Andrew Klavan - Shadowman

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Shadowman: краткое содержание, описание и аннотация

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Un investigatore romantico, arguto e profondo conoscitore dell’animo umano; un motociclista e pilota, cinico e testardo, che non esita a menare le mani, e infine un giovane apprendista detective, idealista e sognatore. Sono questi i tre eroi della Weiss Investigations, un’agenzia che, sullo sfondo mutevole di San Francisco, si trova coinvolta in una fitta trama di casi che alla fine convergono in un unico grande complotto. Sembra, infatti, che dietro a tutti i delitti, gli attentati e le trame criminali ci sia un killer che nessuno ha il coraggio di nominare.
, l’uomo ombra, и una realtа o soltanto un nome, dato per spaventare poliziotti e delinquenti? И un astuto criminale o solo un fantomatico personaggio inventato per archiviare i troppi delitti irrisolti? Ma la presenza di
и reale, presente in ogni tassello di un complesso mosaico di azioni criminali finalizzate a un piano che lui solo conosce. E che solo gli agenti della Weiss Investigations sapranno svelare…
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Chris, in ginocchio, cercava di parlare, di dir loro ciò che aveva scoperto, ma riusciva solo a rantolare.

Il gorilla alzò nuovamente il pugno, lo fece roteare in alto come un’enorme mazza e poi colpì la testa di Chris, che cadde in avanti perdendo i sensi.

Goldmunsen lo prese per un braccio, all’altezza del tatuaggio NATO PER SCATENARE L’INFERNO. Flake lo afferrò per l’altro. Lo trascinarono via così, lasciando strisciare i suoi piedi sul cemento dell’hangar.

Ray Gambling continuò a tenere gli occhi bassi. Wilson Tubbs, che si era tirato su appoggiandosi a un gomito, quando si rese conto di cosa stava accadendo abbassò a sua volta il capo, fissando il suo stesso sangue che dal naso colava sul pavimento.

Né Tubbs né Gambling osarono sollevare lo sguardo mentre Goldmunsen e Flake trascinavano Chris nel parcheggio. Nessuno dei due osò farlo finché i due gorilla non ebbero portato via Chris nella loro lucida vettura nera.

44

Circa due minuti dopo, l’Harley di Jim Bishop faceva il suo ingresso nel parcheggio. La moto s’arrestò scivolando leggermente sulla ghiaia che schizzò via da sotto le ruote. Bishop smontò e si diresse velocemente verso l’hangar, con la borsa da volo sulla spalla sinistra e il bagaglio nella mano destra.

Ray Gambling stava aiutando Tubbs ad alzarsi e a tamponarsi il naso. «Cazzo!» stava dicendo il giovane, forse per la quinta volta. «Hai visto che roba?»

Ray vide Bishop arrivare da sopra la spalla del ragazzo. «Tubbs…» cercò di dire, ma la voce gli tremava.

«Cazzo! Ma hai visto?»

«Tubbs!» Il ragazzo lo guardò da sopra lo straccio che si premeva sul naso. «Vai a farti vedere, dammi retta. Di’ al dottore che hai battuto contro l’ala di un aeroplano. Hai capito?»

«Ray, ma cosa…»

«Vai, Tubbs, non è successo niente, sei solo inciampato. Ora vattene e tieni la bocca chiusa. Vai.»

Tubbs annuì, confuso. Il tono di Ray non ammetteva repliche. Quando Bishop raggiunse Ray Gambling, il ragazzo era ormai quasi fuori dall’hangar.

Bishop lo guardò, poi si rivolse a Ray. «Che cosa è successo?»

«Hanno preso Chris», rispose Ray in un sussurro, la voce tremante, e deglutì a fatica. Bishop indossava gli occhiali da aviatore e Ray, non vedendo i suoi occhi, non riuscì a capire quale fosse la sua reazione alla notizia che gli aveva appena dato. Si affrettò a proseguire. «Lo sa, figliolo. Chris sa che sei un detective e che sono stato io a chiamarti. È entrato qui come una furia, chiedendo di Hirschorn, per spifferargli tutto; ma poi sono arrivati i due scagnozzi, l’hanno riempito di botte e l’hanno portato via, senza dargli il tempo di parlare. Sono entrati, l’hanno stordito e se ne sono andati.»

Bishop non disse niente per un lungo istante. Poi annuì lentamente. «L’hanno stordito.»

«Sì, ma se si sveglia, se si sveglia e spiffera tutto, sono un uomo morto. Mi uccideranno, ammazzeranno tutta la mia famiglia. Se Hirschorn lo viene a sapere… non avrei mai dovuto immischiarmi. Dannazione, non avrei dovuto. Che cosa facciamo, Bishop? Come dobbiamo comportarci?»

Bishop era immobile, in piedi, con gli occhi chiari nascosti dagli occhiali, e non diceva niente. Ray aveva ragione; se Chris si svegliava e convinceva i due tipi a credergli, Hirschorn avrebbe ucciso Ray e poi anche lui.

«Che si fa?» ripeté Ray. «Non possiamo chiamare la polizia, non in questa città. Hirschorn lo saprebbe dopo due secondi. Non avrei mai dovuto farlo. Uccideranno me, mia moglie, i miei figli. Uccideranno te e poi tutti quanti. Che facciamo?»

«Niente», rispose Bishop calmo. «Non possiamo fare niente, dobbiamo correre il rischio.»

«Ma se si sveglia? Che succede se si sveglia?»

«Cerca di capire questo», Bishop replicò. «Non si sveglierà. Mi senti? L’hanno stordito per questo. Prima che possa svegliarsi, sarà già morto.»

Ray Gambling sembrò voler replicare nuovamente, ma Bishop non lo ascoltò. Passò oltre e si diresse verso l’aereo che lo aspettava.

45

Le foreste che si stendevano tremila piedi più sotto erano di un verde scuro alla luce del tramonto. Il Cessna s’inclinò mentre Bishop lo portava verso nord, attraversando il crepuscolo.

La voce di Hirschorn si fece sentire nelle cuffie. «C’è un bel mucchio di niente là sotto, vero?»

Bishop annuì mentre riportava l’aereo in assetto orizzontale, come Hirschorn gli aveva raccomandato di fare.

«Nessun modo per entrare, nessuno per uscire», continuò Hirschorn. «Niente strade, né telefoni.»

«Neanche piste d’atterraggio, per quel che posso vedere», replicò Bishop.

Sentì l’altro fare una risatina che suonò fredda e meccanica in cuffia. «Nervoso?»

Bishop accennò un sorriso.

Il sole era sceso dietro le montagne, a ovest, ma il cielo era ancora di un azzurro intenso. Bishop si sfilò gli occhiali e li mise in tasca. Fu allora, con l’ultima luce diurna, che intravide qualcosa in basso, un’impercettibile linea tortuosa fra gli alberi, troppo marrone per essere un fiume, troppo stretta per essere una strada.

Hirschorn se ne accorse. «Sì, è quella», disse. «È una strada mineraria, ai tempi della corsa all’oro la usavano per trasportare la dinamite dal deposito alla miniera. Adesso non serve più a niente, una via della dinamite a cinquanta chilometri di montagne impervie da qualsiasi abitazione. Ma dall’aria… seguila, e inizia a scendere.»

Bishop gli lanciò uno sguardo interrogativo che significava: inizia a scendere dove ? Ma Hirschorn si limitò a mostrare i denti fra i baffi argentei. Bisognava riconoscere che quel vecchio aveva un gran sangue freddo.

Bishop iniziò la manovra e sentì l’aereo abbassarsi dolcemente. Inclinò l’apparecchio in virata per seguire la via della dinamite durante la discesa.

«Al massimo atterriamo sugli alberi; sei capace, no?» stava dicendo Hirschorn, mentre rideva.

E per lunghi istanti parve proprio che così avrebbero fatto. Il Cessna scese sempre più, fino a sfiorare le cime delle querce e dei pini, ma l’unica interruzione nel verde sconfinato era la linea marrone, poco più di un sentiero, sulla destra dell’aeroplano. E anche quella divenne difficile da seguire, man mano che calava la sera. Le foglie degli alberi vennero inghiottite da ombre incolori e l’azzurro del cielo si fece violetto. La via della dinamite era appena un filo grigio.

«Là», disse Hirschorn.

Dove? pensò Bishop, strizzando gli occhi per cercare di vedere. Ma niente, non c’era niente. Poi, sì, in un istante, ecco la pista d’atterraggio a ore una… ma era già scomparsa, l’avevano superata.

Bishop sporse le labbra in una smorfia di disappunto. Hirschorn rise ancora. «Non c’è molto spazio per atterrare.»

Questo era poco ma sicuro. Poco più di seicento metri di terra battuta, circondata da pini e querce che rischiavano di colpire le ali. Sarebbe stato difficile beccarla con un elicottero, figuriamoci con un aeroplano.

«Pensi di farcela?» domandò Hirschorn.

Bishop non rispose neanche. Virò per tornare indietro e rallentò mentre si avvicinava. La ripercorse tutta dall’alto, misurandola mentalmente. Non era facile. E anche la pista stava per sparire nel buio.

«Chris ha fatto scoppiare uno pneumatico la prima volta che ci ha provato. Siamo quasi andati a sbattere contro un albero.» Hirschorn parlava in tono allegro. «Ora capisci perché avevo bisogno di un pilota molto esperto.»

Bishop impegnò l’aereo nell’avvicinamento finale. Abbassò il carrello e credette di sentire le ruote che urtavano i rami. I fasci delle luci di atterraggio si perdevano nella nebbiolina che saliva dalla foresta, e davanti a sé il pilota non vedeva quasi più niente; distingueva a malapena la pista nel crepuscolo. I flap, la velocità che rallentava, il ronzio uniforme, l’ombra della pista sempre più vicina erano parte della sua coscienza. Scelse il punto esatto, un metro o due oltre la linea degli alberi. Passata l’ultima quercia, alzò il muso dell’aereo, e il Cessna si abbassò bruscamente, come un mattone, quasi in verticale. Tutto l’abitacolo fu scosso dalla vibrazione quando le ruote toccarono il terreno. Bishop intanto combatteva per tenere su il muso, per impedire il più a lungo possibile alla ruota anteriore di toccare terra. Quando poi, diminuita la velocità, non ci fu più pericolo di sbandare o ribaltarsi, portò giù il muso e abbassò con sicurezza il piede sui freni.

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