Marco Buticchi - L'anello dei re

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Un attentato a New York semina il panico tra la popolazione, ma si tratta solo di un primo caso di una serie di agguati verso la popolazione musulmana. Il rivendicatore si firma “Giusto in nome di Dio” e imprime sulle sue lettere il sigillo a 6 punte del re Salomone. Si alternano quindi le vicende dei possessori dell’anello. Dalla Venezia del 1300 si passa al fronte carsico della Grande Guerra e poi fino alla dittatura di Ceausescu in Romania.Questi flash-back si alternano alla ricerca del “Giusto” da parte di Oswald Breil e Cassandra Ziegler. Dopo numerosi colpi di scena , intrighi di potere, di cui sono protagonisti anche personaggi realmente esistiti, i protagonisti riescono a scoprire la vera identità del “Giusto” e evitare l’ennesimo massacro.

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Sciarra aveva notato che i conoscenti di Petru trattavano il giovane tenente con grande rispetto. Era evidente che si trattava di persone potenti e altolocate, e che appartenevano alla sempre più ampia schiera degli oppositori agli invasori austroungarici: in meno di mezza giornata erano stati in grado di fornire loro tutte le cose che il tenente rumeno aveva chiesto. Carretto, vestiti e denari a corso legale inclusi. Petru si era impegnato a saldare ogni debito tramite la sua famiglia, ma i suoi amici si erano quasi offesi: da ciò che Sciarra era riuscito a capire in quella lingua, spesso molto simile all’italiano, si sentivano ripagati dal solo fatto di essere stati loro d’aiuto.

Il cammino per raggiungere la meta prefissa era ancora lungo e difficile. Petru incominciò a parlare: «Voi avete mai sentito parlare di Vlad Dracula III, principe di Valacchia?»

«E chi non ne ha sentito parlare? Sono ormai quasi vent’anni che il romanzo dell’irlandese Bram Stoker colleziona edizioni su edizioni. Confesso che ha tenuto col fiato sospeso anche il sottoscritto…»

«No, signore, non si tratta di quel Dracula. O meglio, il vampiro che la penna di Stoker ha creato ha solo tratto ispirazione dal personaggio storico realmente esistito nella mia terra: il principe Vlad che, dopo la morte, ha ricevuto l’appellativo sinistro di Tepes , ovvero l’Impalatore, data la sua propensione a ricorrere a quel tipo di supplizio. Vi ricordate di quando l’ufficiale ungherese che ci catturò sulle Dolomiti si impossessò di alcune carte da me custodite?»

«Certo, andate avanti, tenente, vi sto seguendo.»

«In quegli antichi scritti è narrata la storia di un oggetto ancor più antico, appartenuto con ogni probabilità al più saggio dei re biblici. A quei documenti si aggiungeva un quaderno di appunti dove è descritto il nascondiglio in cui l’oggetto è custodito. La leggenda narra che quel gioiello sappia infondere immensi poteri al suo proprietario. È mio dovere riconsegnare alla famiglia un oggetto per noi sacro, di enorme valore, che è stato nostro per generazioni. Io ero, almeno sino al momento del mio incontro con l’ufficiale ungherese, l’unico a conoscenza del nascondiglio ove è celato. Spero soltanto di arrivarci prima di Béla Blasko, anche se non credo che l’ungherese sia in grado di decifrare le carte che mi ha trafugato.»

«Mi sembra di capire che la cosa vi sta molto a cuore, tenente Petru.»

«Recuperare l’Anello dei Re corrisponde a riprendere possesso delle mie radici e del mio onore: Vlad ‘Tepes’ Dracula era un mio antico avo e, tra i miei avi, l’Anello è sempre stato tramandato di padre in figlio.»

19

Ottobre 1967

L’incidente che aveva tolto dalle mani di Asher Breil la cloche del suo Mirage era stato frutto di un caso fortuito: durante un normale volo di ricognizione il postbruciatore Atar che equipaggiava il suo aereo si era improvvisamente «inchiodato» — avrebbe poi stabilito l’inchiesta — per un banale guasto agli ugelli di iniezione. Al comandante non era rimasto altro che lanciarsi con il sistema eiettabile, fratturandosi una spalla e un polso nell’impatto al suolo. Era quindi rimasto per due giorni e due notti in una zona impervia e disabitata della Palestina, prima di essere recuperato assieme a quanto rimaneva del suo caccia. Le fratture riportate non avrebbero costituito un problema per qualsiasi soldato destinato ai servizi di terra, ma lo erano per un pilota militare: le conseguenze dell’incidente avevano precluso a Asher la via del cielo. L’episodio era avvenuto trenta giorni dopo la promozione di Breil a maggiore e quaranta giorni dopo la fine delle ostilità con gli arabi.

Messo davanti alla scelta tra una scrivania o i ranghi del Mossad, Asher Breil non aveva avuto esitazioni.

Il primo incarico gli era stato appena comunicato e adesso, dietro i vetri del malandato aereo delle linee di Stato rumene, osservava il panorama di una piovosa Bucarest, mentre i cinque motori stellari Gnome-Rhone del vecchio Tupolev Ant 14, costruiti più di trent’anni prima, battevano il tempo come il basso nell’orchestra di Glen Miller.

Asher Breil pensò per un attimo al suo Mirage, paragonandolo al pezzo di antiquariato sul quale stava volando assieme alla delegazione diplomatica.

«Come è noto, circa due mesi fa il Medio Oriente è stato teatro della guerra tra i paesi arabi e Israele, guerra che ha messo a rischio il mantenimento della pace nel mondo… Desideriamo ribadire agli amici arabi che non comprendiamo e non condividiamo la posizione di coloro che si pronunciano a favore della liquidazione dello Stato di Israele.»

Con queste parole, il 24 luglio 1967 Nicolae Ceausescu si schierava apertamente e in maniera antitetica rispetto alle posizioni dell’intero blocco comunista: la Russia e i paesi satelliti, favorevoli alla politica araba e storicamente avversi a quella di Israele, avevano condannato aspramente la condotta israeliana nel corso della guerra dei Sei giorni. Erano seguiti momenti di grande tensione internazionale e i patti di non belligeranza tra le grandi potenze avevano vacillato.

L’appoggio, sia pure indiretto, del leader rumeno non poteva certo lasciare insensibili i sottili statisti israeliani: sull’onda del vecchio detto per cui bisogna battere il ferro sino a che è caldo, il governo israeliano aveva messo in piedi una missione economica in quattro e quattr’otto. La delegazione aveva gli stessi caratteri di non ufficialità della presa di posizione della Romania nelle vicende mediorientali ed era composta da esperti finanziari e da banchieri provenienti da ogni angolo del mondo occidentale. Tutti avevano però in comune l’origine ebraica: ne faceva parte anche Asher Breil, alla sua prima missione fuori dalla carlinga di un caccia.

I trentasei passeggeri sobbalzarono mentre il Tupolev rallentava sulla pista di atterraggio. I ventidue esperti economici israeliani, alcuni dei quali accompagnati dalle relative consorti, benedissero la buona stella che aveva evitato al velivolo di scegliere quel volo per morire di acciacchi e di vecchiaia.

Asher pensò che lo scialbo rinfresco servito in una delle salette dell’aeroporto avesse avuto il solo scopo di rincuorare i sopravvissuti dalla paura del volo. Il rappresentante del governo rumeno alzò un calice al cielo e, in un inglese stentato, disse: «Brindiamo alla salute del conducator Nicolae Ceausescu. Il presidente sarà lieto di accogliere la vostra delegazione questa sera, a cena, presso il Palazzo del governo della Repubblica socialista di Romania».

A un osservatore attento come Breil non sfuggì certo il tono con cui era stata sottolineata la parola «socialista». Quel termine, infatti, aveva costituito il primo degli «sgarri» che i politici rumeni avevano commesso ai danni dell’Unione Sovietica. Dal 1965, infatti, la parola «socialista» aveva sostituito quella «popolare», ben più cara ai potenti del Cremlino.

L’ultima disobbedienza del leader rumeno era quella in virtù della quale Asher si trovava a Bucarest: l’appoggio di Ceausescu alle azioni sostenute da Israele nei confronti dei paesi arabi avrebbe suscitato una serie di interrogativi spesso destinati a rimanere irrisolti in chi studia il complesso sistema degli equilibri internazionali.

La cena si era svolta in uno dei saloni della residenza del premier. Asher Breil era stato presentato come un dirigente di banca svizzero, di origine ebraica, facente funzione di direttore operativo di uno dei più blasonati istituti di credito della Repubblica elvetica. La sua carica, dato che era proprio un accesso agli sconfinati fondi svizzeri che Ceausescu cercava, aveva garantito a Breil un posto alla tavola d’onore. Alla destra dell’ufficiale del Mossad sedeva Elena Petrescu, dal 1939 moglie del leader rumeno e, dicevano in molti, vera anima e motore della politica del paese.

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