Sentii che Morelli era scosso da una risata silenziosa alle mie spalle.
«Sto morendo di fame» disse la nonna. «Mangiamo.»
Ci sedemmo tutti a tavola, a parte Bob che consumava il suo pasto in cucina. Mio padre si servì un paio di fette di maiale e passò il vassoio a Morelli, poi cominciammo a far girare la ciotola di purè di patate. E i fagiolini, la salsa di mele, il vasetto dei sottaceti, il cestino dei panini e le barbabietole in agrodolce.
«Niente barbabietole per me» disse Myron. «Mi fanno venire la diarrea. Non so com’è: si diventa vecchi e tutto ti fa venire la diarrea.»
Bella prospettiva.
«Sei fortunato» replicò la nonna. «Sei fortunato a non aver bisogno del Metamucil. Adesso che il Commerciante si è ritirato dagli affari i prezzi delle medicine saliranno alle stelle e anche altra roba sarà introvabile. Ho comprato l’auto appena in tempo.»
Mia madre e mio padre alzarono gli occhi dal piatto.
«Hai comprato un’auto?» disse mia madre. «Nessuno me lo aveva detto.»
«Ed è anche un gioiello» rispose la nonna. «È una Corvette rossa.»
Mia madre si fece il segno della croce. «Santo cielo» disse.
«Come hai potuto permetterti una Corvette?» domandò mio padre. «Tutto quel che hai è la pensione sociale.»
«Ho i soldi della vendita della casa» disse la nonna. «E comunque ho fatto un buon affare. Persino il Luna ha detto che ho fatto un buon affare.»
Mia madre si fece di nuovo il segno della croce. «Il Luna» ripeté con appena una sfumatura isterica nella voce. «Hai comprato un’auto da quell’uomo?»
«No, non da lui» disse la nonna. «Il Luna non vende auto. L’ho comprata dal Commerciante.»
«Grazie al cielo» disse mia madre, mettendosi una mano sul cuore. «Per un momento… Sono contenta che almeno tu sia andata da un commerciante.»
«Non un commerciante di auto» le rispose la nonna. «L’ho comprata da un commerciante di Metamucil. L’ho pagata quattrocentocinquanta verdoni. È un buon prezzo, vero?»
«Dipende» disse mio padre. «Ha il motore?»
«Non ci ho guardato» rispose la nonna. «Le auto non hanno tutte il motore?»
Joe era sulle spine. Non voleva essere lui a riprendere mia nonna per il possesso di merce rubata.
«Mentre Louise e io stavamo guardando le auto, c’era una coppia di uomini nel cortile del Commerciante, e parlavano di Homer Ramos» disse la nonna. «Dicevano che era un grande commerciante di macchine anche lui. Non sapevo che la famiglia Ramos vendesse auto, pensavo che trattasse solo armi.»
«Homer Ramos vendeva auto rubate » disse mio padre con la testa china sul piatto. «Lo sanno tutti.»
Mi voltai verso Joe. «È vero?»
Joe si strinse nelle spalle. Non si sbilanciava. La faccia di bronzo del poliziotto. Per chi era capace di leggere tra le righe, quella faccia diceva: «Indagine in corso».
«E non è tutto» proseguì la nonna. «Quello tradiva la moglie. Era un vero bastardo. Dicono che il fratello non sia meglio di lui. Vive giù in California ma si tiene una casa qui per vedere delle donne di nascosto. Tutta quella famiglia è marcia, se volete saperlo.»
«Deve essere piuttosto ricco se ha due case» disse Myron. «Vorrei averli io tanti soldi. Mi prenderei una ragazza anch’io.»
Ci fu un silenzio generale mentre tutti ci stavamo domandando che cosa se ne sarebbe fatto Landowsky di una ragazza.
Lui si allungò a prendere la ciotola del purè, ma era vuota.
«Dammela, la riempio» disse la nonna. «Ellen ne lascia sempre un po’ in caldo sulla stufa.» Prese la ciotola e trotterellò via.
«Oh-oh» esclamò, appena mise piede in cucina.
Mia madre e io ci alzammo simultaneamente e andammo a vedere che cosa fosse successo. La nonna era in mezzo alla stanza e guardava la torta sul tavolo. «La buona notizia è che Bob non ha mangiato tutta la torta» disse. «La cattiva notizia è che ha leccato via la glassa da un lato.»
Senza perdere un colpo, mia madre prese un coltello a spatola dal cassetto delle posate, tolse un po’ di glassa dalla cima della torta, la spalmò sul lato che Bob aveva leccato e spolverò di cocco tutto il dolce.
«Era un sacco di tempo che non mangiavamo una torta al cocco» disse la nonna. «Ha un gran bell’aspetto.»
Mia madre mise la torta sopra il frigorifero, fuori della portata di Bob. «Quando eri bambina, anche tu avevi il vizio di leccare la glassa ogni volta» mi disse. «Abbiamo mangiato un sacco di torte al cocco.»
Morelli mi rivolse uno sguardo interrogativo quando tornai in sala.
«Non fare domande» dissi. «E non mangiare la parte esterna della torta.»
Il cortile era quasi pieno di auto quando tornai a casa. I più anziani erano già rientrati, e già piazzati davanti al televisore.
Myron fece dondolare le proprie chiavi di casa davanti alla nonna. «Che ne dici di venire da me per il bicchiere della staffa, dolcezza?»
«Voi uomini siete tutti uguali» disse la nonna. «Sapete pensare soltanto a una cosa.»
«A che cosa?» domandò Myron.
La nonna storse la bocca. «Se hai bisogno che te lo spieghi, allora non ha senso che venga da te per il bicchiere della staffa.»
Morelli accompagnò la nonna e me fino in casa. La lasciò entrare, poi mi prese di lato. «Potresti venire a casa con me» disse.
La tentazione c’era. E non per il motivo che sperava Morelli: ero stanca morta, e Morelli non russava. Forse sarei davvero riuscita a dormire a casa sua. Avevo trascorso tante notti insonni che non mi ricordavo neppure quale effetto facesse dormire.
Lui mi sfiorò le labbra con un bacio. «La nonna non se ne avrà a male. C’è Bob con lei.»
Otto ore, pensai. Tutto quello che volevo erano otto ore di sonno, e sarei tornata come nuova.
Lui infilò le mani sotto il mio maglione. «Sarà una notte da ricordare.»
Sarebbe stata una notte senza piromani scassinatori armati di coltello. «Sarebbe un paradiso» dissi, senza neppure rendermi conto che stavo parlando a voce alta.
Lui era così vicino che potevo sentire ogni parte del suo corpo premuta contro di me. E una di quelle parti stava crescendo. Di solito questo avrebbe stimolato una reazione corrispondente nel mio corpo. Ma quella sera pensavo che si trattasse di qualcosa di cui potevo fare a meno. E tuttavia, se quello era il prezzo da pagare per avere una notte di sonno decente, andasse come doveva andare.
«Dammi solo il tempo di fare un salto in casa a prendere qualcosa» dissi a Morelli, già immaginando me stessa teneramente accoccolata nel suo letto con una camicia da notte di flanella adatta all’occasione. «E poi devo dirlo alla nonna.»
«Non hai intenzione di entrare, chiudere a chiave la porta e lasciarmi qui fuori, vero?»
«Perché dovrei fare una cosa del genere?»
«Non lo so. Era solo una sensazione…»
«Dovresti venire dentro» gridò la nonna. «C’è un programma in televisione, tutto sugli alligatori.» Poi drizzò le orecchie. «Che cos’è questo strano rumore? Sembra un grillo.»
«Merda» disse Joe.
Lui e io sapevamo che cos’era quel suono. Era il suo cercapersone. Morelli stava facendo del proprio meglio per ignorarlo.
Io fui la prima ad arrendermi. «Dovrai guardarlo prima o poi» dissi.
«Posso anche evitare di farlo» disse lui. «So di cosa si tratta, e non è niente di piacevole.» Controllò il display, fece una smorfia e si diresse al telefono in cucina. Quando tornò aveva in mano un tovagliolo di carta con su scritto un indirizzo, e io gli rivolsi uno sguardo interrogativo.
«Devo andare» disse. «Ma tornerò.»
«Quando? Quando tornerai?»
«Mercoledì al più tardi.»
Alzai gli occhi al cielo. Umorismo da poliziotto.
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