Harlan Coben - Non hai scelta

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Marc Seidman ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: chirurgo plastico di successo, vive con la bella moglie e la figlioletta Tara di pochi mesi in una bella casa nei sobborgi di New York. Ma quando riprende conoscenza in una camera d’ospedale dove è stato ricoverato in fin di vita, Marc scopre con orrore d’aver subito un’aggressione durante la quale la moglie è stata uccisa e sua figlia è scomparsa senza lasciare traccia. Come se non bastasse Marc si ritrova ad essere il primo sospetto…

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A intervento concluso crollammo insieme su una panca. Zia si slegò la mascherina chirurgica, lasciandola cadere sul petto.

«Un’operazione facile» disse.

«Amen» confermai. «Com’è andato il tuo appuntamento galante, ieri sera?»

«Uno schifo, letteralmente.»

«Mi dispiace.»

«Gli uomini sono proprio dei pezzi di merda.»

«Come se io non lo sapessi.»

«Sono disperata. Sto pensando di venire ancora a letto con te.»

«Accidenti! Ma sei un’amorale, donna».

Aveva un sorriso abbagliante, con quei denti bianchissimi che spiccavano contro la pelle molto nera. Era alta circa un metro e ottanta, Zia, e aveva muscoli come seta e zigomi così alti e sporgenti che davano l’impressione che le potessero perforare la pelle. «Quand’è che comincerai a frequentare qualche donna?» mi chiese.

«Lo faccio già.»

«Abbastanza a lungo da avere un rapporto sessuale, voglio dire.»

«Non tutte le donne sono facili come te, Zia.»

«È triste.» E mi diede un affettuoso pizzicotto su un braccio.

Eravamo stati insieme una volta, io e Zia, e sapevamo entrambi che non sarebbe successo mai più. Era in questo modo che ci eravamo conosciuti, durante il primo anno di Medicina. Proprio così, era stato questione di una notte. Ne ho avuti a sufficienza, di affari di una notte, ma soltanto due mi sono rimasti nella memoria. La prima ha portato al disastro, la seconda, quella con Zia, è all’origine di un rapporto che ricorderò sempre con immenso piacere.

Erano le otto di sera quando ci togliemmo la divisa da sala operatoria. Prendemmo l’auto di Zia, una macchinetta chiamata BMW Mini, e ci fermammo davanti allo Stop Shop di Northwood Avenue a comprare qualcosa da mangiare. Mentre spingevamo i carrelli tra un banco e l’altro Zia parlava senza un attimo di pausa. Mi piaceva quando parlava, mi infondeva energia. Al banco della rosticceria prese il numerino, poi guardò il cartello delle offerte speciali e si rabbuiò.

«Che c’è?» le chiesi.

«C’è in offerta il prosciutto Testa di Cinghiale.»

«E allora?»

«Testa di Cinghiale» ripeté. «Mi piacerebbe conoscere il genio del marketing che si è inventato quel nome. Mi immagino la scena: “Ehi, ho un’idea. Diamo al nostro miglior prosciutto il nome dell’animale più disgustoso che si possa immaginare. No, meglio ancora: la testa di questo animale”.»

«Tu lo mangi sempre» le feci notare.

Ci pensò su. «Forse hai ragione.»

Andammo alla cassa. Zia posò i suoi acquisti sul tapis roulant, poi io feci altrettanto mettendo la barretta di legno tra i nostri acquisti. Una robusta cassiera cominciò a far passare i suoi articoli sul lettore di codice a barre.

«Hai fame?» mi chiese Zia.

«Mangerei volentieri un paio di fette di carne da Garbo’s.»

«Andiamoci.» Zia guardò oltre le mie spalle e poi si bloccò, socchiudendo le palpebre, mentre una strana espressione le si dipingeva sul viso. «Marc?»

«Sì?»

Fece un gesto con la mano davanti al viso, come per scacciare qualcosa. «No, non è possibile.»

«Che cosa?»

Rimase immobile, spostando solo il mento per indicarmi qualcosa. Mi voltai lentamente e, quando vidi ciò che stava guardando, provai un tuffo al cuore.

«L’ho vista soltanto in fotografia» stava dicendo Zia «ma quella non è?…»

Riuscii ad annuire.

Era Rachel.

Fu come se il mondo mi si chiudesse attorno. Ma non dovevo reagire così, lo sapevo. Avevamo rotto da anni e ora, dopo tanto tempo, avrei dovuto sorridere. Avrei dovuto provare una leggera malinconia, una fugace nostalgia al ricordo di un tempo che mi aveva visto giovane e ingenuo. E invece no, non erano queste le sensazioni che provavo. Rachel era a dieci metri di distanza e io venivo sommerso da altre sensazioni, da un desiderio ancora intensissimo, da una brama che mi dilaniava, che era riuscita a resuscitare sia l’amore sia le pene di un cuore in pezzi.

«Stai bene?» mi chiese Zia.

Feci nuovamente segno di sì con il capo.

Siete per caso di quelli convinti che ciascuno di noi abbia una sola anima gemella, un solo e unico amore deciso dal destino? Il mio, di solo e unico amore, se ne stava a tre casse di distanza sotto un cartello in cui si leggeva: CASSA VELOCE — NON PIÙ DI 15 ARTICOLI.

«Pensavo che si fosse sposata» disse ancora Zia.

«È vero, si è sposata.»

«Niente fede al dito.» E Zia mi diede un pizzico su un braccio. «Terribilmente eccitante, non trovi?»

«Certo. Siamo a Euforia City.»

Fece schioccare le dita. «Lo sai che cosa mi è venuto in mente? Quel vecchio ignobile trentatré giri che ogni tanto ascoltavi, quello con la canzone del tipo che incontra il vecchio amore in drogheria. Come si chiama?»

La prima volta che avevo visto Rachel, quando cioè ero un ragazzetto di diciannove anni, l’impatto era stato abbastanza morbido. Non ero rimasto stregato, non so nemmeno se l’avevo trovata particolarmente attraente. Ma, come non avrei tardato a scoprire, la donna che mi piace è quella la cui immagine mi cresce addosso. All’inizio pensi: “D’accordo, è abbastanza carina” e qualche giorno dopo qualcosa che lei dice o il suo modo di piegare il capo mentre parla cambia tutto: e all’improvviso hai l’impressione di essere stato travolto da un autobus.

In quel momento mi sentivo esattamente così. Rachel era cambiata, ma non molto. Gli anni avevano forse indurito quella sua sfuggente bellezza, rendendola allo stesso tempo più fragile e squadrata. Era dimagrita, Rachel. Portava i capelli neri con i riflessi blu legati a coda di cavallo. A molti uomini piacciono i capelli sciolti sulle spalle, io li ho sempre preferiti tirati all’indietro perché mettono in risalto il viso e, nel caso di Rachel, gli zigomi e il collo. Indossava dei jeans e una camicetta grigia. Teneva gli occhi color nocciola bassi, con la testa china e l’espressione assorta che conoscevo così bene.

« Same Old Lang Syne » disse Zia.

«Che cosa?»

«La canzone di cui ti parlavo, quella degli innamorati che si rivedono in drogheria dopo tanto tempo. La cantava un certo Dan Vattelappesca. È proprio questo il titolo, Same Old Lang Syne. Mi sembra, almeno.»

Rachel prese dal portafogli un biglietto da venti e lo porse alla cassiera: così facendo sollevò lo sguardo, e mi vide.

Non so spiegare esattamente che cosa le attraversò il viso. Non sembrò sorpresa. I nostri occhi s’incontrarono, ma nei suoi non lessi gioia. Paura, forse. O forse ancora rassegnazione. Non lo so. E non so nemmeno quanto tempo rimanemmo a fissarci.

«Forse io dovrei allontanarmi» sussurrò Zia.

«Eh?»

«Se penserà che ti sei messo con uno schianto di ragazza come me concluderà che non ha speranze con te.»

Credo di avere sorriso.

«Marc?»

«Sì?»

«Fai un po’ paura, immobile con la bocca spalancata come se ti fossi preso una bastonata sulla testa.»

«Grazie.»

Sentii la sua mano premermi sulla schiena per spingermi. «Valla a salutare.»

I miei piedi si mossero, anche se non ricordo che il cervello avesse trasmesso loro quel comando. Rachel, mentre la cassiera le infilava la spesa in un sacchetto, mosse un passo verso di me e cercò di sorridere. Era sempre stato un sorriso spettacolare, il suo, quel tipo di sorriso che ti fa venire in mente le poesie e le piogge primaverili, qualcosa di abbagliante capace di cambiarti una giornata. Ma non era più quello di una volta, il sorriso di Rachel, mi sembrò più tirato, sofferente. E mi chiesi se lei stesse cercando di trattenersi oppure se non fosse più capace di sorridere come allora, se cioè qualcosa avesse ridotto per sempre la sua carica di energia.

Ci fermammo a un metro di distanza l’uno dall’altra, non sapendo se in circostanze del genere il protocollo preveda un abbraccio, un bacio o una stretta di mano. Nell’incertezza rimanemmo entrambi immobili, ma io provavo un gran dolore dappertutto.

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