli zoccoli del cavallo gli fece tornare in mente tutti gli avvenimenti di quella notte movimentata. Riaprì gli occhi e vide Spìcciola che lo guardava scodinzolando, pronto a scattargli in braccio al primo cenno.

— Un cane! —esclamò allegramente Francesco. — Da dove verrà?

Si mise a sedere, e ancora non osava allungare una mano per accarezzare Spìcciola.

— Forse me l'ha regalato la Befana. Forse è questo il suo dono per quest'anno.

Ma poi si mise a ridere. La Befana regala giocattoli, non cani veri. E quello che gli stava davanti non era un giocattolo, ma un cane vero, con gli occhi umidi e affettuosi, con la coda viva che danzava nell'aria come una bandiera quando passa il vento. Capite? Spìcciola non era più un cane-giocattolo: era un cane vero.

Francesco lo accarezzò dolcemente sul dorso, prima con una mano sola, timidamente, poi con tutt'e due le mani. Spìcciola non attendeva che quell'invito: gli balzò sulle ginocchia, svelto come una trottola e abbaiò allegramente.

Proprio così: abbaiò. Per la prima volta nella sua vita Spìcciola si sentì uscire dalla gola un suono strano, forte e vigoroso, ben diverso dai suoi soliti lamenti: un suono che sembrava un canto, e che gli rintronava nella testa come una campana.

— Io sto abbaiando, — ebbe appena il tempo di pensare Spìcciola. Poi non pensò più, ma si abbandonò a quella gioia nuova e mai provata. Abbaiava con tutte le sue forze, tanto che Francesco si mise a ridere.

— Sembra che tu non abbia mai abbaiato in vita tua.

Spìcciola non era più un giocattolo di pezza: un cuore vero batteva, nel punto giusto, entro il suo corpo vibrante. Ad accarezzarlo, non era freddo e indifferente come i giocattoli: era tiepido e vivo, e tremava per l'emozione.

Tutto questo perché aveva trovato un vero amico e non era più solo al mondo.

A sentire quei latrati il vetturino si voltò. Vide il ragazzo ed il cane che si rotolavano allegramente sui vecchi e stinti cuscini della carrozza: i cani ed i ragazzi non fanno molta differenza tra i prati ed i cuscini, e appena trovano spazio sufficiente si rotolano come trottole.

— E da dove salta fuori, quello? — domandò il vetturino ridendo.

— Non so. Quando mi sono svegliato l'ho trovato che mi leccava una mano.

— Dev'essere un cane randagio. Sarà saltato nella carrozza per ripararsi dal freddo.

— Forse era triste e cercava qualcuno per stare in compagnia.

— Già. forse è stato così.

Il vetturino tossì e cominciò a raccontare una lunga storia:

— Una volta trovai un cane. Mi ricordo che venivo dalla stazione ed avevo la carrozza carica di passeggeri e di valigie. Il cavallo quel giorno non voleva camminare. Pioveva, sai, e anche i cavalli hanno i loro capricci. Tanto è vero che un proverbio dice…

Ma Francesco e Spìcciola non sapranno mai che cosa dice il proverbio, né come andò a finire la storia del vetturino. Il vecchio parla, parla, parla, e i due amici — stavo per dire i due ragazzi — hanno già scoperto che in due si può giocare, ridere e divertirsi, e tutto sembra più bello.

Anche una giornata d'inverno, in una città sepolta sotto la neve, diventa lieta e serena come una giornata d'estate al mare.

Che cos'è e un amico

Il giorno dopo Francesco andò a lavorare nel negozio della Befana. Spìcciola, naturalmente, lo seguì. Non potevano separarsi un minuto solo. Francesco se lo era portato con sé a letto, ed era stato Spìcciola a svegliarlo, il mattino presto, con un latrato impaziente che voleva dire:

— Su, non sciupare tutto il tempo a dormire. Dobbiamo fare mille cose. Dobbiamo fare insieme le capriole nella neve, dobbiamo correre fino al muro della fabbrica per vedere chi arriva primo, dobbiamo saltare dal sesto gradino per vedere chi arriva più lontano. Su, sveglia, sveglia!

Per tutta la strada continuarono a giocare.

La Befana, a dire la verità, fece una certa smorfia e disse:

— Un cane? Vuoi tenerlo in negozio con te?

— Se lei permette, signora baronessa.

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