Carol O'Connell
La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio
Crime School, 2002
Le finestre, le uniche stelle nel cielo di New York, brillavano di una luce giallastra. La Prima Avenue pulsava ai ritmi latini provenienti da una macchina. La berlina svoltò bruscamente, facendo stridere i freni. Una bambina bionda, mancata per un soffio, si alzò in punta di piedi, pronta a spiccare il volo. Le braccia sottili come ali bianche.
Un libro schizzò via dalle mani di una donna e atterrò sul marciapiede quando la bambina la urtò. Gli occhi della bambina non erano verdi, non erano gli occhi di Kathy, eppure la donna trasalì come se uno spettro familiare avesse attraversato il tempo e lo spazio.
Quindici anni, stupida! Kathy Mallory non era più così piccola, non era morta né era diventata un fantasma. Il sudore colava sul viso di Sparrow. Se non fosse stato per quel libro rubato, la sua mente avrebbe vacillato a quel modo?
Sparrow si voltò di nuovo, ma non c'era traccia dell'uomo che l'aveva seguita dalla libreria. Aveva preso la strada più lunga verso casa, facendo ampi giri. Voleva seminarlo, e lui non aveva accelerato il passo per starle dietro: aveva mantenuto la stessa inesorabile andatura. Il suo corpo era senza espressione, senza vita.
Se un morto potesse camminare.
Sparrow sentì le mani umide, un'avvisaglia d'ansia, ma incolpò il caldo. E incolpò il costume che indossava per gli sguardi che riceveva dai passanti. La camicia con le maniche di pelle e la gonna lunga erano decisamente fuori luogo in quella serata afosa. Vide accanto a sé il bagliore di un fiammifero: un uomo, un tipo innocuo, accese una sigaretta e si allontanò. Il cuore adesso batteva più forte. Sparrow decifrò questo secondo avvertimento: senso di colpa.
Se non fosse stato per il libro.
Guardò le proprie mani vuote e fu assalita dal panico. Il tascabile giaceva ai suoi piedi e si chinò per raccoglierlo. Quando si rialzò, una figura silenziosa si specchiava nelle vetrine di un drugstore. Era sempre sorpresa da quegli incontri casuali con il suo riflesso. La sua faccia, trasformata dall'intervento chirurgico, non aveva più bisogno di trucco per coprire le ossa rotte e la pelle sciupata. Gli occhi blu nella vetrina erano gli stessi di diciassette anni prima, quando era scesa da un Greyhound proveniente dal cuore dell'America.
Sparrow annuì: «Mi ricordo di te, ragazzina».
Nascose il libro dietro la schiena, come se quel vecchio romanzo rischiasse d'essere rubato. Pensava di bruciarlo, ma l'uomo che la seguiva non voleva il libro. Sparrow lo cercò nella folla anonima. Individuarlo non sarebbe stato difficile, ma a quanto pareva era riuscita a seminarlo dietro qualche angolo. Avvertì un formicolìo, come se migliaia d'insetti premessero sotto la pelle. Accellerò senza voltarsi, ascoltando solo quella voce nella testa. La paura era una vecchia amica, che irrompeva nei suoi pensieri per dirle: "Eccomi qui" oppure, "Non è già troppo buio?". E ora, "Scappa ragazza!"
Greenwich Village aveva perso smalto già da un po': era divenuto la vecchia signora dei quartieri newyorkesi. Sotto il grande arco di pietra di Washington Park si esibiva uno dei suoi figli. I ragazzi indossavano pantaloni mimetici. Erano pronti per la rivoluzione, se per caso ne fosse passata una da quelle parti.
La custodia di una chitarra raccoglieva le offerte dei passanti, ma nessuno rallentava per gettare una moneta. Maledicendo l'afa d'agosto, la gente marciava verso casa, verso una birra fresca e una musica diversa.
L'auto della polizia in borghese avanzava silenziosa. Il sergente Riker abbassò il finestrino dal lato del passeggero e ascoltò una cascata di note malinconiche.
Non era quello che si aspettava.
Il ragazzino non sapeva cosa volesse dire essere giovani. Trentacinque anni prima, sotto quell'arco c'era lui, Riker, con la chitarra elettrica e l'amplificatore, a far impazzire la gente, a costringerla a ballare sul marciapiede.
Bei tempi.
Poi era cambiato tutto. Il mondo era cambiato.
Riker aveva venduto la chitarra elettrica per comprare un anello. Amava quella ragazza più del rock & roll. Ma il matrimonio era finito e anche la musica l'aveva lasciato.
Il finestrino si richiuse.
Toccava sempre a Kathy Mallory il turno al volante, e non per scelta. Tra una bevuta e l'altra, il suo collega aveva fatto scadere la patente. Si avvicinava la fine della giornata di lavoro e Riker aveva dedotto che Mallory avesse dei piani per la serata. Indossava le scarpe da ginnastica d'ordinanza, nere come la T-shirt di seta e i jeans. Unica concessione al caldo, aveva arrotolato le maniche della giacca di lino. Se gli avessero chiesto di descrivere la sua giovane collega, Riker avrebbe trascurato i dettagli più evidenti, la pelle color latte di bionda naturale e quegli occhi così particolari. Avrebbe detto soltanto: «Mallory non suda».
Ma non era solo questo.
Il cellulare di Riker squillò. Scambiò alcune parole e lo rimise in tasca. «Niente cena stasera. Qualcuno della Omicidi vuole un consulto tra la Prima e la Nona.»
Il traffico scemava e Mallory accelerò. Riker sentì la macchina sbandare mentre faceva inversione e sfrecciava nella corsia di scorrimento veloce. Si incollò a un taxi giallo che liberò in fretta la corsia, la sua corsia adesso. Altre macchine si scansarono. Di solito evitava sirena e lampeggiante. I poliziotti non godono di grande rispetto in città, ma seminare il panico funziona sempre.
Riker si piegò verso la collega e disse, cercando di non perdere la calma: «Non vorrei morire stasera».
Mallory si voltò a guardarlo. Gli occhi verdi allungati e il suo sorriso dicevano: "Scendi pure se vuoi".
Continuò a fissarlo negli occhi finché Riker non alzò le mani in segno di resa.
Solo allora Mallory tornò a guardare la strada.
Riker avviò una conversazione silenziosa con Louis Markowitz, un fantasma che custodiva nel cuore e che utilizzava come calmante nei momenti di panico. Era una specie di preghiera, e cominciava sempre allo stesso modo: Lou, bastardo che non sei altro…
Erano passati quindici anni da quando la piccola Kathy Mallory vagabondava per le strade. La vita dei senzatetto è dura e cercare di aiutare quella ragazzina era divenuta la missione di Louis Markowitz, vecchio amico di Riker. Almeno finché erano vivi, i bambini non erano competenza della Crimini Speciali. Per diventarlo, come minimo dovevano morire in circostanze poco chiare.
La caccia a Kathy prendeva il via a fine turno. Il gioco era cominciato con queste parole, lasciate cadere come per caso: «Riker, se minaccia di spararti, non ammazzarla. La sua pistola è di plastica, e avrà sì e no dieci anni».
Al momento della cattura, la bambina stava in punta di piedi per cercare di sembrare più grande. Sosteneva d'avere dodici anni. Che bugiarda. Bugiarda e orgogliosa. Lou Markowitz avrebbe potuto schiacciarla con una risata. Invece, con pazienza infinita, aveva concordato con la bambina la più ragionevole età di undici anni. Così le pratiche d'adozione erano state avviate sulla base di una bugia leggermente più credibile.
In quel modo Kathy Mallory era diventata "la Figlia di Markowitz".
Lou Markowitz era stato ucciso in servizio e Riker sentiva la sua mancanza tutti i giorni. La figlia di Lou era cresciuta fino a raggiungere l'altezza di un metro e sessantotto, un revolver.357 aveva rimpiazzato la pistola di plastica, e Riker non era più autorizzato a chiamarla Kathy.
La scena del delitto brulicava di agenti della Omicidi.
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