Premetti il pulsante dell’ascensore. Le porte si aprirono e d’improvviso non capii più niente. Ranger stava appoggiato alla parete più interna con le braccia incrociate sul petto, gli occhi scuri e indagatori, gli angoli della bocca che accennavano un sorriso.
«Entra» disse.
Aveva abbandonato i suoi consueti abiti neri sgualciti o tute mimetiche alla GI Joe: indossava una giacca di pelle marrone, un maglione color crema, jeans sbiaditi e stivali da lavoro. I capelli, che teneva sempre tirati indietro in una coda di cavallo, erano tagliati corti. Aveva la barba di due giorni, che sembrava rendere ancora più bianchi i denti e ancora più scura la sua carnagione latino-americana. Un lupo in abiti borghesi.
«Cristo» dissi, sentendo in fondo allo stomaco un palpito di qualcosa che preferivo non ammettere. «Sembri diverso.»
«Proprio il tuo tipo di ragazzo.»
Già, infatti.
Si sporse in avanti, afferrò il bavero del mio giubbotto e mi tirò dentro all’ascensore. Premette il pulsante di chiusura delle porte e poi quello di stop.
«Dobbiamo parlare.»
Ranger aveva fatto parte dei Corpi Speciali dell’esercito, e ne conservava ancora la corporatura e il portamento. Stava in piedi vicino a me, costringendomi a inclinare la testa leggermente all’indietro per guardarlo negli occhi.
«Appena alzata dal letto?» domandò.
Abbassai lo sguardo. «Vuoi dire per via della camicia da notte?»
«La camicia da notte, i capelli… lo stupore.»
«Sei tu la ragione dello stupore.»
«Già» disse Ranger. «Mi accade spesso. Io stupisco le donne.»
«Che cosa è successo?»
«Ho incontrato Homer Ramos e qualcuno lo ha ucciso quando me ne sono andato.»
«E l’incendio?»
«Non sono stato io.»
«Sai chi ha ucciso Ramos?»
Ranger mi fissò per un istante. «Ho qualche idea.»
«La polizia pensa che sia stato tu. Ti hanno ripreso con la telecamera.»
«La polizia spera che sia stato io. È difficile credere che davvero pensino che sono stato io. Non ho la reputazione di uno stupido.»
«No, ma hai la reputazione di uno che… be’, uccide la gente.»
Ranger mi sorrise. «Pettegolezzi.» Vide le chiavi che tenevo in mano. «Stai andando da qualche parte?»
«La nonna è venuta a stare da me per un paio di giorni. Voleva il giornale, e pensavo di andare a comprarglielo al 7-Eleven.»
Il sorriso si allargò sul suo volto. «Tu non possiedi una macchina, bambina.»
Maledizione! «Me ne ero dimenticata.» Lo guardai stringendo gli occhi. «Come lo sai?»
«Non è nel parcheggio.»
Be’, certo.
«Che cosa ne è stato?» domandò.
«È andata nel paradiso delle auto.»
Lui premette il pulsante del terzo piano. Le porte si aprirono, Ranger diede un colpo al bloccaporte, fece un passo fuori e afferrò il giornale che giaceva sul pavimento davanti all’appartamento 3C.
«Quello è il giornale del signor Kline» dissi. Ranger mi porse il giornale e premette il pulsante del secondo piano. «Devi un favore al signor Kline.»
«Per quale motivo non ti sei presentato all’udienza in tribunale?»
«Non era il momento. Devo trovare qualcuno e non ci posso riuscire se sono agli arresti.»
«O se sei morto.»
«Già» disse Ranger «anche quello, certo. Non credo che un’apparizione pubblica programmata e preannunciata sarebbe nel mio interesse in questo preciso momento.»
«Sono stata avvicinata da due tizi del genere “molestatori”, ieri. Mitchell e Habib. Il loro piano è di seguirmi dappertutto finché non li porto da te.»
«Lavorano per Arturo Stolle.»
«Arturo Stolle il re dei tappeti? Che legame ha con tutto questo?»
«Non occorre che tu lo sappia.»
«Come dire che se tu me lo dicessi dopo dovresti uccidermi?»
«Se te lo dicessi qualcun altro potrebbe volerti morta.»
«Mitchell non sembra provare molta simpatia per Alexander Ramos.»
«Proprio per niente.» Ranger mi porse un cartoncino con scritto un indirizzo. «Vorrei che tu facessi per me un po’ di sorveglianza part-time. Hannibal Ramos è il figlio primogenito e la seconda autorità dell’impero dei Ramos. Risulta residente in California, ma trascorre sempre molto tempo qui nel New Jersey.»
«Adesso si trova qui?»
«C’è stato per tre settimane. Possiede una casetta in un complesso residenziale dalle parti della Route 29.»
«Non penserai che sia stato lui a uccidere il fratello, vero?»
«Non è in cima alla mia lista» disse Ranger. «Farò in modo che uno dei miei uomini ti procuri un’auto.»
Ranger aveva assoldato in modo del tutto informale un piccolo esercito di uomini che lo aiutassero nelle sue varie imprese. Perlopiù si trattava di ex militari e molti erano persino più folli di lui.
«No! Non è necessario.» Ho una grande sfortuna con le auto, il loro decesso si risolve spesso con l’intervento della polizia, e le auto di Ranger hanno origini ignote.
Fece un passo indietro per tornare dentro l’ascensore. «Non avvicinarti troppo a Ramos» disse. «Non è un bel tipo.» Le porte si chiusero e lui sparì.
Riemersi dal bagno fresca di doccia indossando la mia solita uniforme, jeans, stivali e T-shirt, pronta a cominciare la giornata. La nonna era seduta al tavolo della sala da pranzo intenta a leggere il giornale, e il Luna era di fronte a lei e mangiava panini dolci. «Ehi, piccola» disse «tua nonna mi ha preparato qualche panino dolce. Sei davvero, come dire, parecchio fortunata ad avere tua nonna che vive con te. È veramente una bomba, piccola.»
La nonna sorrise: «Non è un bel tipo?».
«Mi è dispiaciuto proprio molto per la faccenda di ieri» disse il Luna «così ti ho portato un’auto. È, come dire, un prestito. Ti ricordi che ti ho raccontato di questo mio amico, il “Commerciante”? Bene, era sconvolto quando gli ho raccontato dell’incendio, e ha detto che puoi usare tranquillamente una delle sue auto finché non ti fai un’altra quattro ruote.»
«È un’auto rubata, vero?»
«Ehi, piccola, per chi mi hai preso?»
«Ti ho preso per uno che sarebbe capace di rubare un’auto.»
«Be’, certo, ma non sempre. Questo è veramente un prestito.»
E io avevo veramente bisogno di un’auto. «Sarà solo per un paio di giorni» dissi. «Solo finché riscuoto i soldi dell’assicurazione.»
Il Luna si allontanò dal piatto vuoto e mi lasciò cadere in mano un mazzo di chiavi. «Lucidati gli occhi: è una macchina cosmica, piccola. L’ho scelta io stesso perché fosse compatibile con la tua aura.»
«Che genere di auto è?»
«È una Rollswagen. Una macchina del vento color argento.»
Mmm. «Bene, allora grazie. Posso darti un passaggio fino a casa?»
Lui si avviò lentamente verso il corridoio. «Mi farò una camminata. Ho bisogno di riflettere un po’.»
«Ho programmato tutta la giornata» disse la nonna. «Stamattina lezione di guida. Poi, nel pomeriggio, Melvina mi porterà un po’ in giro a vedere degli appartamenti.»
«Puoi permetterti un appartamento tuo?»
«Ho messo da parte un po’ di soldi quando ho venduto la casa. Li avevo risparmiati per andare in una di quelle case di riposo quando fossi stata vecchia, ma forse a quel punto sarà meglio che usi la pistola.»
Feci una smorfia.
«Be’, non è che abbia intenzione di riempirmi di piombo domani» disse la nonna. «Mi restano ancora un bel po’ di anni. E poi ci ho pensato bene: vedi, se tu metti la pistola in bocca quel che succede è che sfondi la nuca. In questo modo Stiva non deve lavorare molto per restituirti un bell’aspetto quando ti compone nella bara, visto che nessuno vede comunque il retro della testa. Bisogna solo stare attenti a non muovere troppo la pistola per non rovinare tutto e farsi saltare un orecchio.» Mise via il giornale. «Tornando a casa mi fermerò al supermercato e prenderò qualche costoletta di maiale per cena. Adesso devo andare a prepararmi per la lezione di guida.»
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