Andrew Klavan - Shadowman

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Shadowman: краткое содержание, описание и аннотация

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Un investigatore romantico, arguto e profondo conoscitore dell’animo umano; un motociclista e pilota, cinico e testardo, che non esita a menare le mani, e infine un giovane apprendista detective, idealista e sognatore. Sono questi i tre eroi della Weiss Investigations, un’agenzia che, sullo sfondo mutevole di San Francisco, si trova coinvolta in una fitta trama di casi che alla fine convergono in un unico grande complotto. Sembra, infatti, che dietro a tutti i delitti, gli attentati e le trame criminali ci sia un killer che nessuno ha il coraggio di nominare.
, l’uomo ombra, и una realtа o soltanto un nome, dato per spaventare poliziotti e delinquenti? И un astuto criminale o solo un fantomatico personaggio inventato per archiviare i troppi delitti irrisolti? Ma la presenza di
и reale, presente in ogni tassello di un complesso mosaico di azioni criminali finalizzate a un piano che lui solo conosce. E che solo gli agenti della Weiss Investigations sapranno svelare…
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Tra gli alberi era quasi completamente buio. Mentre l’aereo rollava, Bishop cercò di guardare oltre il parabrezza, per vedere dove finiva la pista. Improvvisamente si trovò davanti un muro di tronchi, ma ormai il Cessna era sotto controllo. La notte parve rallentare attorno a loro, fino a fermarsi. L’aereo stazionava immobile sulla pista, i motori al minimo. Erano atterrati.

Bishop si concesse un sospiro di sollievo e guardò Hirschorn con la coda dell’occhio. Scorse il suo profilo.

«Ti sei divertito?» disse il vecchio, ma Bishop non rispose. Hirschorn rise, una risata gioviale. Sporse il braccio sopra il pilota e prese le chiavi dell’apparecchio. «Vedrai il prossimo volo!» aggiunse.

46

Quando scese dall’aereo, Bishop notò delle luci che si avvicinavano dalla foresta e colse un rumore di passi sulle foglie cadute. Dopo un istante apparvero due uomini, in tuta mimetica e cappellino. Entrambi portavano una mitraglietta in spalla.

Bishop pensò che era un discreto armamentario per quel posto sperduto nel bel mezzo del niente. Anche lui, che non era abituato ad avere paura, si sentì improvvisamente solo e abbandonato, incredibilmente lontano da qualsiasi possibilità di fuga o di aiuto.

«Andiamo», ordinò Hirschorn.

Bishop prese la sua borsa dal sedile posteriore dell’aereo e, a un cenno del capo, seguì uno dei due uomini che si avviava verso gli alberi. L’altro si mise in coda al gruppo.

Non c’era un sentiero, ma solo radici intricate, foglie, alberi e una nebbiolina inquietante. A un certo punto apparvero delle piccole luci confuse, che non aiutavano però a orientarsi. Non si poteva far altro che seguire l’uomo, senza perderlo di vista.

Nella foresta l’aria era più fresca che in città, ma molto più umida. La maglietta di Bishop si intrise di sudore in pochi minuti e il viso si fece appiccicoso. Arrivarono le zanzare, a stormi ben visibili nel raggio delle torce. Bishop udì l’odioso ronzio che annunciava l’attacco e le maledisse con tutte le sue forze. Cominciò a schiaffeggiarsi il collo e le guance, sporcandosi del proprio sangue mentre si schiacciava gli insetti addosso.

Il tragitto però non fu lungo, circa dieci minuti. Il primo segno che la meta era vicina fu il rumore di un generatore, poi i rami contorti degli alberi e dei rampicanti cominciarono a stagliarsi contro un riverbero bianco e spettrale, una luce lontana filtrata dalla foschia.

A dispetto di quelle avvisaglie, l’arrivo al campo base costituiva una sorpresa. Non c’era nessuna radura, solo un paio di prefabbricati incuneati fra gli alberi. Uno era una baracca a due piani, composta da due container di metallo messi uno sull’altro, con una finestra per ogni parete di entrambi i blocchi e una scala appoggiata a un lato corto. Dalle finestre oscurate sfuggiva solo quella pallida luce spettrale che si diffondeva tra i vapori del bosco, trasportata dal loro lento moto a spirale.

L’altra costruzione, più grande, era una specie di capannone completamente buio.

Mentre si avvicinava senza rompere la fila, Bishop guardò istintivamente in alto e vide una stella in un rettangolino di cielo. Tutto il resto era coperto dalle chiome degli alberi. Sopra il capannone, poi, c’era una specie di rete, simile a quella delle zanzariere, che serviva a mimetizzare ulteriormente il posto, se mai ce ne fosse stato bisogno. Si poteva sorvolarlo a duecento piedi per centinaia di volte senza mai vederlo, pensò. Soprattutto al buio. Non aveva dubbi: se non fosse riuscito a tirarsi fuori di lì da solo, nessuno lo avrebbe mai trovato.

Il capofila si fermò e così tutti i suoi compagni. Si percepivano il rumore del generatore e il canto dei grilli, qualche rana e i misteriosi suoni della foresta.

Hirschorn si deterse il sudore dalla faccia con un fazzoletto bianco, che Bishop intravide nell’oscurità. Il vecchio sembrava non aver perso la sua compostezza, nonostante l’umidità e le zanzare.

Con il fazzoletto indicò a Bishop il capannone. «Ti lascerò andare a lavarti e sistemarti fra pochissimo», disse, «ma prima devi dare un’occhiata al mio gioiello.»

Alzò il mento per indicare all’uomo davanti a loro di andare al capannone. A un altro gesto di Hirschorn, Bishop lo seguì.

L’uomo armeggiò con la catena che chiudeva la porta, tenendo la torcia sotto il braccio. Quindi aprì i battenti, uno alla volta.

Bishop, accostatosi all’ingresso, vide solo la luce della torcia che si muoveva nel buio. Poi, con un crescente disagio, iniziò a distinguere una massa più nera dell’oscurità circostante.

L’uomo che aveva aperto girò un interruttore e le luci al neon inondarono lo spazio coperto, accendendosi a una a una, lentamente. E Bishop vide che cosa Hirschorn vi teneva nascosto.

Fischiò, e Hirschorn rise, contento della sua reazione.

Il pilota cercò di dire qualcosa, ma non poté. Riuscì solo a emettere un altro fischio di sorpresa e poi a sussurrare: «Santo cielo».

47

Tutto ciò che Weiss desiderava in quel momento era uno scotch. Stava guidando verso casa dall’aeroporto, dopo la visita a Whip Pomeroy nella prigione su al Nord.

Durante la sua assenza il tempo era cambiato e il cielo, sopra lo stadio del baseball e sul mare, appariva fitto di nubi. Non si era visto il tramonto: l’oscurità era scesa all’improvviso e le luci di Oakland, dall’altra parte della baia, si confondevano in una nebbia sempre più fitta. Weiss le osservò pigramente. Il traffico era lento. Le auto lungo la superstrada davanti a lui emettevano rossi baluginii, poi tornavano scure per lampeggiare nuovamente a ogni colpo di freno.

Era il momento della giornata in cui il bevitore dice: «È ora». Gli sembrava quasi di sentire il sapore dello scotch in bocca, di percepirne il profumo nelle narici. La sua mente stava quasi implorando la sua porzione di tranquillità. Sarebbe stata sempre meglio di quest’agitazione, di questo ossessivo fantasticare: la scala, la porta chiusa, la ragazza dal viso angelico nell’aureola dei capelli rosso-dorati e così via. Oh, grazie di avermi salvato, grazie, grazie.

«Ma fammi il piacere», mormorò mentre guidava.

Avrebbe dovuto sentirsi meglio, adesso. Julie Wyant era riuscita a fuggire con la sua parrucca, e una nuova identità. Nessuno l’avrebbe più trovata. L’unica persona che ne conosceva il segreto, Whip Pomeroy, era rinchiusa in un buco fuori dal mondo, sorvegliato da centinaia di guardie, dove era improbabile che l’inarrestabile Shadowman, come lo descrivevano i giornali, riuscisse ad arrivare. Perciò Julie era salva, almeno per il momento; non c’era urgenza, né scale, né una porta sbarrata. Nemmeno i minuti contati. Perché quindi era così preoccupato?

I fari degli stop del fuoristrada davanti a lui si accesero e Weiss fu costretto a frenare. I clacson delle auto immobilizzate nel traffico sembravano oche starnazzanti. Weiss tamburellava sul volante, con impazienza.

Mio Dio, pensò, chi era in fondo quella donna? Quella Julie Wyant? Era davvero speciale? Era davvero qualcuno? Non si sapeva neanche da dove venisse. Per quanto la polizia e lui stesso avessero cercato, non si era trovato niente: nessun passato, nessuna famiglia, nessuno che sapesse dove fosse stata prima di fare la sua comparsa fra le ragazze di Moncrieff. Era stata come un lampo di luce venuto dal nulla e ritornato al nulla senza lasciare traccia. Tranne un video che ne rimandava la figura ammiccante e una schiera di uomini innamorati. Ossessionati. Moncrieff… Shadowman.

Weiss si sentì avvampare mentre ci pensava. Provava imbarazzo, vergogna. Lui non era diverso dagli altri, con i suoi sogni a occhi aperti, quel desiderio struggente e febbrile. Per non parlare della prostituta con la parrucca rossa. Se questa non era ossessione…

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