Carol O'Connell - La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio

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Un'anziana ex prostituta viene aggredita, ferita e poi impiccata in uno squallido monolocale di New York. Candele e barattoli pieni di insetti ne circondano il corpo senza vita. La polizia pensa al sinistro rituale di un folle, ma Kathy Mallory, agente della omicidi dai trascorsi misteriosi e dalla mente contorta non è convinta. Comincia a scavare negli archivi della centrale, a caccia di indizi su un delitto avvenuto anni prima. E scopre che da quel momento qualcuno aspetta che venga l'ora della giustizia. Della vendetta.

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«Ne sei convinta?» Coffey si piegò sullo scatolone e prese un piccolo pezzo di corda contenuto in un sacchetto di plastica, che non era servito a proteggere la prova dall'acqua. Riker sentì odore di muffa quando il tenente lo aprì: ne estrasse un classico cappio da impiccagione.

Coffey prese una fotografia del caso Sparrow. «I nodi sono diversi, non si assomigliano nemmeno. Quello di Sparrow è un nodo doppio.» Sollevò il cappio usato per Natalie Homer. «Mentre con questo la morte è garantita. Se l'assassino sa come si fa un nodo scorsoio, perché non l'ha usato anche stavolta?»

Mallory rimase in silenzio. Fissava il cappio, la prova che Coffey aveva tenuto per ultima. Sembrava una chiara vittoria per il capo, ma Riker sapeva che quel sorriso trionfante era prematuro, Mallory non era ancora fuori gioco.

Jack Coffey continuò: «Sai perché tuo padre non riusciva a togliersi di testa l'assassinio della Homer? Markowitz non sapeva che l'impiccagione era una messa in scena, il referto dell'autopsia fu tenuto nascosto. Non seppe mai che la donna era stata strangolata prima di essere impiccata».

«Lo sapeva!»

«Provalo.»

Mallory tirò fuori dalla tasca un taccuino malandato e lo passò al tenente. «Ti sbagli.»

Anche senza gli occhiali da lettura, che non usava mai, Riker riconobbe la calligrafia di Lou Markowitz mentre Coffey scorreva pagine di appunti illeggibili.

Coffey guardò Mallory. «Non riesco nemmeno a leggere…»

«Io sì» disse. «Il nastro che legava i polsi di Natalie era così stretto da inciderle la pelle. Eppure non c'era alcun segno di circolazione interrotta. E non troverete questo particolare nel referto dell'autopsia, un'altra mancanza. Markowitz sapeva interpretare un cadavere meglio di quell'ubriacone di Norris. Sapeva che l'assassino aveva legato le mani di una donna morta. Sapeva che era morta prima dell'impiccagione e nonostante ciò non riusciva a smettere di pensare a quella corda.»

Il tenente Coffey chiuse il taccuino. «Mi stai dando ragione. L'assassino voleva che l'omicidio sembrasse opera di uno psicopatico.»

«No! L'assassino aveva progettato di impiccare Natalie Homer, ma qualcosa andò storto.»

«Ti stai arrampicando sui vetri, Mallory.»

«Se l'assassino non avesse avuto un piano, perché si sarebbe portato la corda?» Afferrò il vecchio taccuino dalle mani del tenente, poi uscì dall'ufficio. Chi non la conosceva avrebbe potuto pensare che fosse arrabbiata… Coffey lo pensò. In realtà Mallory aveva un tempismo perfetto.

Era il momento giusto.

«Ha un senso» disse Riker.

«Natalie Homer è rimasta appesa a quella corda dal venerdì alla domenica notte. L'assassino avrebbe potuto tornare con la sua corda. Mallory vuole trovare a tutti i costi un collegamento fra questi casi.»

«Quadra tutto.» Riker l'avrebbe considerato un miracolo, ma Dio era dalla parte di Mallory? «E c'è da chiedersi cos'altro abbia trovato negli appunti di Lou.» Si complimentò con la sua collega per quell'uscita di scena. «Dacci una settimana. Come la mettiamo se salta fuori un altro cadavere dopo che il caso di Sparrow è tornato alla squadra di Loman?»

«Cazzate, Riker. Non c'è nessun collegamento, e lo sai. Tutto quello che hai in mano sono due donne con i capelli tagliati male e della corda.» Il tenente si coprì il viso con la mano, non voleva che vedessero la sua frustrazione: «Okay, questo è l'accordo. Tieni Geldorf e il suo fascicolo lontani da me. Non voglio che abbia accesso alle prove del caso Sparrow».

«Andata.» Il detective spense la sigaretta con la suola della scarpa, poi si alzò. Questa vittoria lo metteva a disagio. Era andata troppo liscia.

Coffey rimise i fogli e le fotografie nella cartellina rossa. «E tieni Geldorf lontano dai giornalisti. Non voglio leggere titoli cubitali sul collegamento fra questi due casi.» Gettò il rapporto del medico legale a Riker e la corda nello scatolone. «E porta questa roba fuori dal mio ufficio.»

Riker sollevò lo scatolone. «Ho proprio in mente un posto dove sbattere tutta questa roba, compreso il vecchio.»

«Bene. Se non tirate fuori qualcosa di concreto in quarantotto ore, il caso torna a Loman.»

Coffey abbassò il capo, fingendo di interessarsi alle carte sul tavolo. «Ho chiamato l'ospedale. Le condizioni di Sparrow peggiorano.» Alzò gli occhi. «Mi spiace Riker, la conoscevi da molto, vero?»

Il detective annuì. Ora capiva tutto.

La sua collega gli aveva affidato l'ultima parte del gioco, la più umiliante, quella nella quale Jack Coffey faceva la carità a un sergente di mezza età e a una puttana moribonda.

Lars Geldorf aprì la porta e Mallory lo seguì in un appartamento che puzzava di posaceneri strapieni e di resti di cibo avariato. I mobili logori e un piccolo televisore testimoniavano la vita modesta di un poliziotto in pensione. Un grande specchio rifletteva le luci della strada. Nessuna donna aveva mai messo piede in quel posto: polvere, vetri ingialliti da milioni di sigarette. Tutto ciò che era appeso ai muri parlava di Geldorf. Ritagli di giornale incorniciati lo mostravano giovane, in posa con politici e poliziotti. Tutti morti prima che Mallory nascesse. Nella cornice più appariscente era appeso un encomio. Non era la prova di una carriera stellare, ma lui ne andava fiero.

L'ex detective si fermò un attimo e sorrise, per dare il tempo alla sua ospite di ammirare quei ricordi. Poi la condusse nell'altra stanza, dove campeggiava un altro grande specchio. Copriva l'intonaco malandato, ma aveva anche un altro scopo, meno prosaico. Mallory lo capì quando il vecchio ci si mise davanti, un pavone con un vestito di seta fuori moda da decenni. Il suo anello d'oro brillò quando si sistemò la cravatta e sorrise. Geldorf si ammirava, e amava quello che vedeva. Poi indicò un altro gruppo di fotografie. «Quella al centro è stata scattata la notte in cui abbiamo trovato Natalie. L'ho scattata io stesso.»

Mallory fissò la fotografia incorniciata della scena del delitto. I capelli erano stati rimossi dalla bocca della vittima. Il cadavere giaceva prono sul pavimento in bella mostra in un sacco nero aperto; vicino alla morta c'erano due detective sorridenti, in posa come cacciatori con il loro trofeo. Ma il vero trofeo era un terzo uomo, un poliziotto valoroso in mezzo ai detective, ben più alto di loro. I due uomini che sorridevano sembravano trattenere Louis Markowitz, soggetto involontario di un macabro souvenir. Il suo viso era leggermente sfuocato perché scuoteva la testa.

Sotto la fotografia c'era un tavolo ingombro di carte e raccoglitori. Il pezzo più moderno di tutta la stanza era un fax di prima generazione. Su modesti scaffali di metallo erano impilati alcuni scatoloni, e due grandi bacheche erano stracolme di appunti personali. L'assenza di un computer non sorprese Mallory. Geldorf viveva ancora nell'era della macchina per scrivere.

«Non capisco perché non possiamo lavorare da qui.» Prese una scatola da uno scaffale. «Come vedi sono perfettamente organizzato.»

«Coffey vuole la massima riservatezza,» mentì «e un posto in centro è meglio.»

«La massima riservatezza» annuì Geldorf. «Buona idea.»

Lo scatolone di Natalie Homer era già mezzo pieno quando cominciò a infilarci altre carte. Ai Casi Irrisolti non archiviano mai scatoloni di quelle dimensioni, una capiente cartella era sufficiente per i rapporti e le dichiarazioni. «Hai lavorato parecchio a questo caso?»

«Certo. Un caso non è chiuso finché non è risolto» disse Geldorf. «Dopo che sono andato in pensione ho continuato a raccogliere prove. Quando ero pronto per altri interrogatori, segnalavo tutto alla sezione competente e ufficializzavo.»

«Quindi lavori soltanto sui tuoi casi?»

«Esatto. Avresti dovuto vedere questa stanza dodici anni fa. C'erano così tanti scatoloni che non ci si muoveva. Per pensare bisognava spostarsi in corridoio.» Aspettò per darle il tempo di ridere alla battuta. Avrebbe aspettato a lungo. Poi, lentamente, si girò a guardare gli scaffali vuoti. «Uno alla volta, ho chiuso i casi irrisolti, ho svuotato gli scaffali e mi sono liberato dei fantasmi. Me ne sono rimasti pochi.» Abbassò la testa e si concentrò sulla scatola da riempire. «Quando ero in servizio avevo pochi giorni per lavorare su un caso, adesso posso impiegarci degli anni interi.» Sorrise imbarazzato e disse: «Non avrei dovuto dirtelo, ora penserai che ero un pessimo detective. Ma mi rifarò. Li risolverò, tutti». Mise altre carte nello scatolone. «Sono tutto tuo, a tempo pieno.»

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