Harlan Coben - Non hai scelta

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Non hai scelta: краткое содержание, описание и аннотация

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Marc Seidman ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: chirurgo plastico di successo, vive con la bella moglie e la figlioletta Tara di pochi mesi in una bella casa nei sobborgi di New York. Ma quando riprende conoscenza in una camera d’ospedale dove è stato ricoverato in fin di vita, Marc scopre con orrore d’aver subito un’aggressione durante la quale la moglie è stata uccisa e sua figlia è scomparsa senza lasciare traccia. Come se non bastasse Marc si ritrova ad essere il primo sospetto…

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Si diresse alla porta, preceduto da Bruno. L’aria aveva un buon sapore. Uscì e se ne riempì i polmoni. Questo non fu sufficiente a cambiare il suo stato d’animo, ma in parte lo migliorò. Edgar e Bruno si avviarono lungo il solito itinerario, ma qualcosa indusse l’uomo a deviare a destra. Il piccolo cimitero di famiglia. Ci passava accanto ogni giorno, così spesso da non vederlo nemmeno, e non andava mai a soffermarsi davanti alle lapidi. Ma quel giorno se ne sentì all’improvviso attratto. Bruno, sorpreso da quel cambiamento, lo seguì controvoglia.

Edgar scavalcò la bassa staccionata. La gamba gli pulsava. La vecchiaia. Quelle passeggiate cominciavano a pesargli. Aveva iniziato ad adoperare con sempre maggiore frequenza un bastone da passeggio, ne aveva comprato uno che si diceva fosse appartenuto a Dashiell Hammett colpito dalla tubercolosi, ma per qualche motivo non se ne serviva per le passeggiate con Bruno. Gli sembrava, chissà perché, fuori luogo.

Bruno esitò per poi scavalcare a sua volta la staccionata. Cane e padrone si fermarono davanti alle due lapidi più recenti. Edgar cercò di non riflettere sulla vita e la morte, sulla ricchezza e il suo rapporto con la felicità. Sofismi del genere preferiva lasciarli agli altri. In quel momento si rese conto che probabilmente non era stato un buon padre. Aveva imparato comunque dal padre, che a sua volta aveva imparato dal suo. E alla fine a salvarlo era stata forse la sua freddezza. Aveva amato profondamente i suoi figli, aveva preso parte alla loro vita e non sapeva com’era riuscito a sopravvivere alla loro morte.

Il cane riprese a uggiolare. Edgar abbassò lo sguardo sul compagno, fissandolo negli occhi. «È ora di muoverci, amico mio» disse piano. La porta d’ingresso della villa si aprì. Edgar si voltò e vide il fratello Carson che si dirigeva a passo veloce verso di lui, e notò la sua espressione.

«Mio Dio» gridò quasi Carson.

«Immagino tu abbia visto il pacchetto.»

«Sì, naturalmente. Hai telefonato a Marc?»

«No.»

«Bene. È uno scherzo di cattivo gusto, non può essere altrimenti.»

Edgar rimase in silenzio.

«Non sei d’accordo?» gli chiese Carson.

«Non lo so.»

«Non penserai certo che sia ancora viva.»

Edgar diede un leggero strattone al guinzaglio. «Meglio attendere i risultati delle analisi. Solo allora lo sapremo con certezza.»

Mi piace lavorare di notte, mi è sempre piaciuto. Mi sono scelto un bel lavoro. Mi piace quello che faccio, non è mai routine, non è mai faticoso, non è qualcosa che mi serve per mangiare. Io scompaio, nel mio lavoro. Come un atleta con un sacco di problemi, dimentico tutto quando il gioco ha inizio. Mi sento come drogato. Vado al massimo.

Ma quella sera, tre giorni dopo l’incontro con Rachel, ero fuori servizio. Sedevo tutto solo nel mio covo e saltavo da un canale all’altro. Come la maggior parte dei maschi della mia specie adopero troppo il telecomando. Riesco a guardare diverse ore di nulla. L’anno scorso Lenny e Cheryl mi hanno regalato un lettore di DVD, spiegandomi che il mio videoregistratore stava per entrare nella categoria “giurassici”. Detti un’occhiata all’ora segnata sul display. Le nove e qualche minuto: avrei potuto vedere un film ed essere a letto per le undici.

Avevo appena tolto dalla custodia il film noleggiato poco prima e stavo per infilarlo nel lettore — non hanno ancora inventato un telecomando in grado di compiere questa operazione — quando udii abbaiare un cane. Due case dopo la mia era andata ad abitare una nuova famiglia con quattro o cinque bambini, o qualcosa del genere. Difficile dirlo con precisione quando sono tanti, uno se li confonde. Non mi ero ancora presentato, ma avevo visto nel loro giardino un levriero irlandese più o meno delle dimensioni di un Ford Explorer. Doveva essere stato lui ad abbaiare.

Spostai di lato la tendina. Guardai da dietro i vetri e per qualche motivo, qualcosa che non riesco a descrivere adeguatamente, non rimasi sorpreso da ciò che vidi.

La donna si trovava nel punto esatto in cui l’avevo vista diciotto mesi prima. Il lungo soprabito, i lunghi capelli, le mani in tasca: non era cambiato assolutamente nulla.

Temevo di perderla di vista, ma al tempo stesso non volevo che mi vedesse. Caddi in ginocchio e scivolai di lato alla finestra, come fanno i superdetective. Poi, con schiena e guancia premuti contro la parete, cercai di prendere una decisione.

Anzitutto, in quel momento non la vedevo: il che significava che poteva andarsene senza che me ne accorgessi. Così non andava, dovevo azzardare un’occhiata. Quella era la prima cosa da fare.

Voltai il capo e diedi una fugace occhiata. Era ancora lì, ma si era avvicinata di qualche passo alla mia porta di casa. Non riuscivo a capire che cosa potesse significare esattamente. Che dovevo fare? Aprire la porta e affrontare la sconosciuta? Mi sembrò una buona idea, se fosse fuggita avrei potuto inseguirla.

Rischiai un’altra sbirciata, limitandomi a girare il capo, e mi accorsi subito che la donna stava guardando proprio in direzione della mia finestra. Mi ritrassi di scarto. Maledizione. Mi aveva visto. Poco ma sicuro. Le mie mani corsero al bordo inferiore della finestra, pronte a sollevarla, ma la donna si stava già allontanando in fretta.

No, non potevo farmela sfuggire anche questa volta.

Indossavo dei pantaloni verdi da sala operatoria, ogni dottore di mia conoscenza ne tiene in casa qualche paio, ed ero a piedi nudi. Mi precipitai a spalancare la porta. La donna era quasi alla fine dell’isolato. Quando mi vide stagliarmi sulla soglia, interruppe il passo affrettato e si mise a correre.

Le andai dietro. Al diavolo i piedi nudi! Una parte di me si sentiva ridicola. Non sono veloce su due gambe, e probabilmente nemmeno su una gamba sola, e in quel momento stavo dando la caccia a una sconosciuta solo perché si era fermata davanti a casa mia. Non so che cosa sperassi di scoprire. La donna stava probabilmente facendo una passeggiata e io l’avevo spaventata. Magari avrebbe chiamato la polizia e mi immaginavo già la reazione degli agenti; come se non bastasse, avevo fatto fuori la mia famiglia riuscendo a farla franca. E ora correvo dietro alle sconosciute che mi passavano davanti a casa.

Non mi fermai.

La donna svoltò in Phelps Road. Aveva un notevole vantaggio. Agitai le braccia tentando di imporre alle gambe di tenere lo stesso ritmo. Sembrava che i ciottoli volessero infilarsi sotto i miei piedi e cercai di rimanere sull’erba. La donna era ormai fuori vista e io ero fuori forma. Avevo percorso al massimo cento metri e già sentivo un sibilo nel mio respiro ansante. Cominciava anche a colarmi il naso.

Arrivato in fondo alla strada girai a destra.

Ma non c’era nessuno.

La via era lunga e dritta oltre che ben illuminata. In altre parole, la donna avrebbe dovuto essere ancora visibile. Per qualche stupido motivo guardai anche alle mie spalle. Ma lei non c’era. Corsi nella direzione che aveva preso. Guardai in fondo a Morningside Drive, ma non ne vidi traccia.

Era scomparsa.

Ma come?

Non poteva aver corso tanto in fretta, nemmeno Carl Lewis era così veloce. Mi fermai, appoggiando le mani sulle ginocchia e divorando quell’ossigeno del quale avevo tanto bisogno. Dovevo pensare. Magari abitava in una di queste case? Forse. E allora? Significava che quando l’avevo vista stava facendo una passeggiata nella sua zona. Aveva notato qualcosa che le era sembrato curioso e si era fermata a dare un’occhiata.

Come aveva fatto diciotto mesi prima?

Be’, anzitutto non sappiamo se si trattava della stessa donna.

Ma è plausibile che due donne si siano fermate, immobili come statue, davanti a casa tua?

Era possibile. O forse era la stessa donna. Magari le piaceva guardare le case. Forse lavorava nel ramo immobiliare, o qualcosa di simile.

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