Arrivato lì, Chris avrebbe voluto fermarsi, girarsi a combattere, cercare di scappare. Invece imboccò il sentiero senza fare resistenza, e la foresta parve richiudersi buia e fredda intorno a lui. La situazione continuava a precipitare, non riusciva a fermarla.
«È stata Kathleen», diceva in tono amaro, con voce rotta, con un rivolo di bava all’angolo della bocca e le lacrime agli occhi. «È stata mia moglie, proprio lei. Mi spiava, dovete credermi. Gli ha detto tutto. Ecco come lo ha saputo.»
«Qui va bene», disse Goldmunsen dopo un po’. «D’accordo, puoi fermarti.»
Chris obbedì, come ipnotizzato. Si fermò, in lacrime, con le possenti spalle abbassate, le braccia molli lungo i fianchi. Fra le lacrime vide il bosco, che gli sembrava così bello, così bello e vero… L’aria era fresca e tersa e la notte scura. Tutto ciò che desiderava dalla vita, in quel momento, era un po’ di vita in più. Le lacrime gli colavano sul volto, mentre aspettava il colpo nella nuca. «È andata a letto con lui, ecco cos’è successo. Capite, lui se l’è scopata e lei gli ha detto tutto, ecco come ha saputo, come si è intromesso. Per favore, vi prego…» Cominciò a blaterare senza più articolare le parole.
Udì lo scatto della Glock quando Goldmunsen mise il proiettile in canna. Chris si pisciò addosso, inzuppando i jeans. Tremante, singhiozzava: «Per favore, per favore, ve lo giuro su Dio…»
«Aspetta un attimo, che cosa…?» mormorò Flake.
Goldmunsen puntò la pistola alla nuca di Chris.
«Oh, oh, oh! Aspetta un momento. Hai sentito?»
«Sentito cosa?»
«Quello che ha appena detto. Ho sentito bene?»
«Non lo so, che cosa ha detto?» chiese Goldmunsen spazientito. «Ha detto: ‘Per favore, per favore’. Che cos’altro doveva dire?»
«No, no, no, aspetta un attimo», continuò Flake. «Kennedy si scopava sua moglie? È questo che ha detto?»
«Non lo so. Che cosa me ne frega? Posso andare avanti, adesso?»
«Aspetta un minuto.» Flake alzò una mano per impedire a Goldmunsen di sparare.
Il gorilla sgranò gli occhi. «Merda», imprecò, scrollando la pistola. «Sto morendo di fame.»
«Ehi», disse Flake, alle spalle di Chris. «Tu, pezzo di merda, hai detto che Kennedy si scopava tua moglie? È questo che hai detto?»
Chris fece un gran sospiro e iniziò a piangere più forte, la bocca spalancata. Aspettando il colpo di grazia, fissava tra le lacrime il bosco, incantato dalla sua bellezza. I secondi gli sembravano lunghissimi e sperò che ciascuno di essi diventasse infinito. «Si scopava mia moglie», mormorò con distacco, rispondendo a Flake senza neanche saperlo. «Ecco come ha saputo tutto. Così ha fatto.»
«Allora Kennedy è un investigatore privato e si scopa tua moglie, e lei gli spiffera tutto quello che vi dite tu e il signor Hirschorn! È questo che stai cercando di dirci?» chiese Flake piegandosi in avanti per ascoltare meglio. «Stai cercando di dirci questo?»
«Possiamo ancora salvare l’operazione», Chris continuava a balbettare. «Possiamo… e il signor Hirschorn sarebbe contento…»
«Ehi!» esclamò Flake, colpendo Chris con una botta sulla nuca.
Lui pensò che fosse partito il colpo e urlò con quanto fiato aveva in gola, cadendo in avanti, sulle ginocchia, in lacrime. Si sorprese di non essere ancora morto e pensò che gli avrebbero sparato ancora, finché tutto non fosse finito. Si augurò che facessero in fretta, prima di iniziare a provare dolore.
«Ehi», ripeté Flake. Prese Chris per un orecchio e gli girò la faccia fino a incontrare il suo sguardo con quegli occhi da psicopatico. «Sto parlando con te, pezzo di merda. Ti sto facendo una domanda. Che cosa vuoi dire esattamente?»
Con la bocca aperta e la faccia imbambolata, bagnata dalle lacrime, Chris fissò il volto contorto del killer e, dopo qualche istante, capì. Flake lo stava ascoltando! Lo ascoltava e lui era ancora vivo! Lo guardò con la riconoscenza di un bambino verso la mamma.
«Sì, è vero», urlò fra le lacrime, fino a coprire il canto delle cicale. «Kathleen e Kennedy… Lui è un investigatore privato.»
«E se la fa con tua moglie?»
«Se la faceva, e lei mi spiava quando parlavo con Hirschorn e gli riferiva tutto. Ho visto un’e-mail, sul suo computer. Era indirizzata alla Weiss Investigations di San Francisco. C’era scritto che io ero fuori e che adesso lui era entrato nel gioco, e che avrebbe scoperto tutto sull’operazione.»
Flake ci mise qualche secondo ad assimilare l’informazione. Poi, con uno spintone, mandò Chris lungo disteso per terra, e il pilota si coprì il capo con le braccia. «Vi prego, non fatelo, non fatelo», disse. «Posso darvi una mano, giuro. Posso salvare l’operazione. Per favore.»
Flake lo guardava, irritato ma attento. Poi, in uno scatto d’ira, gli diede un calcio nella coscia.
«Merda!» urlò.
Goldmunsen abbassò l’arma, esasperato, battendo la canna sulla gamba. «Non mi dirai che adesso credi a tutte queste stronzate?» chiese.
Flake aveva lo sguardo fisso a terra e le mani sui fianchi. «Merda, merda, merda.»
«Il signor Hirschorn ha fatto controllare Kennedy», insisteva Goldmunsen. «Si è assicurato che fosse pulito.»
«Hai sentito questo qui? Dice che Kennedy si scopava sua moglie», ribatté Flake.
«E allora? Che cosa significa? Che senso ha tutto questo? Avrebbe detto qualsiasi cosa per salvarsi.»
«Ma non quello, non che qualcuno si scopava sua moglie. Uno non dice queste cose. Tu lo diresti?»
«Ma dai!» Goldmunsen indicò il povero Chris, piangente a terra. «Guardalo!»
Flake gli lanciò un’occhiata di disgusto. «Non lo avrebbe comunque detto, che un altro gli scopava la moglie. Non è nella natura umana. Non te la inventi, una cosa così.»
Goldmunsen alzò le braccia al cielo. «Cristo, e adesso che cosa cazzo facciamo?»
Flake dava calci al terreno con la punta della scarpa. «Be’», disse. «Di sicuro puoi scordarti di andare da Lucky, stasera.»
«Santo cielo», ripeté Bishop.
Avanzò a passi lenti nel capannone e perlustrò ogni centimetro dell’apparecchio che stazionava minaccioso sotto le luci al neon.
«È bellissimo o no?» disse Hirschorn alle sue spalle, sorridendo.
Bishop non rispose, ma «bellissimo» non era la parola più adatta. In quel punto sperduto di una sconfinata distesa di foreste, a Bishop sembrava di trovarsi davanti a un’enorme locusta, un insetto venuto dallo spazio, cattivo almeno quanto era grosso. Il parabrezza, come un occhio incupito dal riflesso della notte, sembrava scrutare con diffidenza l’uomo che si avvicinava. I grandi rotori spioventi e le corte ali, benché immobili, parevano pronti a un attacco feroce e fulmineo.
Era da molto che Bishop non ne vedeva uno da vicino: un Apache Longbow AH-64D, un elicottero da guerra in dotazione all’esercito. Questo era completo di missili, e che missili: i missili terra-aria conosciuti con il nome Hellfire, fiamme dell’inferno. Ce n’erano quattro (su una capacità di otto) sotto ognuna delle ali. Per non parlare delle mitragliatrici da 30 mm che sbucavano da sotto la fusoliera.
Bishop si accostò al muso dell’elicottero. Nella mano sinistra teneva ancora la borsa da viaggio, e quindi alzò la destra per passarla sulla fredda armatura metallica. Scosse lievemente la testa: Hirschorn doveva aver speso milioni di dollari per procurarselo, e di sicuro c’erano volute settimane per farlo arrivare di nascosto fin lì. Guardò, senza celare una certa ammirazione, il vecchio dai capelli argentei rimasto nell’ombra, fuori del raggio delle luci.
«Chi è lei, Hirschorn, una specie di terrorista?» chiese con voce pacata.
L’altro si irrigidì. «Ehi, attento a come parli, sono americano al cento per cento.»
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