Janet Evanovich - Cacciatrice di taglie

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Cacciatrice di taglie: краткое содержание, описание и аннотация

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Stephanie Plum fa la cacciatrice di taglie per un’agenzia del New Jersey. Il suo compito è ritrovare il misterioso Ranger, sospettato di aver ucciso il figlio di un boss del traffico d’armi. Ma Ranger è anche l’uomo che ha insegnato a Stephanie tutto quello che sa del suo mestiere e che esercita su di lei un fascino pericoloso. E la cattura di Ranger non è l’unico pensiero che non la fa dormire di notte. La spassosa nonna Mazur si è trasferita da lei, un amico le ha affidato un cane bulimico, l’intimità con il fidanzato Joe Morelli è diventata impossibile, Stephanie deve più volte dissuadere dal suicidio un’amica e un maniaco tenta di ucciderla.

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«Lasciala a me» le disse Connie. «La uso come fermacarte. Darà all’ufficio un certo tono.»

«Mmm» mugugnò Lula.

Aprii la porta dell’ufficio e Bob si precipitò fuori. Si fermò accanto alla Buick e rimase lì, a scodinzolare, con gli occhi che brillavano.

«Sembra un cane intelligente» dissi a Lula. «Riconosce la mia auto dopo esserci salito una sola volta.»

«Che cosa è successo alla Rollswagen?»

«L’ho restituita al Commerciante.»

Il sole era sempre più alto nel cielo e scacciava la foschia mattutina riscaldando Trenton. Impiegati e negozianti si stavano riversando nel centro della città. I pulmini della scuola erano tornati al parcheggio, in attesa della fine delle lezioni, e le casalinghe erano chine sugli aspirapolvere. La mia amica Marilyn Truro dell’Ufficio immatricolazione auto era già alla sua terza tazza di latte con caffè decaffeinato, si domandava se sarebbe stato utile aggiungere un secondo cerotto alla nicotina a quello che aveva già applicato al braccio, e intanto pensava che si sarebbe sentita molto meglio se avesse potuto picchiare a sangue la prossima persona della fila.

Lula e io restammo in silenzio a pensare mentre procedevamo lungo la Hamilton in direzione della fabbrica di bottoni. Io stavo facendo mentalmente l’inventario dell’equipaggiamento. La scacciacani: nella tasca sinistra. Lo spray urticante: nella tasca destra. Le manette: agganciate al passante posteriore dei jeans. La pistola: a casa, nel barattolo dei biscotti. Il coraggio: a casa, insieme alla pistola.

«Non so tu» disse Lula quando arrivammo all’abitazione di Munson «ma io non ho nessuna intenzione di finire in cenere oggi. Propongo di sfondare la porta di casa di questo tizio e fare irruzione dentro prima che abbia il tempo di accorgersene.»

«Giusto» convenni. Naturalmente sapevo bene dalle passate esperienze che in realtà nessuna delle due era in grado di abbattere una porta. Tuttavia non sembrava una cattiva idea mentre ce ne stavamo lì a far nulla, al bordo del marciapiede, chiuse dentro l’auto.

Girai l’isolato e mi portai sul retro, scesi e guardai dalla finestra del garage di Munson. Non c’erano auto. Cristo, malissimo. Probabilmente Munson non si trovava in casa.

«La macchina non c’è» dissi a Lula.

«Mmm» fece lei.

Girammo di nuovo attorno all’isolato, parcheggiammo e bussammo alla porta principale. Nessuna risposta. Guardammo attraverso le finestre della facciata. Niente.

«Potrebbe essersi nascosto sotto il letto» disse Lula. «Forse dovremmo proprio abbattere la porta.»

Feci un passo indietro e un gesto largo con la mano. «Dopo di lei.»

«Oh» disse Lula. «No, dopo di lei.»

«No, no… insisto.»

«Va’ al diavolo. Io insisto.»

«Va bene» conclusi. «Affrontiamo la questione: nessuna delle due ha intenzione di abbattere la porta.»

«Io potrei se volessi» disse Lula. «È solo che in questo momento non ne ho voglia.»

«Già, certo.»

«Tu non credi che io potrei fare seri danni a questa porta?»

«È quello che volevo dire.»

«Mmm» fece Lula.

La porta della casa adiacente si aprì e ne uscì un’anziana donna. «Che cosa succede?»

«Stiamo cercando Morris Munson» risposi.

«Non è in casa.»

«Oh, davvero? E come lo sa?» disse Lula. «Come fa a essere sicura che non si stia nascondendo sotto il letto?»

«Ero fuori sul retro quando l’ho visto andare via in auto. Stavo portando a spasso il cane e Munson è uscito con una valigia. Ha detto che sarebbe stato via per un po’. Per quello che mi riguarda potrebbe stare via per sempre. È un delinquente. È stato arrestato per aver ucciso la moglie e qualche idiota di giudice lo ha lasciato uscire su cauzione. Ve lo immaginate?»

«Ma pensa un po’» disse Lula.

La donna ci squadrò. «Immagino che voi siate sue amiche.»

«Non esattamente» dissi. «Lavoriamo per l’agenzia che ha garantito la cauzione di Munson.» Le allungai il mio biglietto da visita. «Se dovesse tornare avrei piacere che mi chiamasse.»

«Certamente» disse la donna «ma ho la sensazione che non tornerà tanto presto.»

Bob aspettava paziente in macchina, e fu tutto contento quando aprimmo le portiere e salimmo a bordo.

«Forse Bob ha bisogno di fare colazione» disse Lula.

«Bob ha già fatto colazione.»

«Mettiamola in un altro modo. Forse Lula ha bisogno di fare colazione.»

«Hai qualcosa di particolare in mente?»

«Credo che potrei accontentarmi di uno di quei piatti completi di uova e dolcetti in un fast food. E un frappé alla vaniglia. E patatine fritte.»

Misi in moto la Buick e mi diressi al McDonald’s.

«Come va?» domandò il ragazzo che venne a prendere l’ordinazione direttamente all’auto. «Stai ancora cercando lavoro?»

«Ci sto pensando.»

Prendemmo tre porzioni di tutto e parcheggiammo al margine dello spiazzo per mangiare e starcene un po’ tranquille. Bob mangiò in un solo boccone la sua parte di colazione e le patatine. Lappò il frappé e cominciò a guardare fuori dal finestrino come se desiderasse qualcosa.

«Credo che Bob abbia bisogno di sgranchirsi le gambe» disse Lula.

Aprii la portiera e lo lasciai uscire. «Non allontanarti troppo.»

Bob saltò fuori e cominciò a passeggiare in cerchio, annusando il selciato.

«Che cosa fa?» domandò Lula. «Perché cammina in circolo? Perché sta… oh-oh, non ha un’aria rassicurante. Mi sembra che Bob stia facendo abbondantemente i suoi bisogni nel bel mezzo del parcheggio. Santo cielo, guarda che roba! Quella è una montagna di cacca.»

Bob ritornò alla Buick e si sedette per terra scodinzolando, sorridendo e aspettando di rientrare.

Lo feci salire, e Lula e io sprofondammo nei sedili.

«Pensi che qualcuno lo abbia visto?» domandai a Lula.

«Penso che tutti lo abbiano visto.»

«Dannazione» dissi. «Non ho con me la paletta per i bisogni.»

«La paletta per i bisogni, diavolo! Non mi avvicinerei a quella roba nemmeno con uno scafandro anti-contaminazione e uno scudo protettivo.»

«Non posso lasciarla lì e basta.»

«Forse potremmo passarci sopra con la macchina» disse Lula. «Sai… spiaccicarla.»

Avviai il motore, feci retromarcia e puntai la Buick dritta verso la montagna di cacca.

«Sarà meglio chiudere i finestrini» disse Lula.

«Pronti?»

Lula si tenne stretta. «Pronti.»

Pestai il piede sull’acceleratore e presi la mira.

Squish!

Abbassammo i finestrini e guardammo fuori.

«Allora, che cosa ne pensi? Credi che dovrei fare un altro passaggio?»

«Non sarebbe male» disse Lula. «E credo anche che tu te lo possa scordare quel lavoro qui.»

Mi proposi di passare a fare un controllo veloce a casa di Hannibal e non volevo coinvolgere Lula nei miei affari con Ranger, perciò le dissi una bugia qualsiasi sul fatto che sarei andata tutto il giorno a caccia di latitanti con Bob e la riaccompagnai in ufficio. Accostai al marciapiede, mi fermai e la Lincoln nera si fermò dietro di me.

Mitchell scese e venne ad affacciarsi al mio finestrino. «Ancora al volante di questa vecchia Buick» disse. «Deve essere una specie di record personale per te. E che cosa mi dici del cane e della bella fanciulla, qui?»

Lula diede a Mitchell una rapida occhiata.

«Va tutto bene» dissi a Lula. «Lo conosco.»

«Immagino» fece Lula. «Vuoi che gli spari o qualcosa del genere?»

«Magari dopo.»

«Mmm» disse Lula. Scese indolente dall’auto e andò in ufficio.

«Allora?» domandò Mitchell.

«Allora niente.»

«Che delusione.»

«E così, non vi piace Alexander Ramos?»

«Diciamo semplicemente che non stiamo dalla stessa parte.»

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