Carol O'Connell - La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio

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Un'anziana ex prostituta viene aggredita, ferita e poi impiccata in uno squallido monolocale di New York. Candele e barattoli pieni di insetti ne circondano il corpo senza vita. La polizia pensa al sinistro rituale di un folle, ma Kathy Mallory, agente della omicidi dai trascorsi misteriosi e dalla mente contorta non è convinta. Comincia a scavare negli archivi della centrale, a caccia di indizi su un delitto avvenuto anni prima. E scopre che da quel momento qualcuno aspetta che venga l'ora della giustizia. Della vendetta.

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Il detective Janos fermò l'immagine.

«Quello?» Indicò una figura in piedi in mezzo alla folla, un uomo che indossava jeans e maglietta. «Sì, potrebbe essere l'uomo che la vecchia ha visto sull'albero.»

Deluthe trasalì al ricordo di Emelda Winston e di tutti gli sbagli commessi durante l'interrogatorio. Aveva imparato molte cose dal sergente Riker, era l'unico che si fosse preoccupato di insegnargli qualcosa. Forse anche la corsa a vuoto all'emittente televisiva faceva parte dell'addestramento. Si schiarì la voce prima di parlare con Mallory.

Avrebbe preferito morire piuttosto che balbettare: «Credevo di dover essere io a parlare con i giornalisti. Il sergente Riker mi aveva detto…».

«Sono arrivata prima.» Mallory lo disse senza una particolare inflessione, ma Deluthe ebbe la sensazione di aver sbagliato ancora.

Sicuramente Mallory sapeva tutto ciò che sapeva lui, e anche di più. Un confronto di appunti gli avrebbe soltanto procurato altre umiliazioni. «Ho quasi finito con il mio rapporto.» Un rapporto inutile. «Che cosa faccio adesso?»

«Te lo dico io.» Mallory sorrise.

Lo sfotteva? Sì, e Deluthe incrociò le braccia, aspettandosi che gli dicesse di sparire o peggio.

Mallory sfoderò il taccuino. «Non importa se ti ci vuole qualche giorno. Datti da fare.» Scrisse l'indirizzo di un magazzino e ciò che le serviva. Poi aggiunse: «Potrebbe trattarsi di un omicidio di quindici, vent'anni fa».

Quella vaga indicazione avrebbe dovuto aiutarlo a trovare il materiale di un delitto senza nome né numero di protocollo? Avrebbe potuto cercare per anni e non trovare mai lo scatolone giusto. Di fatto, Mallory gli aveva appena detto di sparire. E il suo sguardo pareva domandare che cosa ci facesse ancora lì.

Deluthe uscì in corridoio salutando mentalmente le pareti. Chissà se avrebbe mai rivisto quel posto.

Qualche minuto dopo salì in macchina: era rimasto senza benzina.

Sono un imbecille.

Deluthe era circondato da poliziotti. Chiunque avrebbe potuto dargli un po' di benzina, almeno per raggiungere il primo distributore. Ma piuttosto di ammettere un altro sbaglio, abbandonò la macchina e s'incamminò verso la metropolitana, sperando di arrivare dalle parti del magazzino. Una volta arrivato, sarebbe invecchiato vagando per i corridoi pieni di scaffalature polverose e vecchi scatoloni di prove.

Puoi scommetterci, imbecille!

Quando raggiunse la banchina, l'ultimo vagone del treno stava scomparendo nel tunnel. Si mise a sedere. L'altoparlante gracchiò, poi avvisò Ronald Deluthe che non sarebbe andato da nessuna parte, non quel giorno. C'era un incendio sui binari e non sarebbe più passato nessun treno.

New York non offre seconde possibilità.

Oltre la vetrina sporca, c'era un uomo alla scrivania. Sembrava sedere su un pulpito, il modo migliore per individuare i ladri fra gli scaffali di libri usati. Quel pomeriggio, però, non si vedevano clienti. La targa sul tavolo diceva «John Warwick, proprietario». Annunciato da uno scampanellio, Charles Butler entrò nel negozio. Accanto alla porta c'erano un tavolo, due sedie e un ventilatore in funzione. Da questo dettaglio Charles capì che Warwick non era un commerciante di libri. Solo chi amasse davvero il proprio lavoro avrebbe sacrificato dello spazio prezioso per creare un angolino tanto accogliente per dei lettori, che forse non avrebbero comprato niente. «Signor Warwick? Ho avuto il suo nome da un amico. Forse lo conosce, è il sergente Riker.»

Warwick lo scrutò per un istante, poi abbassò lo sguardo. Charles fece scivolare un biglietto da visita sul tavolo. Il libraio lo prese e lo avvicinò agli occhi miopi.

«Questo non dice che lavoro fa.»

Era vero. Qualifiche accademiche e diversi dottorati seguivano il nome di Charles Butler, ma il biglietto da visita non specificava la sua professione. Era stata un'idea di Mallory, che lo costringeva a spiegarsi a parole. «Lavoro nella selezione del personale. Valuto le persone con qualità particolari e poi trovo loro una collocazione nell'ambito di progetti governativi o…»

«È uno psichiatra. » Warwick sputò la parola come se avesse un cattivo sapore.

«No, non lo sono.» Charles guardò il biglietto. «Alcune mie qualifiche riguardano lontanamente la psicologia, ma non ho mai praticato…»

«E ora mi verrà a dire che Riker non ha mentito. Giusto, dottore ?» Warwick guardava il tavolo quando sussurrò: «E io sono pazzo perché non gli credo. Ho ragione?».

«Non penso che Riker abbia mentito.» Charles abbassò la voce, non voleva che quell'uomo si sentisse minacciato. «Sono sicuro che avrebbe…»

«Altri trucchi.» Warwick raddrizzò la schiena. Gli occhi saettavano da uno scaffale all'altro, poi si incollarono a quelli del visitatore. Fece un respiro profondo, per assorbire energia. La sua voce era più forte. «Dica a Riker…» Gli puntò contro un dito tremolante. «Che è viva.

«Chi?»

«Non è demenza senile, se è questo che pensa. Prima Markowitz, poi…»

«Louis Markowitz?» ripeté Charles.

«Pensa che potrei dimenticare quel nome? Non c'è niente che non va nella mia memoria, lo dica a Riker.»

«Non sono venuto per metterla sotto esame» sorrise Charles, sapendo che quel sorriso da fesso avrebbe messo Warwick a suo agio. Nemmeno un paranoico poteva considerarlo una minaccia.

Infatti, Warwick si rilassò. «È stato tanto tempo fa, ma ricordo tutto. Era davvero speciale. Di solito sono più grandi quando scappano di casa. Quelli della sua età finiscono negli orfanotrofi oppure adottati. Sa com'è riuscita a sopravvivere? È stata più intelligente di loro. Molto più intelligente.»

«Loro chi? La polizia?»

«Markowitz e Riker. Hanno sorvegliato il mio negozio per giorni. Che fessi.» Warwick sistemò gli occhiali sul naso.

«Pensavano di poterla catturare…»

«Chi? Di chi parla…»

«La ragazzina che amava i western.»

Charles richiamò alla mente una vecchia fotografia, quella che Louis Markowitz portava nel portafoglio. «I capelli della bambina erano biondi, lunghi e mossi?»

«Sì, arruffati e sporchi.» Warwick annuì. «Anche il faccino era sporco.» Gli occhi si persero nel vuoto, stava guardando un ricordo. «I suoi jeans erano sempre arrotolati. I vestiti le andavano grandi, a parte le scarpe da ginnastica di un bianco immacolato. Penso che ne rubasse un paio alla settimana. Markowitz diceva che rubava a occhi chiusi. Ma da me non aveva mai rubato. Prendeva un libro dallo scaffale e posava quello che aveva preso in prestito.» Warwick sorrise con espressione di sfida. «Visto? Non ho dimenticato niente.»

«Quanto durarono gli appostamenti?»

«Due mesi, e non sono riusciti a prenderla.»

Charles ricordava una versione completamente diversa: una sera Louis stava tornando a casa per festeggiare il compleanno della moglie quando si era imbattuto in una bambina che rubava in una macchina. Invece di passare la nottata a riempire verbali, aveva portato Kathy alla festa di compleanno, e sua moglie aveva scambiato la piccola per un regalo. Che bella storia, l'aveva sentita mille volte. Riker non era mai stato nominato e nemmeno i mesi di appostamento.

«Era lei a prestarle i libri:»

«No, no.» Warwick era di nuovo diffidente, temeva le domande trabocchetto. «I libri se li prendeva e basta, come se fosse un suo diritto. Ne prendeva uno, poi lo riportava. Per questo Markowitz era convinto che provenisse da una città di provincia.»

«Che significa?»

«Markowitz diceva sempre che probabilmente dalle sue parti la biblioteca pubblica non era più grande di questo negozio. Mi disse queste esatte parole: "La bambina porta indietro i libri perché sua madre l'ha educata come si deve". Poi quel bastardo le confiscò tutti i western. Tutti tranne l'ultimo.»

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