«Lo apprezzo molto.» Mallory aveva già pensato a come tenerlo fuori dai piedi.
L'incombenza di tenerlo sott'occhio sarebbe toccata a Charles Butler e alla recluta di Loman, Duck Boy.
Si mise gli occhiali da sole, e si voltò verso lo specchio. Vi vide riflessa la figura di Geldorf. Si era sbagliata: quando nessuno lo guardava non era arrogante. Doveva essere difficile mantenere quell'atteggiamento. Il vecchio, riflesso nel grande specchio, sembrava rimpicciolito. Aveva lo sguardo preoccupato, probabilmente vedeva ogni giovane poliziotto come una minaccia alla sua dignità.
Bene.
Tenerlo al suo posto non sarebbe stato un problema.
Geldorf sigillò le alette dello scatolone con il nastro. «Adesso vorrai sicuramente parlare con tutti quelli che sono stati sulla scena del delitto.» La guardò. «Ti starai domandando come il tuo assassino abbia scoperto i capelli nella bocca di Natalie.»
Mallory si voltò e gli sorrise. Vecchio astuto. «Sapevi che non si tratta di un serial killer.»
«Non poteva esserlo.» Il ghigno sottile spiegava tutto: voleva ritornare in gioco, riscuotersi dal torpore della sua età. «Il mio sospetto principale è morto diciannove anni fa.»
A Mallory cominciava a piacere quell'uomo. Adesso erano alleati, nessuno dei due avrebbe tradito l'altro.
«Potrebbe trattarsi di un imitatore.» Sollevò il pesante scatolone e Mallory, per rispetto, non gli chiese se voleva aiuto. Geldorf la seguì dicendo: «Quando scoprirò come il tuo assassino ha trovato le informazioni forse chiuderò il caso di Natalie. Ci daremo una mano».
Te lo sogni, vecchio mio.
Non aveva alcuna intenzione di lavorare all'omicidio di Natalie Homer.
La pista era vecchia di vent'anni, una pista fredda. Aprì la porta per Geldorf, poi prese le chiavi e la chiuse.
«Il legame tra i due casi è nei dettagli.» Sistemò il pesante scatolone sulle spalle mentre camminavano verso l'ascensore. «Avevo il controllo completo della mia scena del delitto. Nessuna soffiata alla stampa. Sai come ci sono riuscito? Ho detto a un agente di farsi pagare dai giornalisti. Quel ragazzo ha ricavato venti dollari da ciascuno di quei bastardi, poi ha detto loro che la polizia aveva trovato una donna impiccata.»
«Così hanno pensato si trattasse di suicidio.» Mallory approvò: era sempre una buona cosa dire la verità quando si mentiva. «E Natalie Homer è finita in decima pagina.»
«Su un unico giornale, e soltanto due righe.» Posò la scatola e chiamò l'ascensore. «Così ora dovrete escludere le possibili fughe di notizie. Meno male che ho conservato i miei appunti.»
Certo.
«Penserai tu agli interrogatori» disse Mallory. «Ti ho fatto assegnare un aiutante, come surrogato del distintivo.»
Così si sarebbe liberata di Geldorf e di Duck Boy.
«E quell'omone. Butler, si chiama così?» Geldorf tirò fuori il biglietto da visita che gli era stato dato un'ora prima alla Butler & Company.
«Il dottor Butler,» disse Mallory, malgrado Charles non usasse mai quel titolo «è uno psicologo della polizia.» Fortunatamente non c'era niente in quel biglietto che potesse contraddirla. «Lavorerà a stretto contatto con te.»
Charles Butler indossava giacca e cravatta: era un giorno di lavoro. Grazie all'intervento di Riker, non si sarebbe più annoiato nella calura estiva. Attraversò l'ingresso arredato con mobili di mogano e acquerelli di Watteau, poi percorse un breve corridoio lasciandosi alle spalle secoli di arredi e dipinti antichi per entrare nel regno di Kathy: elettronica, plastica, metallo e cavi. L'ufficio privato di Mallory alla Butler & Company era un posto interessante. Le finestre alte, ad arco, erano nascoste dagli scuri di metallo e tappeti grigi ricoprivano il pavimento di legno. I computer troneggiavano perfettamente allineati al centro della stanza, gli schermi accesi. Simili a grandi occhi blu fissavano l'intruso: Charles sognava di accecare quei bastardi a suon di calci. Tre pareti erano coperte da scaffali metallici ricolmi di manuali, disposti con precisione a cinque centimetri dal bordo. Mallory aveva rifiutato i suoi quadri, preferendo a loro un gigantesco pannello di sughero che copriva la quarta parete, dal pavimento al soffitto. Il sergente Riker stava finendo di appendervi fotografie e documenti. Mallory aveva dato a Charles un nuovo progetto su cui lavorare, un regalo, o meglio due regali: un omicidio vecchio di vent'anni e un settantacinquenne.
«Quando torneranno?»
«Mezz'ora.» Riker frugò in una borsa di cuoio e tirò fuori altre carte. Sul muro, senza un ordine particolare, erano stati sistemati appunti scritti a mano e dichiarazioni dattiloscritte.
«Tutto questo per tenere tranquillo il vecchio Geldorf?»
«Sì» disse Riker. «Credi che lo terrà impegnato per un po'?»
«Certo.» Charles stava pensando a come cambiare discorso senza sembrare scortese. Decise di prenderla alla larga. «Dopo la morte di Louis, Mallory ha tenuto qualcuno di quei vecchi libri western?»
«No.» Riker fece cadere la borsa, poi si piegò a raccoglierla.
«Che peccato.» Charles fissava il muro e studiava una piantina dell'appartamento della vittima. «Volevo leggere tutta la serie, cercare di capire cosa ci avesse visto Louis. Credo di poter rintracciare le altre copie, ma…»
«Non è possibile.» Riker si voltò per appendere una fotografia a colori dell'autopsia della vittima. «Non si trovano nelle biblioteche né nelle librerie, sono tascabili fuori commercio.»
«È ciò che ha detto John Warwick, più o meno le stesse parole.»
Riker si appoggiò alla parete, chinò il capo, preparandosi ad affrontare anni di bugie, le sue e quelle di Louis.
Charles andò a sedersi sul bordo della scrivania d'acciaio. Aspettò con pazienza finché Riker non si voltò, poi sorrise. Quell'espressione bonaria ottenne su Riker lo stesso effetto tranquillizzante che aveva avuto su John Warwick.
«Potresti dirmi cosa succede nel secondo libro?»
«Sì.» Riker si mise a sedere su una sedia pieghevole di metallo, sollevato.
«E passato un po' di tempo. Ti ricordi la trama del libro?»
Charles annuì: «Un ragazzino di quindici anni uccide un uomo per strada».
«Un uomo disarmato. Ma nel libro successivo si scopre che l'uomo era armato e che quindi si è trattato di uno scontro corretto.»
Riker controllò la porta dell'ufficio. Si assicurò che fossero soli e continuò: «Il ragazzino ha preso la pistola dell'avversario, molto più bella della sua. Lo sceriffo Peety ignora l'esistenza della seconda pistola perché al suo arrivo Wichita l'ha già nascosta nei pantaloni. Nel secondo libro hanno un anno di più,» disse Riker «lo sceriffo Peety e il ragazzino. Wichita ha vinto un altro scontro a fuoco e ha ucciso un'altra persona.»
Riker guardò di nuovo la porta, ben sapendo che se Mallory gli fosse arrivata alle spalle, lui non se ne sarebbe accorto: aveva un passo felino. Tornò a Charles e alla sua storia. «Ormai il ragazzino è famoso, un vero pistolero. Alla fine del primo libro lo sceriffo lo ha spinto in un canyon, un salto nel vuoto. Il ragazzino è precipitato nel canyon, con il cavallo e tutto il resto.»
«Ma è sopravvissuto.»
«Sì, e anche il cavallo. Sono caduti nel fiume, che li deposita a riva privi di sensi. Una ragazza indiana trova Wichita e lo porta al suo accampamento. Hanno la stessa età, sedici anni. Nell'ultima pagina lo sceriffo è di nuovo a caccia di Wichita, e la ragazza lo aiuta a scappare, buttandosi sotto gli zoccoli del cavallo dello sceriffo lanciato al galoppo.» Allargò le braccia come a dire: "Capito come funziona?". Gettò la borsa a Charles. «Tu e Geldorf potete finire di riempire la parete. Gioca a fare il detective. Divertiti.»
Charles era perplesso. L'espediente del colpo di scena finale spiegava perché la piccola Kathy Mallory leggesse e rileggesse libri del genere.
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