Carol O'Connell - La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio

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Un'anziana ex prostituta viene aggredita, ferita e poi impiccata in uno squallido monolocale di New York. Candele e barattoli pieni di insetti ne circondano il corpo senza vita. La polizia pensa al sinistro rituale di un folle, ma Kathy Mallory, agente della omicidi dai trascorsi misteriosi e dalla mente contorta non è convinta. Comincia a scavare negli archivi della centrale, a caccia di indizi su un delitto avvenuto anni prima. E scopre che da quel momento qualcuno aspetta che venga l'ora della giustizia. Della vendetta.

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«Cos'è quella macchia sul grembiule?»

«Grasso. E le altre macchie sono scarafaggi.» Geldorf si piegò e prese una busta dallo scatolone ai suoi piedi. «Ho fatto fare degli ingrandimenti.» Prese un plico di fotografie. «Sono tutte sgranate, ma si vedono meglio gli scarafaggi.»

«Infatti.» Erano giganteschi.

«Oh, ti piacciono gli scarafaggi? Ho dei meravigliosi scatti di mosche e vermi.»

Geldorf aprì un'altra busta con le inquadrature degli insetti in primo piano. «Queste foto le ha fatte il medico legale. Quel vecchio bastardo aveva un debole per gli insetti. Un ubriacone, un maniaco…»

Charles osservò le foto. «Immagino che fosse un entomologo dilettante.» Non c'erano primi piani di scarafaggi. «Sembra che preferisse mosche e vermi.»

Il fax squillò, e Riker tornò di corsa nell'ufficio di Mallory. Osservò la carta che usciva dalla macchina, poi strappò il foglio e lasciò la stanza.

«Torno subito.» Charles percorse il corridoio. Trovò il detective nell'ingresso, sprofondato in una sedia. Stava parlando in un telefono del 1900. «Nessun problema, ottenere il mandato di perquisizione è stato facile» diceva Riker. «Ma il custode non aveva le chiavi dell'appartamento della Harper.» Stava per mettere una gamba sul tavolo d'antiquariato di fronte a lui, ma si fermò. Mallory gli aveva insegnato che non si mettono i piedi sui mobili, specialmente su quelli antichi. «Chiamo io Heller e Slope, sì, il fabbro ha aperto l'appartamento, va bene. Mallory è già per strada.»

Riker riattaccò, poi vide Deluthe che sbucava dalla cucina dell'ufficio con un panino in mano. «Ragazzo, guida tu. Vai a prendere la macchina e portala qui di fronte. Scendo tra un minuto.»

Riker buttò il fax sul tavolo. Charles lo lesse: « Ragazzi tornate a casa. Tutto perdonato. Baci, Sezione Crimini Speciali » . «L'ha spedito Jack Coffey?»

«No, troppo sdolcinato. E poi lui fa finta di non sapere che Mallory lavora ancora qui.» Riker guardò il fax. «No, è più lo stile di Janos.»

«C'è stata un'altra impiccagione?»

Il detective lo fissò. «Indovinato, ma tienilo per te. Mallory aveva ragione. Abbiamo un serial killer.» Si fermò con una mano sulla maniglia. Disse, senza voltarsi: «Dimmi una cosa, Charles. Vorresti vivere in un mondo dove tutte le bugie di Mallory diventano realtà?».

6

Erano esiliati adesso, chiusi fuori dalla stanza. Heller li aveva puniti per aver infranto il primo comandamento della medicina legale: non fare danni sulla scena del delitto.

I detective avevano corso avanti e indietro, combattendo disgustosi insetti alati, neri e panciuti, cercando di arrivare alla finestra, dalla quale non erano ancora state rilevate le impronte. Adesso Mallory sedeva sulle scale antincendio e teneva compagnia al collega. Qui l'aria era meno greve che all'interno, ma densa e quasi troppo pesante da respirare. Il sole era caldo, la giornata tranquilla e il fumo della sigaretta avvolgeva Riker in una nuvola.

Gli insetti erano intrappolati nell'appartamento: si sentiva il ronzio incessante anche oltre la finestra chiusa. Il cadavere in putrefazione aveva attirato tutti gli amici volanti del circondario. L'odore era insostenibile.

Mallory guardò oltre la grata metallica. Erano arrivati altri curiosi sul posto. Non c'era granché da vedere, ma New York ha un debole per gli spettacoli e il nastro giallo della polizia indicava dove iniziava la fila. La settimana precedente, probabilmente l'assassino era rimasto in attesa su quello stesso tratto di marciapiede. Dopo aver chiamato i giornalisti li aveva osservati entrare e uscire dall'edificio, per nulla impressionati dal suo lavoro. «Mi chiedo per quanto tempo abbia aspettato l'arrivo dei poliziotti. Ore? Giorni?»

Riker aspirò una boccata di fumo. «Gli agenti stanno perlustrando l'isolato. Forse saremo fortunati.»

No, Mallory dubitava che si sarebbe fatto avanti un testimone, qualcuno che ricordasse un tizio che bighellonava sul marciapiede. Era passato troppo tempo tra l'omicidio e la scoperta del cadavere.

Riker spense la sigaretta sulla ringhiera della scala antincendio. «Mi domando se troveremo altri corpi, magari in condizioni peggiori.»

«Non credo. Janos dice che ci sono state solo due segnalazioni al numero verde della TV.» E malgrado l'assassino avesse confessato per telefono e i giornalisti fossero andati alla stazione di polizia, il corpo di Kennedy Harper era stato lasciato marcire per sei giorni nella calura di agosto. «L'assassino deve aver pensato che la polizia se ne fregava di lui…»

«Beh, in parte ha ragione» disse Riker. «Per questo ha bruciato la tenda della finestra di Sparrow. Era impossibile non vederla dalla strada. Voleva assicurarsi il pubblico per il suo secondo spettacolo.»

All'interno dell'appartamento Heller aprì la finestra. «Bene, tutte le finestre sono aperte e quell'odore terribile è quasi scomparso. I signorini adesso possono entrare.»

Sebbene nessuno l'avesse espressamente richiesto, gli inquilini si tenevano a distanza dal luogo del delitto. Erano riuniti dall'altro capo del corridoio, dove Ronald Deluthe interrogava un uomo con la tuta da lavoro e un grosso mazzo di chiavi.

«Lei è il custode dell'edificio?»

«Indovinato.»

Deluthe capì che intendeva dire: "Chi altro potrei essere, cretino?". Non era un inizio promettente, ma proseguì. «Allora, c'è un cadavere in putrefazione da almeno una settimana e prima di oggi non ha sentito la puzza?» Si fermò un momento per allontanare una mosca dal viso. «Nessuno si è lamentato?» Un esercito di insetti si arrampicava sul muro, altri passeggiavano sul soffitto.

Una donna con la voce squillante disse: «Certo che ci siamo lamentati. Crede che questo sfaticato abbia perso cinque minuti per controllare?».

La porta si aprì e Mallory entrò nel corridoio, giusto in tempo per vedere il custode esibirsi nel tipico gesto newyorkese di amore e amicizia, il dito medio che si alza dal pugno chiuso.

«Kennedy Harper aveva cambiato la serratura.» L'uomo si avvicinò all'inquilina e le gridò in faccia: «E io non ho le chiavi! Cosa dovevo fare, buttare giù la porta?».

Dall'altra parte del corridoio, Mallory chiamò Ronald Deluthe: «Trova il fabbro che ha cambiato la serratura, scopri quando è stato qui».

«Ve lo dico io.» Il mazzo di chiavi del custode tintinnò mentre sorrideva all'affascinante detective. «È stato qui due settimane fa. Sono rimasto a guardarlo mentre lavorava.» I suoi occhi stavano spogliando Mallory a poco a poco, prima la giacca, poi la maglia, il reggiseno.

Mallory lo ascoltava con attenzione. «Kennedy Harper era in casa quel giorno?»

«Sì.» I suoi occhi fluttuavano lungo il corpo di Mallory. «E allora?»

Le lunghe gambe di Mallory erano strette nei jeans ma per il custode erano nude. L'uomo alzò lo sguardo, improvvisamente spaventato. Mallory si avvicinava con ampie falcate, brandendo una macchina fotografica come se fosse un'arma.

Ronald Deluthe si chiese se fosse solo arrabbiata o se anche stavolta non si fosse perso qualcosa.

Mallory, di fronte all'uomo con la tuta da lavoro, formulò un'accusa precisa: «Lei aveva le chiavi della vecchia serratura».

«Certo, ho le chiavi di tutto l'edificio.»

Era evidente. E ogni chiave era contrassegnata con il numero dell'appartamento. Deluthe si aspettava qualche commento caustico, ma il custode rimase in rispettoso silenzio. Mallory gli si parò di fronte con una mano sul fianco, la fondina e la pistola bene in mostra. Ma lo sguardo era ancora più minaccioso. Non sbatteva mai le palpebre? Fece due passi verso il custode che a questo punto, non potendo indietreggiare oltre, si spiaccicò contro il muro.

«Perché allora non ha le nuove chiavi? Era qui quando il fabbro ha cambiato la serratura. Anche la Harper era in casa quel giorno.»

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