La nonna entrò arrancando. «Ragazzi, ho avuto una giornata pesantissima» disse. «Sono completamente distrutta.»
«Com’è andata la lezione di guida?»
«Abbastanza bene, credo. Non ho investito nessuno. E non ho distrutto neanche la macchina. E a te, com’è andata?»
«Più o meno lo stesso.»
«Louise e io siamo andate in centro per fare una di quelle belle passeggiate rinvigorenti da cittadine anziane, ma continuavamo a deviare per entrare nei negozi. E poi, dopo pranzo, siamo andate a visitare degli appartamenti. Ne ho visti un paio che avrebbero potuto andarmi bene, ma niente di davvero entusiasmante. Domani proveremo a dare un’occhiata a qualche altro condominio.» La nonna sbirciò nella terrina delle patate. «Be’, non è magnifico? Torno a casa da una dura giornata piena di impegni e c’è la cena che mi aspetta. Proprio come se fossi un uomo.»
«C’è una torta alla crema di banana per dolce» dissi «ma ho dovuto usare il vassoio per fare il polpettone.»
La nonna diede un’occhiata alla torta nel frigorifero. «Forse dovremmo mangiarla adesso prima che si scongeli e perda la forma.»
Mi sembrò una buona idea, perciò entrambe ci servimmo un po’ di torta mentre il polpettone cuoceva.
Quando ero piccola non avevo mai pensato alla nonna come al tipo di persona che mangia prima il dolce. La sua casa era sempre pulita e ordinata. I mobili erano di legno scuro e i divani confortevoli ma ordinali. Pranzo e cena erano quelli tradizionali del Burg, pronti a mezzogiorno e alle sei in punto: cavoli ripieni e arrosto, di manzo o di pollo, qualche volta di maiale oppure di prosciutto. Mio nonno non avrebbe desiderato niente di diverso. Aveva lavorato in un’acciaieria per tutta la vita. Era un tipo deciso che troneggiava nelle stanze della casetta a schiera facendole apparire più piccole. In realtà, mia nonna non mi arriva al mento e mio nonno non era molto più alto. Ma suppongo che la statura di una persona non abbia molto a che fare con i centimetri.
Di recente mi ero chiesta come sarebbe stata mia nonna se non avesse sposato mio nonno. Forse non avrebbe cominciato così tardi a mangiare il dolce prima dei pasti.
Tolsi le palle di carne dal forno e le misi una accanto all’altra su un piatto. Messe così, vicine, sembravano i testicoli di un gigante.
«Be’, guarda un po’ queste due belle palle» dir.se la nonna. «Mi ricordano tuo nonno, riposi in pace.»
Finito di mangiare portai Bob a fare una passeggiata. I lampioni erano accesi e la luce filtrava dalle finestre sul retro del mio palazzo. Percorremmo diversi isolati in un tranquillo silenzio, ne dedussi che questo è uno degli aspetti positivi di un cane: non parla troppo e si può passeggiare in pace, pensando ai fatti propri, facendo programmi.
Il mio programma consisteva nel catturare Morris Munson, preoccuparmi per Ranger e domandarmi che cosa fare con Morelli.
Su quest’ultimo punto non avevo proprio alcuna idea. Il cuore mi diceva che ero innamorata. Il cervello non ne era tanto sicuro. Non che importasse molto, perché Morelli non voleva sposarsi. E così eccomi lì con il mio orologio biologico che continuava a ticchettare e nient’altro che indecisione intorno a me.
«Che rabbia!» dissi a Bob.
Il cane si fermò e si voltò indietro per guardarmi, con l’aria di voler dire: «Che cosa succede di tanto importante lì dietro?». Be’, che cosa poteva saperne Bob? Qualcuno gli aveva asportato i testicoli quando era ancora un cucciolo, e non gli era rimasta che un po’ di pelle in più e ricordi lontani. Bob non aveva una madre che pretendeva dei nipoti, non doveva sopportare tutta questa tensione !
Quando tornai a casa la nonna si era addormentata davanti al televisore. Scrissi un biglietto per avvisarla che dovevo uscire per un po’, lo attaccai con uno spillo al suo maglione e dissi a Bob di comportarsi bene e di non mordere i mobili. Rex, sepolto sotto una montagna di trucioli, stava schiacciando un pisolino per digerire la torta. Tutto tranquillo a casa di Stephanie Plum.
Andai dritta all’abitazione di Hannibal. Erano le otto e pareva vuota, ma a dire il vero quella casa sembrava sempre deserta. Parcheggiai due isolati più avanti, scesi dall’auto e andai a piedi fin sul retro. Nessuna finestra era illuminata. Mi arrampicai sull’albero e guardai giù nel cortile di Hannibal. Tutto buio. Scesi e tornai indietro percorrendo la pista ciclabile, pensando che l’atmosfera fosse davvero sinistra. Alberi neri e cespugli neri. Niente luna a illuminare la strada. Solo, di tanto in tanto, un fascio di luce che proveniva da una finestra.
Non mi sarebbe piaciuto affatto incontrare qualche brutto tipo lì fuori. Non Munson. Né Hannibal Ramos. Forse neppure Ranger… per quanto lui fosse un brutto tipo ma in un senso molto intrigante.
Portai l’auto all’estremità dell’isolato in cui si trovava la casa di Hannibal, dove c’era una visibilità migliore. Spinsi indietro il sedile, chiusi le portiere con la sicura e rimasi ad aspettare e a osservare.
Non ci volle molto perché cominciassi ad annoiarmi. Per passare il tempo chiamai Morelli dal cellulare. «Indovina chi è?» dissi.
«La nonna se n’è andata?»
«No. Sto lavorando e lei è a casa con Bob.»
«Bob?»
«Il cane di Brian Simon. Gli sto facendo da dog sitter mentre Simon è in ferie.»
«Simon non è in ferie. L’ho visto oggi.»
«Che cosa?»
«Non posso credere che tu ti sia bevuta la balla delle ferie» disse Morelli. «Simon ha cercato di togliersi dai piedi quel cane fin dal primo momento che l’ha avuto.»
«Perché non me l’hai detto?»
«Non sapevo che avesse intenzione di darti il cane.»
Gettai un’occhiataccia al telefono. «Stai ridendo? È una risata quella che sento?»
«No. Lo giuro.»
Ma era una risata. Il bastardo stava ridendo.
«Non c’è niente da ridere» dissi. «Che cosa me ne faccio di un cane?»
«Pensavo lo avessi sempre desiderato.»
«Be’, sì… prima o poi. Ma non ora! E poi il cane ulula, non vuole essere lasciato da solo.»
«Dove sei?» domandò Morelli.
«È un segreto.»
«Cristo, non starai di nuovo facendo la posta alla casa di Hannibal, vero?»
«Nossignore. Non sto facendo quello.»
«Ho una torta» disse. «Vuoi venire qui a mangiarne una fetta?»
«È una bugia. Non hai nessuna torta.»
«Me la posso procurare.»
«Non dico che sto facendo la posta alla casa di Hannibal, ma se fosse così pensi che servirebbe a qualcosa?»
«Per quello che so Ranger ha un gruppo di persone di cui si fida e gli sta facendo sorvegliare la famiglia Ramos. Ne ho visti alla casa di Homer a Hunterdon County, e so che c’è qualcuno appostato a Deal. E tu sei stata piazzata lì a Fenwood. Non so cosa si aspetti di scoprire, ma la mia impressione è che sappia bene dove vuole arrivare. Possiede informazioni su questo delitto che noi non abbiamo.»
«Sembra che non ci sia nessuno in casa, qui» dissi.
«Alexander è in città, perciò forse Hannibal si è trasferito nell’ala sud della villa di Deal.» Morelli lasciò passare qualche istante. «Probabilmente Ranger ti ha fatto appostare lì perché è sicuro. Ti gratifica facendoti fare qualcosa, in modo che tu non debba ficcarti in qualche incarico di sorveglianza più pericoloso. Forse dovresti lasciar perdere e venire da me.»
«Bel tentativo, ma io non sono dello stesso parere.»
«Valeva la pena tentare» disse Morelli.
Chiudemmo la comunicazione e io mi misi comoda per proseguire con l’appostamento. Probabilmente Morelli aveva ragione, Hannibal si trovava sulla costa. C’era un solo modo di scoprirlo: aspettare e osservare. A mezzanotte Hannibal non era ancora comparso; avevo i piedi gelati ed ero stufa di stare seduta in auto. Scesi e mi sgranchii le gambe: un ultimo controllo sul retro e poi sarei tornata a casa. Percorsi la pista ciclabile con lo spray urticante stretto in mano. L’atmosfera era cupa. Nemmeno una luce. Tutti erano a letto. Arrivai alla porta posteriore di Hannibal e guardai le finestre. Vetri freddi e scuri. Stavo quasi per andarmene quando udii il suono attutito dello scarico di un water. Nessun dubbio da quale casa provenisse: quella di Hannibal. Un brivido gelido mi salì lungo la spina dorsale. Qualcuno era lì al buio, nella casa di Hannibal. Rimasi immobile come una statua, a malapena respirando e ascoltando con ogni molecola del mio corpo. Non ci furono altri suoni, e nessun altro segno di vita. Non sapevo che cosa significasse tutto ciò, ma ero spaventata a morte. Mi precipitai via lungo il sentiero, attraversai il prato, raggiunsi la macchina e presi il volo.
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