«Oh, certo» disse Lula. «È una decisione che può prendere un sacco di tempo.»
«Vedrete» disse Joyce. «Io riesco sempre ad avere l’uomo che cerco.»
E il cane, la capra, l’ortaggio e l’uomo di un’altra, anche.
«Bene, ci piacerebbe tanto stare qui a parlare con te, Joyce» disse Lula. «Ma abbiamo di meglio da fare. Dobbiamo occuparci di una cattura molto importante. Stavamo giusto andando a prendere un bastardo stupratore che è fuori su una cauzione altissima.»
«E ci andate con l’automobilina dei clown?» domandò Joyce.
«Ci andiamo con la mia Firebird» disse Lula. «Prendiamo sempre quella quando abbiamo in programma delle faccende rognose.»
«Devo parlare con Vinnie» disse Joyce. «Qualcuno deve aver commesso un errore nel compilare l’incartamento di Ranger. Ho controllato l’indirizzo e corrisponde a un terreno non edificato.»
Lula e io ci guardammo e sorridemmo.
«Gesù, ma pensa» disse Lula.
Nessuno sa dove viva Ranger. L’indirizzo segnato sulla sua patente corrisponde a un ostello per soli uomini in Post Street: non molto credibile per uno che possiede interi palazzi di uffici a Boston e che tutti i giorni parla con il suo consulente finanziario. Di tanto in tanto Lula e io facevamo qualche tentativo poco convinto di scoprire il suo segreto, ma non avevamo mai avuto successo.
«Allora, che cosa ne dici?» domandò Lula quando Joyce fu sparita dentro l’ufficio. «Vuoi andare a fargliela pagare a Morris Munson?»
«Non lo so. È una specie di pazzo.»
«Mmm» disse Lula. «Non mi fa paura. Credo che sarei capace di metterlo in riga. Non ti ha sparato, vero?»
«No.»
«Allora è molto meno pazzo di gran parte della gente che vive nel mio isolato.»
«Sei sicura di voler rischiare la tua Firebird per dargli la caccia, dopo quello che ha fatto alla Macchina del Vento?»
«Tanto per cominciare, anche ammettendo che io riesca a entrare in quell’auto tutta intera, credo che dopo avresti bisogno di un apriscatole per tirarmi fuori. E poi, visto che ci sono solo due posti e che li occuperemo noi, immagino che dovremmo legare Munson al tetto per portarlo in tribunale. Non che sia una cattiva idea, ma credo che ci rallenterebbe parecchio.»
Lula andò verso lo schedario, diede un calcio al cassetto in basso a destra che si aprì, lei ne estrasse una Glock calibro .40 e se la mise nella borsetta a tracolla.
«Niente sparatorie!» dissi io.
«Certo, lo so» rispose Lula. «Questa è soltanto l’assicurazione della macchina.»
Quando arrivammo in Rockwell Street avevo lo stomaco in subbuglio e il cuore che mi batteva come un tamburo nel petto.
«Non hai un bell’aspetto» disse Lula.
«Credo di soffrire il mal d’auto.»
«Non ti ha mai dato fastidio.»
«Solo quando do la caccia a un tizio che mi ha appena aggredita con un cric.»
«Non ti preoccupare: se lo fa di nuovo, gli pianto una pallottola nel culo.»
«No! Te l’ho già detto: niente sparatorie.»
«Sì, certo, ma questa è un’assicurazione sulla vita.»
Cercai di guardarla con durezza, invece sospirai.
«Qual è la casa?» domandò Lula.
«Quella con la porta verde.»
«Difficile dire se ci sia dentro qualcuno.»
Passammo davanti all’edificio due volte, poi imboccammo il vialetto di servizio che portava sul retro e ci fermammo presso il garage di Munson. Io scesi e diedi un’occhiata attraverso la finestra sudicia, su un lato del garage. La Crown Victoria era lì. Merda.
«Il piano è questo» spiegai a Lula. «Tu vai alla porta principale. Lui non ti ha mai vista, non sospetterà niente. Digli chi sei e digli che vuoi che venga giù in città con te. A quel punto lui sgattaiolerà fuori dalla porta sul retro per raggiungere l’auto e io lo prenderò di sorpresa e lo ammanetterò.»
«Mi sembra che vada bene. E se c’è qualche problema non devi far altro che gridare e io verrò ad aiutarti.»
Lula se ne andò con la Firebird, io mi avvicinai in punta di piedi alla porta di servizio di Munson e mi schiacciai contro la parete della casa in modo che non potesse vedermi. Provai a scuotere la bomboletta di spray urticante per assicurarmi che funzionasse e tesi l’orecchio per sentire Lula che bussava alla porta principale. La sentii dopo pochi minuti; poi ci fu il rumore ovattato di una conversazione e quindi quello di passi che si avvicinavano alla porta di servizio e toglievano il catenaccio. La porta si aprì e Morris Munson fece un passo fuori.
«Fermo» dissi, dando un calcio alla porta per chiuderla. «Rimani dove sei. Non muoverti o ti spruzzo con lo spray urticante.»
«Tu! Mi hai fregato!»
Tenevo la bomboletta di spray nella mano sinistra e le manette nella destra. «Voltati» dissi. «Tieni in alto le mani e appoggia i palmi contro la casa.»
«Ti odio!» strillò. «Sei proprio come la mia ex moglie. Una puttana prepotente, bugiarda e traditrice. Le assomigli anche: gli stessi capelli ricci da tossica.»
«Capelli da tossica? Prego?»
«Vivevo benissimo finché non è arrivata quella puttana a rovinare tutto. Avevo una grande casa e una bella macchina. Avevo anche l’impianto stereo.»
«E poi che cosa è successo?»
«Mi ha lasciato. Diceva che ero noioso. Il noioso vecchio Morris. Così un giorno ha preso ed è andata dall’avvocato, poi è venuta con un furgone fino alla veranda e mi ha ripulito: si è presa ogni stramaledetto mobile, tutte le dannate stoviglie e tutte quelle cazzo di posate.» Gesticolò in direzione della casa. «Questo è tutto quello che mi resta. Questa merda di casa e una Crown Victoria usata con rate da pagare ancora per due anni. Dopo quindici anni alla fabbrica di bottoni a consumarmi le dita fino all’osso, mangio cereali per cena in questa trappola per topi.»
«Cristo.»
«Aspetta un minuto» disse. «Lascia almeno che chiuda a chiave la porta. Questo posto non è un granché, ma è tutto quello che ho.»
«Va bene. Solo non fare movimenti bruschi.»
Lui mi voltò la schiena, chiuse a chiave la porta, si girò su se stesso e mi diede una spinta. «Ops» disse. «Scusa. Ho perso l’equilibrio.»
Io feci un passo indietro. «Che cos’hai in mano?»
«Un accendino. Non ne hai mai visto uno prima d’ora? Lo sai come funziona?» Lo accese e quello fece una fiammata.
«Gettalo via!»
Lui lo agitò avanti e indietro. «Guarda com’è grazioso. Osserva l’accendino. Lo sai che tipo di accendino è? Scommetto che non indovini.»
«Ti ho detto di buttarlo via.»
Lui lo tenne davanti al viso. «Brucerai. Non puoi fermarmi, adesso.»
«Che cosa dici? Cazzo!» Indossavo un paio di jeans con una T-shirt bianca infilata dentro e una camicia di flanella verde e nera sopra, come una giacca. Guardai giù e vidi che i lembi della camicia avevano preso fuoco.
«Brucia!» mi gridò. «Brucia all’inferno!»
Lasciai cadere le manette e lo spray urticante e aprii la camicia strappandola. Mi dimenai per toglierla, la gettai a terra e la calpestai per spegnere il fuoco. Quando ebbi finito mi guardai attorno e Munson era sparito. Provai ad aprire la porta di servizio. Chiusa a chiave. Udii il rumore di un motore che veniva avviato. Guardai il vialetto di accesso e vidi la Crown Victoria che andava via accelerando.
Raccolsi la camicia e me la rimisi addosso. La metà inferiore destra non c’era più.
Lula era appoggiata contro la macchina quando svoltai l’angolo.
«Dov’è Munson?» domandò.
«Andato.»
Lei guardò la mia camicia e alzò le sopracciglia. «Avrei giurato che quando siamo partite la tua camicia fosse tutta intera.»
«Non ho voglia di parlarne.»
«Sembra che sia stata messa sulla griglia. Prima la macchina, adesso la camicia: questa potrebbe diventare una settimana da record per te.»
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