Vanno urlò: — Non potete provare nulla contro di me.
— Sagge parole.
Vanno, adesso, si era rialzato, ma la situazione aveva subìto un capovolgimento, ed era Casey a impugnare la rivoltella. — Dov’è Groot? — domandò.
— Andate all’inferno.
— Credete che lo troverò là?
— Può darsi.
— Voi dovreste saperlo.
Un campanello stava tintinnando nella testa di Casey, un campanello che diceva: “fila, fila a gambe. Phyllis aveva ragione. Groot è morto, e quello è uno stato che può diventare contagioso”. Comunque, Vanno non gli occorreva più, e qualunque cosa avesse sperato di appurare era diventata fin troppo chiara, non appena aveva riconosciuto quelle spalle. I vari pezzi s’incastravano l’uno nell’altro. Anche la signora Brunner ormai doveva lasciarsi convincere, e lei era l’unica persona che potesse mandare a carte quarantotto l’alibi di Gorden.
Per quanto grande fosse il suo desiderio di scappare, lui non era tipo da voltare le spalle a chicchessia. Sull’altro lato della stanza c’era un armadio-ripostiglio, con la chiave nella serratura, e, quando aveva una rivoltella in pugno, Casey si sentiva sempre in forma.
— Mi addolorerebbe che voi due vi lasciaste — disse, indicando lo sportello dello sgabuzzino con l’arma — e, a volte, questi piccoli litigi si risolvono restando a tu per tu.
Quando girò la chiave con un sospiro di sollievo i due, chiusi nell’armadio-ripostiglio, protestavano con grande energia di linguaggio, ma Casey trovava per la prima volta la stanza abbastanza grande per respirarci agevolmente.
Fuori, per fortuna, regnava una quasi totale oscurità, e, dopo essersi ripreso l’auto al parcheggio, si avviò in direzione nord-ovest alla massima velocità concessa dal traffico, perché voleva a tutti i costi mantenere l’impegno preso con la signora Brunner. Ora voleva mantenerlo a tutti i costi. Mentre procedeva verso la taverna di Big John fu preso dal panico. E se Vanno fosse riuscito a liberarsi? E se Gorden, avendo sentore di quanto stava accadendo, lo avesse allontanato dalla città? Via, era proprio sciocco: i fatti erano fatti, e, anche ammesso che ne avesse avuto il tempo, Gorden non avrebbe potuto cancellare ogni pista. Del resto, se la signora Brunner aveva taciuto, il tempo gli sarebbe mancato in modo assoluto.
Quando arrivò a destinazione, la taverna era illuminata a giorno, e proprio davanti all’ingresso, sotto il lampione, era parcheggiata una lucente macchina nera della polizia. Casey aveva già rallentato e procedeva a passo d’uomo quando l’avvistò. Fu pronto a innestare la seconda per fare il giro dell’isolato, ma quando ripassò, la macchina c’era ancora. Non gli garbava. La taverna non era uno di quei locali tenuti d’occhio dalla polizia. S’infilò nel vicolo e andò a fermarsi accanto all’autorimessa in mattoni gialli, pensando che se gli fosse riuscito di entrare alla chetichella dal retro e salire da Phyllis… Prima doveva però liberarsi di una cosa. Trasse di tasca la rivoltella di Vanno e dopo essersi guardato attorno la lanciò sul tetto piatto della rimessa. Un giorno o l’altro era possibile che un proiettile di quell’arma venisse rinvenuto in un cadavere ripescato dal fiume o dal lago, e lui non voleva correre rischi di essere coinvolto.
Attese finché il suo respiro divenne più regolare, poi aprì la porta sul retro e attraversò senza far rumore la cucina, avviandosi verso le scale.
Un uomo dall’impermeabile grigio sgualcito uscì da dietro il tavolo. — Salve — esclamò il tenente Johnson. — Avevo il presentimento che sareste capitato da queste parti.
Pareva tanto innocuo, con la fetta di prosciutto affumicato in una mano e un panino nell’altra, che Casey capì subito come i nodi stessero venendo al pettine. Non era forse un poliziotto? C’era da stare in guardia, trovandosi un poliziotto in cucina, tanto più se ci si chiamava Casimir Morokowski.
Unendo pane e prosciutto, Johnson osservò: — Comincia il freddo e dà appetito. Del resto, non ho ancora pranzato.
— State facendo gli straordinari? — domandò Casey.
Domanda sciocca. Johnson si limitò a guardarlo, e fu sufficiente.
— John mi dice che siete tornato dalla California venerdì.
— Venerdì? Non ricordo.
— Strano. — Il tenente s’interruppe per mordere il panino. — Avete una guida interna grigia, se non sbaglio? — aggiunse.
— Esistono anche in California.
— Però non hanno la targa dell’Illinois.
Adesso Casey capiva. Sabato sera Johnson non era venuto per caso in visita. Si era ricordato, eccome, dell’individuo scorto all’albergo prospiciente il lago. Come avesse trovato le sue piste era un mistero, ma non dubitava che gli sarebbe presto stato chiarito. Alla polizia, probabilmente, poiché la mossa successiva sarebbe stata quella. Attese, mentre Johnson andava a prendere la tazza di caffè lasciata sul tavolo, ma poi qualcosa nello sguardo di lui lo indusse a voltarsi. Mamma era ritta sulla soglia, con il vecchio scialle azzurro sulle spalle e le consunte pantofole di feltro ai piedi.
Disse: — Casimir…
Una sola parola che ne racchiudeva tante. “Sei tornato, sei qui, e un poliziotto ti aspetta, come avevo temuto. Sapevo che c’era qualche guaio.”
— Ciao, mamma — le rispose cercando di assumere un tono noncurante. — Che succede? La madre si mordicchiava il labbro inferiore, tenendo d’occhio il tenente, ma questo aveva il viso nascosto dalla tazza.
— Tua moglie…
Phyllis! Mio Dio! Per un pelo non esclamò ad alta voce quel nome. Attese che mamma finisse, non osando aprire bocca.
— … vuole vederti disopra.
Ormai toccava a Johnson dare ordini, e Casey esitò dopo avere mosso un passo verso le scale. — Andate pure — concesse il tenente — e ditele di scendere con voi. Vorrei conoscerla.
“Non ne dubito” pensava Casey, salendo le scale con quanta rapidità gli era permessa da mamma che lo precedeva con il suo passo strascicato. Se non fosse scesa, mettendosi a parlare di Phyllis, chissà, forse ce l’avrebbe fatta a recarsi alla polizia da solo. Adesso era troppo tardi, proprio mentre si delineava la soluzione.
Dopo aver aperto la porta della camera, mamma lo fece entrare e la richiuse, appoggiandovisi contro. Poi disse, con voce afona: — Mi avevi mentito. Avevi detto di non essere nei guai. Mentivi.
— Lascia perdere il predicozzo — sbottò Casey. — Dov’è mia moglie?
— È andata via.
La fissò per un attimo a bocca aperta, stentando a crederle. — Andata via? Dove? Quando?
Di fronte a quel fiotto di domande, mamma scrollò la testa. — Come posso saperlo? A me nessuno dice mai niente. Sono dovuta uscire, e al mio ritorno non c’era più. Se n’è andata nel primo pomeriggio, e ormai è quasi buio.
— Non ha detto niente?
— No.
— Non ha lasciato un biglietto?
Nessun biglietto. Nulla, come aveva detto mamma. Casey dimenticò l’uomo che aspettava in cucina, per un lungo momento dimenticò tutto: Gorden, Vanno, tutto quanto. La scomparsa di Phyllis era l’unica cosa importante al mondo. Non aveva detto nulla, era semplicemente andata via.
— Che cosa vuole quel poliziotto?
Mamma era sempre stata brava a tornare sul piano della realtà. — È qua da mezz’ora a chiedere di te. Sapevo che c’era qualche guaio; mio figlio se non è nei guai non torna a casa.
Il suo sguardo però non corrispondeva alle parole, e lei lo fissava in modo strano, imbarazzante. I suoi occhi non accusavano, come la sua voce, non erano proprio ironici, parevano quasi tradire la paura. A questo pensiero Casey si sentì serrare la gola.
Disse con voce strozzata: — Eppure hai detto che mia moglie voleva vedermi.
— Io volevo vederti, senza la presenza di quel poliziotto.
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