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Gianni Rodari: La Freccia Azzurra

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Gianni Rodari La Freccia Azzurra

La Freccia Azzurra: краткое содержание, описание и аннотация

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La Freccia Azzurra è un treno elettrico, il più bel giocattolo della vetrina della Befana. Francesco, piccolo venditore di caramelle in un cinematografo cittadino, non avrà mai i soldi per comprarselo. Ma un cane di pezza e un saggio Capo Indiano hanno letto nei suoi occhi. La notte del 6 gennaio i giocattoli fuggono dalla bottega della Befana. Una folla di coloriti personaggi popola le splendenti vetture della Freccia Azzurra, la cui marcia è protetta ai fia.ichi da pellerossa e cow-boys, mentre vigila in ciclo il Pilota Seduto. Le cento avventure di Capitan Mezzabar-ba, della Bambola Nera, del cane Spìcciola, dello stesso Francesco troveranno solo all'alba la loro sorprendente conclusione. Il romanzo è apparso una dozzina d'anni or sono, nelle edizioni del CDS di Firenze. È stato già tradotto in varie lingue, mentre altre traduzioni sono in corso. Per questa nuova edizione l'autore lo ha completamente rivisto, senza tuttavia nulla aggiungere alla favola ispirata al mondo dei giocattoli e quasi suggerita da loro: dalle Tre Marionette prive di cuore, dall'Ingegnere Capo del Meccano, dagli intrepidi ferrovieri della Freccia Azzurra. Il libro e particolarmente adatto ai bambini fra i sette e i nove anni, ma può essere letto con divertimento ad ogni età, come capita spesso ai libri per ragazzi.

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— Dài! Forza che li acchiappiamo! Forza! Prendi la curva in yelocità, non rallentare! Attento, attento che sparano!

Uno dei banditi, infatti, si era sporto dal finestrino della macchina e stava prendendo di mira il poliziotto che reggeva il volante.

— Attento! — gridavano i ragazzi della sala.

Ma il poliziotto, sullo schermo, non poteva certo sentire. Ed anche se avesse sentito, non avrebbe potuto abbandonare il suo posto.

Proprio in quel momento finì il primo tempo, tornò la luce e Francesco si lanciò tra le file di poltrone, gridando:

— Caramelle! Menta al ghiaccio! Caramelle!

Durante il secondo tempo dovette scopare gli uffici del direttore del cinema, e non potè vedere come fosse andata a finire la sparatoria. Il film fu ripetuto ancora una volta dall'inizio, ma Francesco potè assistere solo al finale, e non riuscì a capire nulla. Gli rimase invece negli occhi il viso spaventevole del bandito che prendeva di mira l'autista con la sua rivoltella. Non riusciva a cacciarlo dalla mente, per quanto si sforzasse di pensare ad altro.

Rimasto solo nella sala per la pulizia notturna, Francesco si guardava continuamente attorno, come se temesse di vedersi comparire alle spalle, da un minuto all'altro, il brutto ceffo del bandito. Era una paura sciocca, come tutte le paure. Ma la paura ha questo di brutto: che più è sciocca e più fa paura.

Anche quando ebbe finito il suo lavoro, e si fu avviato tutto solo, sotto la neve, per tornare alla sua baracca, Francesco dovette

mettersi una mano sul petto per comprimere il cuore che sembrava volesse balzar fuori. Batteva così forte, che il rumore gli riempiva le orecchie e gli impediva di ascoltare. Se non fosse stato così spaventato, avrebbe certamente udito un leggero fischio che usciva dall'ombra di un portone. Avrebbe fatto un salto, si sarebbe messo a correre. Ma non udì nulla. Sentì solo una mano che gli tappava la bocca ed un braccio che gli stringeva il collo. Qualcuno lo attirò violentemente nel portone.

Una voce disse:

— È abbastanza piccolo, ce la farà.

— Ora vedremo — sussurrò qualcun altro.

Le voci risuonavano stranamente soffocate. Quando i suoi occhi si furono un poco assuefatti al buio, Francesco vide che i due tipi avevano una maschera nera sulla faccia, dal naso al mento.

— I ladri — pensò Francesco. Tutta la paura che aveva provato al cinema svanì di colpo, per lasciare il posto ad un'altra paura. Che cosa volevano fare di lui quei tipacci?

Uno di loro gli teneva sempre tappata la bocca con la mano, perché non gridasse, e Francesco non si provò nemmeno a mordere. Non avrebbe potuto far nulla, contro due uomini. Forse erano anche armati.

Uno dei ladri gli mostrò un finestrino strettissimo.

— Lo vedi quello?

Francesco accennò di sì.

— Non siamo riusciti ad aprire la porta del negozio. Entrerai da quel finestrino e ci aprirai dal di dentro. Capito? E bada di non farci qualche brutto scherzo, altrimenti ce la paghi.

— Su, non perdiamo altro tempo — interruppe l'altro compare.

Francesco si provò ad opporre resistenza, ma un vigoroso pugno sul braccio gli consigliò di star quieto. Non gli restava che ubbidire.

Uno dei ladri lo afferrò per la vita e lo alzò fino al finestrino.

— È stretto — bisbigliò Francesco — non ci passo.

Sentì solo una mano che gli tappava la bocca Metti prima la testa Dove - фото 22

Sentì solo una mano che gli tappava la bocca…

— Metti prima la testa. Dove passa la testa passa tutto il corpo. Sbrigati.

L'ordine fu accompagnato da un altro pugno, stavolta sulle gambe.

Francesco mise la testa nel finestrino. Era tutto buio là dentro. Un negozio, avevano detto. Chissà che genere di negozio?

I ladri lo tenevano per le gambe, mentre si introduceva penosamente nel finestrino. Ad un certo punto uno di loro fece scaletta all'altro perché continuasse a sorreggere Francesco per i piedi.

Francesco scivolò a testa in giù lungo il muro, fin che sentì il pavimento. Allora agitò le gambe perché lo lasciassero libero e ruzzolò a terra.

Rimase lì immobile per qualche secondo, fin che la voce di uno dei ladri gli ingiunse con un aspro sussurro:

— Che fai ora? Spicciati. La porta è a destra. Ci dev'essere un catenaccio. Toglilo, poi solleva la saracinesca di due palmi. Muoviti, lumaca.

Francesco si alzò e strisciò con le mani lungo la parete. Ecco la porta. Sentì il freddo del catenaccio sulle dita. In quel momento la paura che lo aveva paralizzato, di colpo cessò. Gli venne un'idea.

— Io qui sono al sicuro — pensò. — Qui non mi possono raggiungere. Farò così: non aprirò la porta. Se ne dovranno pure andare, se non vogliono essere sorpresi da qualche guardia notturna.

Dal finestrino gli giungeva la voce concitata del ladro che gli ordinava di far presto, ma Francesco non si mosse. Si mise perfino a sorridere.

— Arrabbiatevi pure — diceva fra sé. — Non potete certo entrare a prendermi. L'avete detto voi stessi che non ci passate.

Ma un altro pensiero venne a rubargli la calma.

— I ladri se ne andranno, ma io come uscirò? Mi vedranno. Mi sorprenderanno qua dentro, o mentre me la svigno. Penseranno che io sia un ladro. Se vado a raccontare che mi hanno spinto dentro dal finestrino nessuno mi crederà.

Non sapeva che fare. Furono i ladri stessi a dargli l'idea. Ad un tratto li udì bussare, cautamente ma con concitazione, alla saracinesca.

— Apri — sussurrava una voce gonfia d'ira — apri subito o te la passerai male.

— Bussate, bussate, vi sentiranno e sarete sorpresi — pensò Francesco. E subito dopo: — Ecco quello che devo fare: far rumore, svegliare qualcuno, dare l'allarme. Allora capiranno che io non facevo parte della banda.

E con le mani strette a pugno cominciò a battere sulla lamiera con tutte le sue forze, gridando:

— Aiuto! Aiuto! Ai ladri, ai ladri!

Udì uno scalpiccio affrettato. Forse i ladri avrebbero fatto in tempo a scappare. Francesco raddoppiò i colpi e gridò con tutta la voce che aveva in gola. Aveva di nuovo una terribile paura, ma gridava che l'avrebbero sentito ad un chilometro di distanza. Si udì il trillo di un fischietto e subito un altro gli rispose. Le guardie notturne, allarmate dal frastuono, si chiamavano per accorrere sul posto.

Francesco non smise di picchiare sulla saracinesca fin che non udì i loro passi, le voci forti e minacciose che intimavano:

— Alto là! Fermi o sparo! Non fate un passo di più o siete morti.

— Per fortuna li hanno presi — mormorò Francesco lasciandosi cadere a terra.

Poco dopo qualcuno bussò alla saracinesca.

— Chi c'è lì dentro? Aprite e venite fuori: ormai non avete scampo.

Francesco sollevò di qualche centimetro la saracinesca e subito una mano vigorosa la spinse in alto. Apparve sulla porta una guardia notturna con una pistola in pugno. Fuori, in mezzo alla strada, altre guardie stavano ammanettando i ladri.

— Ma è un bambino — esclamò la guardia, afferrando Francesco per una spalla.

— Io non c'entro… — mormorò Francesco con un fil di voce. — Sono loro che…

— Ah, non c'entri? E come mai ti trovi nella bottega allora? Forse volevi prenderti un regalino per la Befana?

Francesco guardò il negozio, illuminato dalla lampadina tascabile della guardia. Soltanto allora lo riconobbe, e il sangue gli diede un tuffo. Era il negozio dei giocattoli, il negozio della Freccia Azzurra! Ma i ladri non andavano certo in cerca di treni elettrici: essi miravano alla cassaforte, che stava nel retrobottega.

— Io non capisco…

— Ma bene, non capisci. Forse sei venuto fin qui in sogno, no? Presto, seguici e non fare storie. Spiegherai tutto al commissario.

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