«Gliele ho chieste, ma lei non ha voluto darmele.»
Mallory fissò il mazzo con le targhette, e quando fece per afferrarlo il custode si ritrasse.
«Però ha ancora le vecchie chiavi.» Mallory osservò il cartellino dell'appartamento 4B. «Poteva entrare prima che lei cambiasse la serratura.»
«Non è mai stato un problema per lei.» Ora si stava comportando da cittadino modello: era ansioso di aiutare e parlava veloce. «In cinque anni non si è mai lamentata. Poi un giorno, improvvisamente, non si fida più di me, non mi vuol dare le chiavi. Una cosa da non credere.» Si voltò verso Deluthe: «Questo non scriverlo, ragazzo».
Deluthe chiuse il taccuino e lo rimise in tasca, poi estrasse un foglio e cominciò a leggere. «Ha il diritto di rimanere in silenzio…»
«Cosa stai facendo?» Mallory glielo strappò di mano e gli appioppò la macchina fotografica. «Abbiamo finito con questo signore, vai fuori a fare delle fotografie.»
Deluthe annuì. Si stava abituando alle umiliazioni. L'assassino non aveva modo di sapere che il cadavere era stato scoperto, non questa volta, almeno, quindi non poteva essere tra la folla di curiosi. In effetti, Mallory lo aveva invitato ancora una volta a levarsi dai piedi.
Riker si trovava nei pressi della cucina, dove l'odore era più forte. Fissò il barattolo di mosche morte e contò due dozzine di piccoli piatti. Ciascuno conteneva i resti di una candela rossa consumata. Componevano un cerchio perfetto e, nel mezzo, c'erano i resti di Kennedy Harper. Aveva il cappio intorno al collo, il doppio nodo era simile a quello di Sparrow, ma non l'avevano trovata impiccata. Il lampadario non aveva retto e il corpo della donna era caduto molto prima che giungesse la polizia. Una lampadina rotta e la plafoniera si trovavano accanto a un groviglio di cavi venuti giù dal soffitto. Il cadavere era gonfio e la faccia era coperta da pezzi d'intonaco. Soltanto un occhio era visibile, parzialmente spruzzato di polvere bianca, un occhio affossato nella sua orbita.
Oppure i vermi se l'erano mangiato.
Riker si allontanò, chiedendosi se questa donna fosse bella come Sparrow. Si piegò di fronte al lavandino della cucina e raccolse il portafoglio: portava i guanti. Lo aprì e guardò la fotografia della patente. Non si era sbagliato, era una donna attraente, ma a parte i capelli tranciati col rasoio, non c'erano altre somiglianze con Sparrow. Rimise il portafoglio sul pavimento, insieme al contenuto della borsetta. Si fece da parte per permettere a un agente della Scientifica di rilevare le impronte sul barattolo di mosche morte, ma ancor prima che l'agente scuotesse la testa, sapeva che non ne avrebbero trovate.
Vide Heller sulla porta con un agente che firmava la ricevuta per un mucchio di vestiti avvolti in sacchetti di plastica. Dopo aver tolto la plastica, il medico legale sollevò una camicia verde pallido e la diede a Riker. «Forse questo ti interessa.» La girò per mostrare una grossa "X" sbiadita sul retro. C'era un messaggio di scuse della lavanderia.
«Ho già visto un segno del genere,» disse Heller «su una maglietta appallottolata sotto il lavandino di Sparrow. La usava come straccio.»
«Allora l'assassino non sceglie le donne a caso.» Mallory si avvicinò al corpo. «Pedina le sue vittime.»
«Già» disse Riker. La "X" sul retro della maglietta confermava la teoria di Mallory riguardo alla serratura nuova installata una settimana prima dell'omicidio. «L'assassino vede le donne per strada, poi segna le magliette per seguirle facilmente fino a casa, come se marchiasse un animale. A differenza della Harper, però, Sparrow non aveva sporto denuncia, non aveva detto a nessuno di essere pedinata, d'avere paura. Per le prostitute è diverso.»
Sparrow, perché non sei venuta da me?
Il tenente dell'East Side, invece di mandare un sottoposto, era venuto di persona e Mallory lo interpretò come un'ammissione di colpa per gli errori commessi.
«Ho portato la documentazione.» Il tenente Loman si rivolgeva solo a Riker, come se Mallory non esistesse. «La prima denuncia risale a qualche settimana fa. Qualcuno la seguiva.»
Riker prese la busta e ne estrasse quattro fogli in altrettante buste di plastica. Ogni volta lo stesso messaggio. Loman era teso, quasi sull'attenti. Mallory si chiese se dipendesse dal fatto che Riker era stato capitano.
«Kennedy si era trovata quei biglietti nelle tasche.» Loman si asciugò la fronte con un fazzoletto. «Mi sembrano piuttosto innocui.»
Riker annuì senza commentare, poi lesse i documenti allegati alle buste.
Il tenente fissò la camicia verde che il detective aveva in mano. «L'ha portata alla polizia. Ha detto che è successo in metropolitana. C'è anche una maglietta con lo stesso segno. Ogni volta che si è trovata un messaggio in tasca, Kennedy era stata in mezzo alla gente, in metropolitana, oppure in un negozio. Non ha mai visto il suo pedinatore in faccia.»
Mallory notò che il tenente chiamava la vittima per nome. Era una cosa normale per i poliziotti della omicidi parlare dei morti con tanta familiarità. Gli uomini di Loman però avevano conosciuto Kennedy Harper viva, una cittadina che protestava, come tante altre.
Il tenente evitò lo sguardo di Mallory, aspettando che Riker dicesse qualcosa, una cosa qualsiasi. «Non aveva mai visto quell'uomo in faccia. Cosa potevamo fare?»
«Avete inviato una pattuglia?»
Il tenente fu costretto a rivolgersi a Mallory; Riker aveva finito di leggere e anche lui aspettava una risposta.
«No» rispose Loman. «C'era in giro l'influenza. Avevo troppo poco personale per inviare una pattuglia.»
Mallory scosse la testa. Sarebbe stato un atto di grave insubordinazione gridargli che era un bugiardo. Kennedy Harper era morta prima che l'epidemia di influenza colpisse quella parte della città. I suoi uomini avevano avuto tutto il tempo per andare a trovare la graziosa Kennedy Harper. Tanto che perfino il comandante della squadra la chiamava per nome.
Riker prese un pezzo di carta con del sangue ormai seccato e lo mostrò al tenente.
Loman esitò prima di rispondere. «Questo è l'ultimo messaggio. L'uomo ha usato una spilla. Kennedy era entrata alla stazione di polizia sanguinante, con quel messaggio appeso al collo.»
Mallory sapeva che quella donna si era spinta a tanto nella speranza che finalmente la prendessero sul serio.
Riker lesse il messaggio insanguinato a voce alta: « Posso toccarti quando voglio » .
«Quello stesso giorno aveva deciso di andarsene» disse Loman. «Abbiamo pensato che fosse un'ottima idea. Uno dei miei uomini le ha portato del caffè, l'ha medicata. Ho prenotato personalmente il biglietto per le Bermuda.»
Ma che pensiero gentile!
«Non avete fatto altro?»
«Sì!» Loman si voltò verso Mallory, adesso era lui ad attaccare. «La ragazza era sotto shock. L'abbiamo scortata all'ospedale, e poi a casa. A quel punto, l'unica cosa che doveva fare era prendere un taxi per andare all'aeroporto.»
L'avete lasciata da sola.
Mallory si avvicinò al tenente. «E non avete fatto delle indagini?»
«No, perché avremmo dovuto? Lei doveva essere alle Bermuda.»
Era arrivato Edward Slope. Si piegò, voltò il cadavere e i fotografi inquadrarono il volto decomposto.
«Questo cambia tutto» disse Heller, e tutti si voltarono a guardare il cadavere. Le mosche uscivano dalla bocca percorrendo le lunghe ciocche di capelli che vi erano state infilate. Il doppio nodo della corda teneva aperta la bocca, allargando le labbra in un ghigno orribile. «Era quasi riuscita a liberarsi.»
Solo Mallory osservava la reazione di Loman. Era pallido, la bocca asciutta. Il veterano, mille casi alle spalle, era sul punto di svenire. Era un uomo vulnerabile, adesso. Mallory si avvicinò e disse: «I giornalisti vi riferiscono una soffiata e voi non indagate?». Subito aggiunse con tono deferente: « Signore… » .
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