«Beve, fuma, torna a casa.»
«Hai saputo niente?»
«Penso che sia pazzo.»
«È l’opinione generale.»
A volte Ranger aveva modi confidenziali e diretti, altre volte sembrava un agente di cambio. Ricardo Carlos Manoso, l’Uomo del Mistero.
«Pensi che Ramos abbia ucciso il figlio?»
«Ne sarebbe capace.»
«Ha detto che Homer è stato assassinato perché era avido e stupido. Tu conoscevi Homer: era davvero così?»
«Homer era il più debole dei suoi tre figli. Aveva sempre scelto la strada più facile. Ma questa a volte può diventare un problema.»
«In che senso?»
«Homer era il tipo che perdeva centomila dollari al gioco e poi cercava la strada più semplice per trovare il denaro, come assaltare un camion e derubarlo, o commerciare droga. Così facendo pestava i piedi alla mafia o si scontrava con la polizia e Hannibal doveva pagare la cauzione per tirarlo fuori.»
Il che mi indusse a domandarmi che cosa stesse facendo Ranger con Homer Ramos la notte in cui era stato ucciso. Ma sarebbe stato fiato sprecato chiederglielo.
«A più tardi, bambina» disse Ranger. E chiuse la comunicazione.
Tornai a casa in tempo per portare a spasso Bob e farmi una doccia.
Persi un’altra mezz’ora per sistemarmi i capelli in modo che avessero un’aria volutamente trascurata, come se non avessi avuto voglia di sforzarmi troppo, ma fossi così naturalmente bella da avere comunque un aspetto fantastico. Pareva un sacrilegio andare in giro con un’acconciatura tanto sexy e un brufolo tanto grosso e brutto, perciò lo spremetti finché scoppiò. Dopo di che quello che mi rimase sul mento fu un grosso buco sanguinante. Maledizione. Ci appiccicai un pezzetto di carta igienica per fermare il sangue mentre mi truccavo. Indossai un paio di pantaloni neri elasticizzati e un maglione rosso a girocollo. Mi tolsi la carta igienica dal mento e feci un passo indietro per dare un’occhiata generale. Le borse sotto gli occhi si erano notevolmente ridotte e sul mento si stava già cominciando a formare una crosticina. Non proprio una modella da copertina, ma con la luce bassa avrei avuto un aspetto accettabile.
Sentii la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi, e la nonna passò oltre il bagno per andare in camera da letto, provocando un piccolo spostamento d’aria.
«Ragazzi, guidare è fantastico» disse. «Non so perché sono andata in giro tutti questi anni senza patente. Nel pomeriggio ho fatto una lezione di guida e poi è venuta a prendermi Melvina, mi ha portata sul corso principale e mi ha lasciata fare qualche giro al volante. Sono stata molto brava, anche. A parte quando ho frenato troppo bruscamente, una volta, e Melvina si è fatta male alla schiena.»
Il campanello suonò e, aprendo la porta, mi trovai davanti Myron Landowsky che ansimava nel corridoio. Landowsky mi aveva sempre fatto pensare a una tartaruga, con quella testa calva piena di macchie color fegato che sporgeva dalle spalle curve e la cintura dei pantaloni tirata su fin quasi alle ascelle.
«Ti dico una cosa: se non si decidono a sistemare quell’ascensore, io trasloco» disse. «Sono ventidue anni che abito qui, ma me ne andrò se devo. La vecchia Besder sale con quel suo treppiede da passeggio e poi, prima di uscire, preme il pulsante di arresto. Gliel’ho visto fare un milione di volte. Le ci vogliono quindici minuti solo per uscire dall’ascensore, e poi lei se ne va e l’ascensore rimane bloccato. E nel frattempo noi, al terzo piano, che cosa dovremmo fare? Ho dovuto venire fin qui a piedi.»
«Desidera un bicchier d’acqua?»
«Ha qualche liquore?»
«No.»
«Fa niente, allora.» Si guardò attorno. «Sono venuto a prendere tua nonna. Andiamo fuori a cena.»
«Si sta preparando. Ci vorrà solo un minuto.»
Bussarono alla porta e Morelli entrò. Mi guardò e poi guardò Myron.
«È un appuntamento a quattro» spiegai. «Questo è un amico della nonna, Myron Landowsky.»
«Vuole scusarci, per favore?» disse Morelli, trascinandomi nel corridoio.
«In ogni caso devo sedermi» rispose Landowsky. «Sono dovuto venire fin qui a piedi.»
Morelli chiuse la porta, mi spinse contro il muro e mi baciò. Quando ebbe finito mi guardai per controllare di essere ancora vestita.
«Accidenti» dissi.
Mi sfiorò l’orecchio con le labbra. «Se non fai uscire quei vecchi dal tuo appartamento morirò per autocombustione.»
Sapevo esattamente come si sentiva: l’avevo sperimentato quella mattina mentre facevo la doccia, ma questo non era di grande aiuto.
La nonna aprì la porta ed entrò. «Per un attimo ho creduto che ve ne foste andati senza di noi.»
Prendemmo la Buick perché nel furgone di Morelli non c’era abbastanza posto pef tutti. Joe era al volante, Bob era seduto vicino a lui e io vicino al finestrino. La nonna e Myron erano nel sedile posteriore, a discutere di antiacidi.
«Ci sono novità sull’assassinio Ramos?» domandai a Morelli.
«Niente di nuovo. Barnes è ancora convinto che sia stato Ranger.»
«Nessun altro sospetto?»
«Abbastanza da riempire lo stadio di Shea. Ma non ci sono prove contro nessuno.»
«Che cosa mi dici della famiglia?»
Morelli mi guardò negli occhi. «E che cosa ti devo dire?»
«Sono sospettati?»
«Come chiunque altro che lo sia già in almeno tre Stati.»
Quando parcheggiammo, mia madre era sulla soglia di casa. Sembrava strano vederla lì, in piedi, da sola. Negli ultimi due anni c’era sempre stata la nonna accanto a lei. Una madre e una figlia i cui ruoli si erano ribaltati: la nonna che si sottraeva allegramente alle responsabilità familiari, mia madre che mestamente se ne faceva carico, cercando disperata di trovare una collocazione per un’anziana donna che improvvisamente era diventata uno strano ibrido tra madre tollerante e figlia ribelle. E mio padre, in soggiorno, che non voleva avere alcuna parte in tutto ciò.
«Non è fantastico?» disse la nonna. «Sembra tutto diverso da questo lato della porta.»
Bob si precipitò giù dall’auto e puntò mia madre, guidato dal profumo di arrosto di maiale che arrivava a zaffate dalla cucina.
Myron si muoveva più lentamente. «Gran macchina, la tua» disse. «Una vera bellezza. Non fanno più auto come queste, sono tutte catorci, oggigiorno, catorci di plastica. Fatti da un manipolo di stranieri.»
Mio padre raggiunse l’ingresso. Questo era il suo genere di discorsi: era un americano di seconda generazione e adorava parlar male degli stranieri, parenti esclusi. Si ritrasse quando vide che a parlare era stato l’Uomo Tartaruga.
«Questo qui è Myron» disse la nonna a titolo di presentazione. «È il mio accompagnatore, stasera.»
«Bella casa» disse Myron. «I rivestimenti di alluminio sono molto resistenti. Questo è un rivestimento di alluminio, vero?»
Bob correva in giro come un pazzo, eccitato dall’odore del cibo. Si fermò nell’ingresso e diede una bella annusata al sedere di mio padre.
«Fa’ uscire questo cane di qui» disse lui. «Da dove salta fuori?»
«Questo qui è Bob» spiegò mia nonna. «Sta soltanto salutando. Ho visto in televisone un programma che parlava di cani e diceva che annusare il sedere è per loro come stringersi la mano. So tutto dei cani, adesso. E siamo molto fortunati che Bob abbia avuto i testicoli asportati in tempo, prima che prendesse l’abitudine di montare le gambe alla gente. Dicono che sia davvero difficile togliere quest’abitudine a un cane.»
«Una volta, da bambino, avevo un coniglio che montava le gambe della gente» disse Myron. «Ragazzi, una volta che ti aveva afferrato la gamba, neanche il diavolo lo avrebbe allontanato. E non si preoccupava affatto di chi montava: una volta prese il gatto tenendolo per il collo e quasi lo uccise.»
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