Mo Hayder - Birdman

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Birdman: краткое содержание, описание и аннотация

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In un'area industriale semiabbandonata della periferia londinese vengono scoperti i cadaveri di cinque donne mutilate e seviziate. Scattano immediatamente le indagini che vengono affidate al giovane ispettore Jack Caffery. Egli comprende all'istante che i delitti sono opera di un maniaco: le vittime sono state infatti sottoposte a procedure chirurgiche amatoriali per la riduzione del seno e sono state pettinate e truccate in modo da ricordare delle bambole. La morte tuttavia non è stata causata dalle orrende ferite, bensì da un'iniezione letale; inoltre il killer ha inserito nel petto delle vittime e cucito accanto al cuore un uccellino vivo, simbolo e firma del suo macabro operato.

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Eri tanto concentrato su Cook che non ti sei nemmeno soffermato a considerare l'ipotesi.

E qualcosa… Qualcosa…

Jack alzò lo sguardo al viso patinato che gli stava di fronte e tutto gli fu improvvisamente chiaro.

Il metabolita della marijuana nel capello biondo. La punta d'alluminio sulla spettrografia della Scientifica. Joni che spruzzava il deodorante nella stanza, l'appartamento era invaso del suo profumo.

Ma non combaciava tutto alla perfezione: Joni era formosa e alta, non esattamente come si era immaginato la Galatea di Birdman. Eppure, mentre spegneva la lampada e prendeva le chiavi, lasciando il fax e le carte sparse sulla scrivania, l'eccitazione parve sferrargli un pugno al plesso solare.

Alle due, «Clitoride» se n'era andata, portando con sé i colori, i fogli da disegno e il suo atteggiamento altezzoso, e lasciando Joni da sola per il secondo spettacolo. Bliss conosceva ormai bene la mente della ragazza. Sapeva che, attirata da un paio di drink, non si sarebbe scollata tanto facilmente. Gli altri clienti se ne andarono con la testa pesante, ad affrontare il pomeriggio, e lui rimase solo con lei.

Alle tre e mezzo Joni si trovava già nel bagno delle donne in cima alle scale. Una volta nel suo appartamento, stette male altre due volte e vomitò nel bagno.

Lui fece finta di non arrabbiarsi. Pulì, risciacquò e la lasciò smaltire i bagordi. Lasciò Joni, raggomitolata come una bambina ormai cresciuta – bionda e rosea, con indosso solo le mutandine e una T-shirt -, nella camera degli ospiti, in modo che, svegliandosi, non avrebbe visto la sua collezione di foto e non gli avrebbe piantato un casino. Nemmeno i lavori di ristrutturazione della vecchia scuola la disturbarono.

Quante volte aveva permesso a Joni di farlo, si domandò, sedendosi in soggiorno e tormentandosi il mento. Quante volte aveva lasciato che usasse la sua casa quale centro improvvisato di disintossicazione. E non aveva mai avuto il coraggio di fare nulla. Quante volte aveva fregato e rassettato, ripulito il corridoio e il bagno e il soggiorno delle sue foto mentre lei dormiva, mettendole al sicuro in una scatola di cartone, spruzzando deodorante nelle stanze. Solo per vederla alzarsi, accendere il walkman e uscire. Ignorandolo, trattandolo come una merda.

Ma ora tutto era cambiato, eccome. La sua vita era stata riscritta. Come se un giorno si fosse svegliato e avesse scoperto che il sole era di un altro colore.

Si alzò dal divano, si recò in cucina, preparò il tè e riempì un piatto di biscotti. Poi depose tutto sul cuscino accanto alla testa di Joni. La ragazza si stiracchiò, portandosi una mano al viso.

«Svegliati. Ti ho preparato il tè.»

Lei alzò il capo e sbirciò con gli occhi arrossati. Quando vide Bliss mugugnò e si lasciò cadere di nuovo sul cuscino. «Oh, no.»

«Bevi il tè.»

«No. Devo andare a casa.» Si sollevò sui gomiti e si guardò intorno, con la vista annebbiata. «Oddio, Malcolm, mi dispiace, ma non avevo intenzione di finire qui.»

«Mangia un biscotto, prima.» Aveva la lingua impastata: non riuscì a pronunciare bene la esse.

«No, ti ringrazio.»

«Insisto.»

«No, davvero.»

« Insisto! »

Joni spalancò gli occhi.

«Mi dispiace», mormorò lui, asciugandosi un filo di saliva dalle labbra. «Vorrei che mangiassi qualcosa. Devi rimetterti. Guardati…» – con la lingua tra i denti allungò una mano e le palpò lo stomaco -, «sei tutta pelle e ossa.»

Voleva essere un gesto tenero, ma Joni reagì malamente, e si ritrasse contro il muro. «Giù le mani!»

«Ma, Joni…»

«Lasciami sola, Malcolm.»

«Fammi solo toccare…»

«Quante volte te lo devo dire? No!» Lei arretrò ancora e cadde dal letto, ma Bliss si lanciò in avanti e l'afferrò per la T-shirt. Allora Joni si girò e gli prese le mani, cercando di fargli mollare la presa con le sue unghie affilate. «Lasciami.»

«Joni…»

«Togli quelle fottute…» Avvicinò le sue mani alla bocca e lo morse, facendogli sanguinare la nocca del pollice. «… levami quelle manacce di dosso.»

«Non fare così, Joni.» Le sue dita erano coperte da un miscuglio di saliva e di sangue. Lui si chinò, socchiuse gli occhi e la tenne stretta: Joni perse l'equilibrio e cadde di nuovo, colpendo il battiscopa con la spalla.

Lui la lasciò e si tirò indietro, ansimando.

Si guardarono in silenzio. Joni era stesa sulla schiena, la T-shirt arrotolata sul ventre, la sagoma del pube nettamente delineata sotto le mutandine rosa. Sembrava una bambola, stupita del fatto di essersi rotta tanto facilmente. Per un momento parve respirare con difficoltà.

Malcolm si avvicinò, allungò una mano. «Joni.»

«Va' via. Vattene.»

«Ma io ti amo.»

«Stronzate», ribatté lei, portandosi una mano alla spalla e trasalendo.

«Passa il mio compleanno con me. Domani. È tutto ciò che ti chiedo. Me lo devi, per avermi lasciato come hai fatto.»

«Non ti ho lasciato. Non c'è stato niente fra noi, pazzo fottuto. Non eri il mio ragazzo.»

Bliss la guardò, sbalordito. «Io ero innamorato di te.»

«Innamorato? Abbiamo quasi fatto sesso una notte, quasi, anni e anni fa, e solo perché ero troppo ubriaca per reggermi in piedi. Se fossi stata sobria non mi sarei mai avvicinata a te.»

«Non dire così.»

«Sei davvero patetico.»

«Ho rinunciato a tutto per te», confessò lui a testa bassa, le braccia abbandonate lungo i fianchi. «Ho rinunciato al mio sogno di diventare medico.»

«Oh, poverino. Non saresti mai diventato un medico.» Lei si alzò lentamente, con una smorfia di dolore. «Affronta la realtà, Malcolm: sei un impiegato del cazzo, e sempre lo sarai.»

«No», piagnucolò lui. «Non lasciarmi. Per favore, non farlo.»

Ma lei lo ignorò e, zoppicando per la stanza, si mise in cerca degli stivali e della gonna scamosciata. «E poi questo posto è disgustoso.» Trovò un deodorante nella borsa e lo spruzzò nell'aria. «C'è una puzza nauseante qui dentro.»

Con un singhiozzo, lui si accasciò contro il muro e si raggomitolò in un angolo, la testa fra le mani e il corpo tremante. « Per favore, non lasciarmi. »

«Suvvia.» La voce di Joni si era fatta più dolce. La udì avvicinarsi e vide il piede della ragazza accanto al suo. «Non fare il bambino.»

«Non andartene!» Bliss accarezzò lo stivale scamosciato. «Non andare.»

«Devo andare. Calmati, dai. Possiamo essere amici.»

«No.»

«Malcolm. Su. Ora vado, va bene, Malcolm?»

Stavolta fu più rapido.

Con una mossa, le afferrò il piede e lo sollevò, al di sopra della sua testa. Joni cercò un appiglio, ma le sue mani scivolarono sulle pareti, e lei cadde sul pavimento, agitando le braccia. Rapidamente, Bliss s'inginocchiò, puntandole un gomito allo stomaco. Poi le assestò un secondo colpo, al viso questa volta, facendole uscire il sangue dal naso.

E Joni perse conoscenza.

Jack si fermò davanti alla casa di Susan Lister. Le tende erano tirate e, attaccato al cancello, vi era un messaggio dattilografato inserito in una busta di plastica, l'inchiostro sbavato là dov'era penetrata la rugiada.

AI RAPPRESENTANTI DELLA STAMPA:

MIO FRATELLO E SUA MOGLIE STANNO ATTRAVERSANDO UN PERIODO MOLTO DIFFICILE. VI PREGHIAMO DI RISPETTARE LA PRIVACY DELLA NOSTRA FAMIGLIA E DI NON RENDERE LA SI TUAZIONE ANCORA PIÙ DIFFICILE TEMPESTANDOCI DI DOMANDE. ABBIAMO GIÀ DETTO TUTTO CIÒ CHE INTENDEVAMO DIRE.

GRAZIE.

T. LISTER

Jack infilò le chiavi dell'auto in tasca, girò l'angolo e si fermò sulla soglia del negozio di rigattiere, una mano sullo stipite, l'altra sul campanello.

«Sì?» chiese una voce al citofono. «Chi è?»

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