«Kathleen, anche tu te ne devi andare», disse.
«Potrei farti felice», incalzò la donna. «Siamo stati bene insieme.»
«Ascoltami!» ripeté Bishop, in modo più deciso. «Ti ucciderà. Hirschorn ti ucciderà. Sta già pensando di far fuori Chris. Ucciderà lui e poi verrà da te.»
Lei lo fissò con uno sguardo interrogativo.
«Hai capito che cosa ti ho detto?» chiese Bishop. «Devi lasciare la città finché tutta questa faccenda non sarà finita, finché Hirschorn non sarà stato beccato, fino allora.»
Kathleen lo guardò ancora per qualche istante, poi rielaborò nella mente le parole di Bishop, capì che era finita. La collera si impossessò di lei e la fece indietreggiare.
«Non voglio ascoltarti», disse. «Non voglio i tuoi bei consigli mentre stai per lasciarmi. Vaffanculo, Frank! Chi cazzo sei tu per preoccuparti di quello che mi succederà?»
Chinò la testa e si mise a piangere, respingendo Bishop che si stava avvicinando. «Non toccarmi, stai lontano.»
Bishop si fermò a guardarla. Aveva fatto il possibile per lei, almeno così pensava. La sua coscienza, il suo codice d’onore, i suoi sentimenti erano soddisfatti. L’aveva avvertita, per quanto aveva potuto. Che cos’altro poteva dire? si chiese. Era la sua vita. Che cosa diavolo doveva ancora fare?
Kathleen alzò lo sguardo e lo vide immobile, mentre la fissava. Emise una malinconica risata, prima di tornare a piangere, scuotendo la testa. «Non potevi innamorarti di me e basta?» chiese con un filo di voce.
Bishop non rispose. Era in piedi e la guardava. Per un momento avrebbe anche potuto… ma no, non l’amava. Lui non amava nessuno.
Era ancora in quella posizione, lo sguardo su di lei, quando Kathleen uscì dalla stanza.
Quanto a Kathleen, tornò lentamente verso casa e salì, altrettanto lentamente, le scale fino alla camera. Restò sdraiata sul letto, a guardare il soffitto, per un tempo indefinito. A tratti piangeva, e la luce del soffitto le appariva sfumata e luccicante attraverso le lacrime.
Era furiosa, furiosa con se stessa, e, cosa ancora peggiore, si sentiva una stupida, spogliata di ogni dignità, esposta al ridicolo e alla vergogna. Provava anche un feroce rancore per l’uomo che conosceva come Frank Kennedy. Desiderava che morisse, che fosse investito da un camion e dimenticato da tutti. Ma al tempo stesso lo amava. Voleva che fosse morto, ma anche che bussasse alla porta per dirle che si era sbagliato, che la portava con sé. Era così bello stare con lui, nel suo letto, tra le sue braccia… si era sentita bella, perché lui la desiderava. Sdraiata al suo fianco, aveva pensato che la sua vita potesse cambiare. Proprio lui le aveva fatto capire quanto fosse brutto stare con Chris; le era già successo, ma non in modo così forte e chiaro. Proprio perché Frank — colui che conosceva come Frank — era così gentile e sicuro, lei comprendeva meglio quanto fosse terribile che Chris si ubriacasse, la picchiasse e se la intendesse con un criminale come Hirschorn. Fra le braccia di Frank capiva tutto questo e sentiva che tutto poteva essere diverso. Ora però… aveva capito, invece, che tutto sarebbe stato come prima. O forse poteva cambiare le cose senza l’aiuto di Frank, poteva lasciare Chris e iniziare una nuova vita da sola? Ma no, sapeva che era impossibile. Più ci pensava e più si vedeva intrappolata nuovamente nella sua vita di sempre, con Chris, giorno dopo giorno.
Piangeva sempre più forte e le lacrime le colavano ai lati del volto, bagnando il cuscino. Prese un fazzoletto dal comodino e si asciugò il naso, pensando all’uomo che aveva conosciuto come Frank, alle volte che erano stati insieme. I singhiozzi le scossero il petto. Dannazione, dannazione, pensò, e lo malediceva per come lui l’aveva trattata poco prima, senza emozione, senza sentimento, così diverso da com’era quando avevano fatto l’amore e avevano parlato nel buio della stanza.
Il pianto si calmò, ma Kathleen continuò a prendere dalla scatola un fazzoletto dopo l’altro per asciugarsi il naso. Alla fine, c’era una collezione di fazzoletti stropicciati intorno a lei. Sempre fissando il soffitto, ripensò ancora a come fosse stato bello con lui, alle cose che si erano detti, alla dolcezza, all’abbandono. Erano tutte bugie? Le aveva fatto tante domande su di lei e la sua vita, come se gliene importasse qualcosa. Era tutta una messinscena? La preoccupazione per quanto le accadeva, l’interesse per ciò che faceva Chris… glielo chiedeva sempre, chiedeva sempre di Chris e dei suoi incontri segreti con Bernie Hirschorn. In effetti, tutte le volte che erano stati insieme erano capitati sull’argomento. Tutte le volte.
Kathleen si soffiò il naso. I suoi pensieri avevano preso, senza volerlo, un’altra direzione. C’era qualcosa di… stonato in quel momento. Era come se una sorta di veleno fosse penetrato nel suo corpo, un insinuante veleno che si diffondeva in lei rendendo tutto confuso e sbagliato. Tutte le volte che era stata con Bishop avevano finito per parlare di Chris e Hirschorn, senza eccezioni. Frank l’aveva spinta ad ascoltare le loro conversazioni per «sapere cosa sta succedendo e proteggerti», diceva lui. Se lo ricordava perfettamente. E lei aveva fatto esattamente ciò che lui le aveva detto. Ascoltava di nascosto il marito e, non appena vedeva Frank, gli riferiva ciò che aveva udito; se non lo faceva, era lui a chiederglielo. Sempre. Kathleen pensava che Frank la stesse aiutando, si preoccupasse per lei e delle conseguenze delle azioni di Chris, la volesse proteggere. Almeno così diceva.
Gli occhi della donna si spostavano da sinistra a destra come se stesse leggendo i suoi stessi pensieri. Iniziava a vedere le cose diversamente, ed era furiosa. Frank la lasciava, lei era arrabbiata con lui e ciò che le aveva detto sembrava ora avere tutto un altro senso. Il torbido veleno del sospetto si impossessò di lei, penetrando sempre più in profondità, finché non pensò: «Un momento, e se…?»
Il suo cuore sembrò cambiare: almeno questa fu la sensazione. Diventò scuro, amaro, come se le si fosse incenerito nel petto.
Si alzò a sedere sul letto, con le ginocchia piegate e le labbra leggermente aperte. Gli occhi gonfi, che non smettevano di muoversi, rivelavano un’espressione di stupore e confusione riflessa su tutto il volto. Troppi pensieri, troppe immagini e ricordi che si sommavano. La tempestività con cui Frank era arrivato a Driscoll, il modo in cui Ray gli aveva trovato la sistemazione nella casa di fianco alla sua, la rapidità con cui Frank le aveva fatto la corte… le era sembrato così bello, si era sentita lusingata e desiderata. Ma ora, improvvisamente, la rabbia e il sospetto le facevano pensare… e iniziò a ricordare alcune cose che lui aveva detto. «Sono preoccupato per te, Kathleen. Per quello che succede in casa tua.» Sembrava così dolce e romantico. «Devi cercare di scoprire che cosa si dicono, per proteggerti.» Sembrava davvero che gliene importasse, che volesse metterla al riparo dai pericoli, come accade fra un uomo e una donna… in tutti i film, almeno. Ma adesso…
Adesso, tutto ciò che aveva detto suonava sbagliato, sembrava una massa di balle. Ora che ci pensava più attentamente, con la mente resa più vigile dalla rabbia, le parole di Frank non erano altro che quel genere di stronzate che gli uomini dicono per abbindolare le donne, quelle stronzate in cui lei era rimasta invischiata per tutta la vita.
Ancora seduta in mezzo ai fazzolettini di carta bagnati, Kathleen si portò una mano allo stomaco perché era stata assalita da una terribile nausea. La mente era ancora troppo confusa per riuscire a trovare un senso in tutti quei pensieri.
Poi, improvvisamente, eccolo.
«E se fosse un poliziotto?» Questo pensò. Un poliziotto sulle tracce di Hirschorn e, quindi, di Chris…
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